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Mi rileggo: Di paletti e nuvole

Da La Dona

2013-07-30 11.52.06

[on air: Massive Attack-Aftersun]

Non sopporto i paletti l’ho scoperto da poco ma un tempo la mia vita era piena di paletti, ne innalzavo ovunque. Paletti erano intorno ai rapporti umani, ai miei gusti, ai miei pensieri, alle mie paure e ai ricordi. È che li innalzavo senza curarmi di lasciare un varco attraverso cui passare; li innalzavo restandoci fuori privandomi della possibilità di avere accesso all’unica proprietà privata in cui credo, la mia anima e vietando a me stessa di essere davvero me stessa. Issavo paletti con fatica e restavo passivamente a guardare la mia anima gridare tutto il suo dolore, chiedere con forza di liberarsi sebbene avesse terrore di quel che avrebbe trovato. Si affacciava, annusava l’aria come un animale e poi tornava a nascondersi spaventata. Dai paletti si sentiva tenuta prigioniera ma protetta. Ho sempre amato le case senza alcuna recinzione, gli spazi aperti, le stanze grandi, l’immensità del cielo. Adoro guardare il cielo, le nuvole che formano figure in perenne trasformazione, gli uccelli volare, gli aerei. Chissà quanti pensieri transitano per il cielo su quegli aerei…Forse le scie che gli aerei lasciano sono proprio i pensieri dei passeggeri e tanto più questi sono importanti quanto più persistono nei cieli. Sogno spesso di volare, ma non seduta sul sedile di un aereo.. Sogno di camminare sollevandomi da terra fino a percorrere grandi distanze senza posarmi al suolo, leggera e senza paura. E’ così realistico che quando mi sveglio spesso penso di averlo fatto davvero. Grandi passi iniziali per poi sollevarmi e raggiungere la mia destinazione senza più nessuna difficoltà, finalmente libera. Ma se potessi volare sarei in grado di lasciare i miei pensieri per sempre lassù? Sarei in grado di lasciarli andare sapendo che facendolo non avrei più alcun alibi da togliere dal cilindro magico? E poi lasciandoli andare incontrerebbero le nuvole e queste non mi restituirebbero più conigli bianchi o trenini ma terribili ed informi nuvole nere. Una nuvola nera a forma di casa. Ho sempre vissuto la casa come una bara dentro cui aspettare la morte. Quanta protezione può dare la casa? Non sempre le persone che in essa vivono possono dare protezione. Migliaia di parole affastellate nella mente mi implorano di farle uscire e io non so metterle in fila indiana. Casa come protezione o casa come luogo in cui morire dentro, per sempre? Una figura adulta di riferimento, alcolista, violenta, abusante. Una bambina guarda la sua vita alzando paletti restandoci fuori per non ascoltarsi. Una donna li divelle e vede se stessa fondersi con quella bambina e per molto una nebbia le impedisce di distinguerle nitidamente. Una donna che fatica a mettere ordine. Vorrei vivere in un bosco, lì ci sono alberi che hanno le loro radici ben salde nel terreno. Le loro fronde ricordano grandi mani che possono accarezzarti, proteggerti, prenderti e portarti in alto vicino al cielo. Se ti portano in alto puoi scorgere il cielo e a me il cielo piace, puoi vedere la luce del sole, le nuvole, le tempeste, l’arcobaleno. Corrono rapide le nuvole e non puoi scorgerne una uguale a un’altra proprio come guardare le immagini all’interno di un caleidoscopio. Mi costruiva caleidoscopi con i frammenti di vetrate colorate. Mi piaceva guardare le figure che cambiavano, mi emozionava e speravo di poter incontrare qualcosa di già visto ma gli impercettibili movimenti delle mani muovevano il magico cilindro e non accadeva mai. Nessuna immagine vista si ripresentava ai miei occhi. Le figure cambiavano in continuazione, bastava quell’impercettibile movimento della mano:” Guarda…” ma era già cambiata. Non dava alcuna certezza il caleidoscopio, non potevo condividere la gioia di una visione, conservavo gelosamente nei miei occhi il ricordo di quelle geometrie colorate e poliedriche. Sapevo mantenere variopinti segreti e grazie alle lignee recinzioni anche dolorosi segreti, mi distaccavo da essi e restavo a guardarli come se facessero parte della vita di altri. Ora non esistono vincoli ma di quanto dolore si sono cibati durante il loro innalzamento e la loro rimozione? Quella bambina è libera ora, se n’è andata anche se la scorgo ogni tanto dietro un angolo che spia i miei movimenti,non le parlo e lei se ne va triste. Ho distrutto quei paletti e ora non so se riuscirei a sopportarne più di nuovi, di costruiti da altri, non vorrei che qualcuno me ne innalzasse intorno. La “me stessa” che guardava con paura la sua anima ora finalmente conosce le due dimensioni e non vorrebbe che vi fosse più alcuna divisione. La “me stessa” liberata e liberatrice vorrebbe potersi muovere senza che esistesse più un dentro e un fuori. La “me stessa” liberata e liberatrice sa però che non sarà davvero libera per sempre. Solo la morte potrà concedere quel tipo di libertà, La “me stessa” liberata e liberatrice costruirà altri muri, forse, ma avendo cura di lasciare uno spiraglio attraverso cui far passare la sua anima.



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