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Mi chiamo Bobo e vivo sotto i ponti

Creato il 20 gennaio 2014 da Cultura Salentina

Mi chiamo Bobo e vivo sotto i ponti

20 gennaio 2014 di Pierluigi Camboa

di Pierluigi Camboa

Cane da Ornans, olio su tela di Gustave Courbet

Gustave Courbet : Cane da Ornans (olio su tela)

Mi chiamo Bobo e vivo sotto i ponti alla giornata, come un clochard, lungo le coste alte del Basso Salento, tra le antichissime gole di Badisco e del maestoso – e spaventoso – Ciolo. Chiamatemi pure morto di fame e adesso, peraltro, non potrei che darvi ragione, ma in realtà le mie origini sono prestigiose: mio padre era un austero e compassato londinese e mia madre una splendida irlandese, dal rosso crine e dai modi dolci ed affabili, ammirata e riverita da tutti. Personalmente, credo di aver preso molto da lei, come carattere intendo, sebbene per il mio aspetto io sia la fotocopia di mio padre.

Tanto tempo fa, la mia dimora era un maestoso e misterioso castello immerso nel verde silenzioso delle “highlands” scozzesi, tutto pieno di pregiatissime tende di seta tibetana e di ricami ricercati, con un enorme salone centrale, nel quale campeggiavano i solenni – e un po’ spocchiosi – ritratti degli antenati dei nostri mecenati, i signori Ferguson, maestri liutai da sette generazioni. Un imponente tavolo di palissandro era sempre imbandito con tovaglia e tovaglioli in lino ricamato di gran pregio, argenteria di altissimo valore e persino i bicchieri ed i boccali dell’acqua e del vino erano tutti di preziosissimo cristallo di Boemia.

Grandiose feste da ballo con centinaia di invitati e luculliane cene con tanti prestigiosi ospiti mi videro per anni attore e testimone; poi, un bel giorno, i Ferguson decisero di fare un viaggio, un lungo viaggio nel Salento e mi portarono dietro, senza anticiparmi nulla. Durante il viaggio appresi che avevano deciso di acquistare una masseria dalle parti di Andrano per passarvi il resto dei loro giorni, convinti in tal senso da una coppia di amici che avendo già preso da un paio d’anni analoga decisione, manifestava grande entusiasmo per quella nuova – e più a misura d’uomo – scelta di vita. Dopo una breve e facile trattativa, la masseria passò di proprietà dei Ferguson, che si attivarono subito per renderla più confacente alle loro esigenze, pur cercando di lasciare inalterata tutta quella sua magica e poetica “salentinità”. Passammo due anni davvero favolosi, ma poi, verso la fine del millennio, la crisi, le tasse sulla casa, gli scandali quotidiani e il malaffare cronico della politica italiana indussero i Ferguson a vendere tutto e a ritornarsene in patria.

Innamorato perso del Salento, decisi di non seguirli e di restare, ma senza mezzi e senza aiuti, mi ritrovai a vivere alla giornata, sotto i ponti, in scomode dimore di cartone che cercavo di rendere più accoglienti con brandelli e stracci di lana unta e bisunta raccolti qua e là. Ma, in fondo, non sono mai stato un tipo di grandi pretese io e, perciò, mi basta quel poco che ho e mi accontento. A volte, al risveglio, mi ritrovo accanto un’auto giunta non si sa da dove, nel cui interno un uomo ed una donna, nudi, fanno l’amore, con i vetri tutti appannati dall’interno. Ma non posso certo lamentarmi, proprio io, che tante volte ho fatto l’amore all’aperto, sotto il sole o le stelle, nel bel mezzo della strada, senza provar vergogna, perché noi siamo pacifisti nati e il nostro motto è: “Facciamo l’amore e non la guerra!”… Accade pure spesso di vedere due tizi litigare come pazzi furiosi sotto il ponte e di sentire uno gridare all’altro: “Figlio d’un cane, resti un gran bastardo!”… E non capire, in fondo, dove sia l’offesa.

Me la prendo moltissimo, invece, e gli ringhio contro rabbioso tutto il mio disprezzo, quando qualcuno mi si rivolge contro e dice: “Cane bastardo, figlio d’un cane!”… Ma come si permette, quel figlio d’un indecente essere umano?… Sapete, è una questione di principio, ragazzi! Mica governiamo col “porcellum”, noi cani!… Mi chiamo Bobo e vivo sotto i ponti, alla giornata.


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