Allora, fammi capire. C’è una base segreta di questa organizzazione nascosta in una città americana. Esatto. Poi, i protagonisti sono due. Uno burbero e serioso e l’altro inesperto. Perfetto, vedo che stai capendo. Poi mi dici che questi due danno la caccia ai mostri. Che dovrebbero essere mostri tipo zombie ma per ottenere un visto censura a prova di ragazzino demente, siamo costretti ad un livello “Scooby Doo” della scala di mostruosità. Eh, purtroppo. Insomma, questi due arrestano i mostri e li portano nella loro base per imprigionarli. Sì, così. E questi, chiamiamoli, agenti usano armi pseudo-futuristiche, no? Più o meno, dai. E i due devono evitare che i mostri conquistino il mondo, sterminando la razza umana.
Figo no? Certo, figo, e il titolo è…? R.I.P.D.! Ma l’avevi capito, vero? Certo, ovvio che l’avevo capito. Come confonderlo con un film identico di quindici anni fa tratto a sua volta da fumetto, praticamente omonimo, di ventitré anni fa?
La risposta esatta è: confondere i due film è impossibile. Men In Black è carino, questo fa cagare. Ma, per capire meglio la mia precedente affermazione, cerchiamo di scendere nei dettagli.
La trama. Nick (Ryan Reynolds) e Bobby (Kevin Bacon) sono nella polizia di Boston quando, dopo una retata, requisiscono e si intascano illegalmente dell’oro. Il primo per garantirsi un futuro migliore con la sua ragazza, il secondo perchè sembra solo uno stronzo corrotto. Ma Nick si pente immediatamente della cosa e decide di restituire l’oro al dipartimento di polizia, se non fosse che, prima che possa provarci, Bobby lo uccide. Nick viene mandato nell’aldilà dove, per scontare la pena di corruzione, viene mandato nel Rest In Peace Department, dipartimento speciale di polizia dell’altro mondo nel quale si ha come obiettivo il ritrovamento dei morti fuggiti dall’oltretomba e nascosti sulla Terra. Nick, facendo coppia con il burbero Roy (Jeff Bridges), scopre che Bobby è lui stesso un morto vivente in fuga e che con l’oro rubato nella retata vuole in verità mettere in moto un processo apocalittico, portando tutti i morti nel mondo dei vivi. Ta-ta-ta-taaaaan.
Jeff Bridges (a sinistra) e Ryan Reynolds (a destra).
Gli aspetti postivi. Ecco, partiamo da questi che sono pochi e così ce la sbrighiamo in fretta.
Jeff Bridges. Già dai primi trailer sembrava una delle poche cose degne di nota. L’attore “gigioneggia” per 90 minuti con un fortissimo accento texano (credo), interpretando Roy, uno sceriffo morto in pieno Far West, con una buona personalità, nonostante si abbia l’impressione che non riesca mai a sfondare, non facendo esplodere il suo personaggio per portarlo ad un livello, non dico memorabile, ma almeno decente. Tutto questo probabilmente dovuto ad una sceneggiatura imbarazzante. La cosa ridicola è che, leggendo su Wikipedia, Jeff Bridges era una seconda scelta. La prima? Lui. Non aggiungo altro.
La regia. Zoom improvvisi, cambi di inquadratura frenetici, rallenty piacevolmente ignoranti, qualche (breve) sequenza carina e una buona gestione dell’atmosfera “fumettosa” della pellicola: Robert Schwentke si presenta al pubblico con una buona regia, mostrando di avere un po’ di confidenza con il genere action-comics, grazie alla valida prova fornita con il simpatico RED. L’unico neo sono questi continui riflessi bluastri alla JJ Abrams/Zack Snyder che, ripeto, hanno rotto le palle.
Gli aspetti negativi. E qui ci dilunghiamo un po’.
Ryan Reynolds. Oddio, Ryan Reynolds. L’unico modo per liberarci di lui era di lasciarlo dentro alla cassa da morto quando ha recitato in Buried. Interpretazione piatta ed espressivamente nullo: si capisce quando scherza o quando si arrabbia solo perchè cambia un pochino il tono della voce. Inoltre, le pochissime battute decenti scritte da quei geniacci degli sceneggiatori diventano delle normalissime linee di dialogo incapaci di provocare una qualsiasi reazione vicina ad una risata. Occhietti socchiusi, simpatia pari a zero e livello di empatia con il protagonista ad altrettanto livello nullo. Un parchimetro sarebbe stato un miglior partner per mister Bridges.
Tipo così ma per 90 minuti.
La sceneggiatura. La storia è imbarazzante. Che nel 2013 ci siano ancora dei film capaci di proporre simili trame e sceneggiature al pubblico, è imbarazzante. Che poi questi film sono pure i cosiddetti blockbuster, come questo che pare essere costato 130 milioni di dollari, è ancora peggio. La trama è veramente banale, priva di qualsiasi spunto originale e curioso (no, sceneggiatori, che l’aspetto mostruoso dei morti venga allo scoperto quando entrano in contatto con una qualche spezia, mi sembra, messicana non è divertente), senza nemmeno cinque battute che provochino un sorriso su quel povero spettatore che deciderà di spendere i suoi soldi per andare a vedere questa bieca operazione commerciale, sfruttando l’onda dei cine-comics. Non è che tutti i fumetti devono per forza essere adattati in qualche modo per il cinema. Soprattutto non capisco un adattamento del genere di una graphic novel non di grande successo e che possiede veramente poche idee originali rispetto alla già esistente saga (?) di Men in Black. Insomma, un grosso episodio alla Power Rangers con una storiella misera, prevedibile sin dai titoli di testa e annacquata all’inverosimile per arrivare alla durata di 90 minuti. Inesistente. Kevin Bacon. Vi prego, riportatelo a Bomont a ballare. Ingaggiato perchè serviva un nome a basso costo per interpretare il mostro cattivo che non mostra il suo aspetto mostruoso fino agli ultimi cinque minuti, riducendo la sua prova pari a quella di un cattivo di un episodio di Scooby Doo, ma al contrario. Non ha carisma, non ha niente. Ha solo un nuovo grosso assegno da incassare. Gli effetti speciali. Brutti, ma proprio brutti. Una computer grafica mal curata, grossolana e apparentemente datata. Nemmeno quello. Oh, facesse tutto schifo ma ci fossero dei mostri creati in maniera decente. Ma no, trama banale, effetti digitali anonimi, attori per la maggior parte sbagliati. Vediamo di concludere: il filmetto è godibile. Dico davvero. Spegnete il cervello, guardate qualche inseguimento, qualche buon rallenty, qualche scena d’azione non male e, quando inquadrano Reynolds, immaginate un altro attore tipo Will Smith. Si passa un’ora e mezza senza pensieri ma, parlando onestamente, è un prodotto commerciale vuoto e assolutamente insufficiente senza nessuno scopo nel cinema di oggi. Ma, credo, anche nel cinema di domani. E di dopodomani. E di dopodomani ancora. E di…