Ma visto che non stiamo facendo passi avanti solo in cantiere (sono cominciati i lavori! Sono cominciati i lavori! E’ arrivata la prima fattura! E’ arrivata la prima fattura che ha 5 cifre!): anni di commedie romantiche mi hanno insegnato che “per organizzare un matrimonio bisogna cominciare un anno prima” (dovreste sentire mia madre con quale somma saccenza scandisce questa frase, come se il matrimonio avesse una data di scadenza), sabato 24 ottobre ho indossato per la prima volta un abito da sposa. Bhè, per essere una che lavora nella moda dovrei essere abituata no?
No.
Sono stata in un atelier abbastanza famoso a Milano, Antonella del Brusco, che ha organizzato una due giorni dedicata alla nuova collezione di Jenny Packham. Jenny Packham chi? Quella che veste sempre quella gran culo di Kate Middleton agli eventi. Avevo preso appuntamento insieme ad una mia amica che dovrebbe sposarsi anche lei il prossimo anno (dico dovrebbe perché non ha ancora fissato la data) ma quando sono entrata lei stava parcheggiando quindi l’impatto, quello SBAM di tulle avorio, cristalli, chiffon e seta mi ha rimbambita togliendomi l’uso della parola e mi ha impedito di affrontare l’appuntamento con la giusta razionalità.
Non ero io. Ero Lucia a 7
anni dentro la casa di Barbie Luce di Stelle.
Imbambolata nel mezzo
della sala, tra due file di abiti appesi, in mezzo a vetrinette di tiare e
velette.
La venditrice mi ha
raccolto prima che andassi in sbattimento (“oddio, ma sta succedendo veramente?”)
e mi ha fatto sedere per compilare “la scheda”.
Dopo aver comunicato data
e location, la venditrice ha scelto in maniera veloce 5/6 abiti da farmi
provare, ovviamente uno più bello dell’altro.
Nel frattempo la mia
amica era arrivata ma, cosa che trovo assurda, non è potuta rimanere con me nel
camerino (una stanza grande quanto una camera da letto), perché non dovevo essere influenzata.
Nemmeno stessi votando
per l’elezione del Presidente della Repubblica.
Il primo abito che ho
provato è un abito che ha indossato Kate Middleton e che speravo mi cadesse come a lei.
AHAHAHAHAH!
NO.
Ma la cosa più strana e
di cui non mi ero mai accorta nelle 2.683 puntante di Say Yes to The Dress che ho visto, è che quando provi un abito da
sposa non sei mai sola.
Non dico al momento in
cui lo indossi (è necessario qualcuno che ti aiuti), ma subito dopo, quando ti
stai guardando allo specchio e ti rendi conto che STA SUCCEDENDO.
Quando mi provo un paio
di pantaloni di Zara ho bisogno dei miei 10 minuti per guardarmi da davanti, da
dietro, ho bisogno di fare la sfilata in punta di calzini fino allo specchio
esterno, ho bisogno di fare le foto e mandarle a qualcuno, ho bisogno di farmi
le foto e non mandarle a nessuno, oppure farmi una foto con la luce giusta e postarla.
Invece con un abito da
sposa no, ti costa le migliaia di euro eppure non è consentito nemmeno
concedersi 5 minuti con l’abito addosso per sentirti donna mentre ti guardi
meravigliata come una bimba.
Mi sono ritrovata lì,
mezza nuda e con la testa in un cappuccio di tulle, davanti ad una signora e la
sua assistente che mi infilavano e sfilavano gli abiti, raccomandandomi anche
di non muovermi e non camminare perché le scarpe che mi avevano dato avevano le
pietre davanti e avrebbero rovinato gli orli.
Quindi ho provato degli
abiti che avevano dello strascico ma senza nemmeno la possibilità di fare 5
passi, talvolta nemmeno 3 e verso lo specchio.
Mentre la mia amica
continuava a fare su e giù dai divanetti dell’ingresso, io mi stavo sbirciando
per la prima volta con un abito da sposa addosso.
Forse, il fatto che il
primo non mi cadesse bene mi ha riportato un po’ sulla terra.
A parte la velocità con
cui mi è sembrato sia stato gestito l’appuntamento, non ho nulla da dire sul
servizio dell’atelier che, per altro, mi ha pure concesso queste foto che la
loro fotografa stava scattando per pubblicizzare successivamente l’evento. Era
una giornata speciale e dedicata completamente a Jenny Packham quindi forse in
un sabato normale le cose sarebbero andate con più calma. Oppure forse, essendo per me la
prima volta, mi è sembrato tutto un grandissimo ciclone durato un’ora, dal
quale sono uscita ubriaca!
