Mia Couto, mozambicano “doc”ma nato da genitori portoghesi immigrati, di cui abbiamo scritto a proposito della sua versatile personalità, appena qualche giorno fa , non è solo un poeta.
Infatti, un nostro piccolo editore “Quarup”, come sempre accade fuori da quei circuiti che sono palesemente commerciali, ha pensato bene di proporci una raccolta di suoi racconti dal titolo “Perle”,che ci presenta il Mozambico di ieri e di oggi, quello degli antichi e spietati colonizzatori e quello del dopo indipendenza, in tutte le sue luci e ombre ma in cui sostanzialmente è la “donna”la protagonista.
Insomma il femminile nella “storia” del Mozambico, terra di grandi contraddizioni come un po’ tutta l’Africa, dove bene e male, come dappertutto, coesistono indifferentemente.
E dove è sempre la donna la chiave grazie alla quale è più facile giungere al cuore del problema. Di ogni problema.
Irrisolvibile o solubile che esso sia.
In portoghese (Mia Couto appartiene di diritto all’Olimpo degli scrittori lusofoni) il titolo del libro, molto più appropriato, è invece: “O fio das missangas” cioè “Il filo delle perline”, che altro non sono che quelle perline di vetro colorato con cui in Africa, e quindi anche in Mozambico, si fanno braccialetti, collanine e altri monili da vendere al turista di passaggio.
E’come se Couto ci dicesse che ogni suo racconto (in tutto sono 29 storie narrate) è uno di questi oggettini che il turista, dopo un viaggio in Africa, conserva gelosamente nel fondo di un cassetto e, di tanto in tanto, prova a tirare fuori e a riguardare e , attraverso il quale,vorrebbe capire forse un po’ di più di quanto ha visto.
Andare - diciamo-sotto la pelle.
Ogni storia di “Perle” è, comunque, sempre preceduta da una breve poesia. Un mix accattivante per la gioia del lettore, che non perde così di vista il Couto poeta.
Ne “La commiatatrice”,un racconto a caso, fin dalla prima riga, ad esempio, leggiamo : “Ci sono donne che vogliono che il loro uomo sia il Sole. Io il mio lo voglio Nuvola. Ci sono donne che parlano della voce del loro uomo, io invece voglio che se ne stia zitto perché io, in lui, conservi i miei silenzi”.
Anche questa è donna d’Africa. Equilibrio naturale (fertilità come dono e dedizione al proprio uomo) a garanzia dell’equilibrio sociale in un mondo abbastanza complesso.
Nel bene e nel male. E senza dover ricorrere ai “sermoni” dei colonizzatori.
Cioè fin dalle origini.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Nella foto in basso donna africana con bambino entrambi con le famose collanine di perline