Quindi, sono lì, davanti
allo specchio e finalmente trovo un abito che effettivamente mi piace e che
trovo pure adatto al genere di matrimonio che ho in mente.
Sono una principessa? Una
principessa bucolica?
Oppure sto andando a ritirare un
Oscar? Sto andando al Met Gala?
Tra i 6 che ho provato ce
ne sono stati un paio che mi sono piaciuti parecchio ma ancora non mi sento pronta
ad una scelta. Inoltre si indossano taglie di campionario: lo stesso abito ho
indossato io (che sono alta 1.77 e piatta come una trave) l’ha provato anche la
mia amica (che è alta…. Non lo so, forse 1.65 e ha le bocce). Come si può
scegliere un abito (per farlo servono 4 mesi) senza nemmeno essere certi di
come ti cadrà? Dio mio MA PERCHE’ DEV’ESSERE COSI’ DIFFICILE?
E adesso, dopo una
settimana di metabolizzazione delle foto, mi rendo conto che sono confusa.
Non sono confusa sulla
scelta delle piastrelle (ho detto che voglio il greeeeeeeees), sono confusa
sull’abito.
Ho sempre detto di volere
un abito da sera più che un abito da sposa ma se poi ne provo uno senza nemmeno
un po’ di pietre o di ricami, mi pare l’abito di Mango bianco che metto d’estate.
Ho sempre detto di
volerlo scivolato ma la maggior parte degli abiti in commercio sono tutti
modello principessa (con la gonna vaporosa) o a sirena (che sui miei fianchi
non stanno).
Ho deciso di volerlo con
la schiena aperta e le maniche lunghe ma se mi sposo a luglio… chi me lo fa fare?
Insomma sono in sbatty.
Nel frattempo la mia
testimone arriva a fine novembre e io sto già fissando gli appuntamenti per l’unico
sabato che avremo a disposizione e a ottobre hanno già tutti i sabati prenotati
fino a dicembre!
MA VI SPOSATE TUTTE IL
PROSSIMO ANNO?
Pronovias, Luisa
Beccaria, Le spose di Milano, Alessandra Rinaudo (se non ci vado mia madre mi
scortica): ho 4 appuntamenti in una settimana.
E poi voglio azzardare
Valentino e Alberta Ferretti: saranno umani? Da Valentino hanno abiti bianchi (avorio, champagne, panna, quello che è)?
E nel frattempo vuoi non
farla una dieta? Vuoi non andare a correre 2 volte a settimana (l’obiettivo è
arrivare a 3)? Vuoi non gestire pure una ristrutturazione?
Voglio ringraziare tutte
tutte tutte voi che mi avete scritto su Facebook, via mail, su Instagram,
su Twitter per farmi le congratulazioni. Ho letto che vi siete commosse e mi
fate gli auguri come se fossimo tutte amiche dalle medie.
Per me, siamo tutte
amiche delle medie.
Sono oltre 5 anni che,
con una cadenza più irregolare del mio ciclo, racconto frammenti della mia vita
su questo blog. Mia madre direbbe che scrivo cose troppo personali.
Queste foto è la mia maniera per
ringraziarvi, per esservi palesate anche se non avete mai commentato, per
esservi commosse anche se non ci siamo mai viste, per avermi scritto qualche
consiglio anche se non mi conoscete di persona.
Scrivere per me in questi
anni è stato catartico e terapeutico: ci sono post che mi hanno aiutato ad
andare avanti, post che mi hanno aiutato a chiudere, post che mi hanno dato
fiducia e altri che mi hanno reso “famosa” (di sicuro tra il personale della
Mangiagalli!)). Vorrei definirmi fashion blogger, ma dopo aver parlato di sex
toys, ginecologhe da evitare, cremine della Kiehl’s, cosa indossare ai
matrimoni, running, Met Gala, gift guides, Leonardo Di Caprio... Nemmeno io so
più come definirmi.
Di persona sono timida e
spesso considerata per questo snob o –peggio- palesemente stronza.
In questo spazio
virtuale, al contrario, certe volte credo di mostrare la parte migliore di me,
paradossalmente quella più vulnerabile e più privata.
Nemmeno mia madre ha
ancora visto queste foto (spero che le Poste Italiane facciano il loro dovere) ma
mi sembrava giusto, avendole a disposizione e pure così belle, condividerle
qua.
Perché insomma, in quel
camerino non sarò mai sola a quanto pare e se solo mi facessero usare il
cellulare, ci sareste anche voi.