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Mia madre

Creato il 21 aprile 2015 da Veripaccheri
Mia madre
di Nanni Moretti
con Margherita Buy, Nanni Moretti, John Turturro
genere, drammatico
Italia, 2015
MIA MADRE La creazione di intrecci umani che -per quanto orbitanti attorno a un tema portante- compongano storie dalla forte china intimista e trascendano la mera archetipizzazione è forse uno dei tratti più pregevoli e caratterizzanti del cinema di Moretti. Storie in cui la trama retroceda, lasciando ampio respiro alle evoluzioni di personaggi che spesso non sono altro che ingranaggi umani -a volte, come in questo caso, corredati di frammentarie e frammentate rifrazioni metafilmiche del Moretti regista- mossi per sostenere il tema e la riflessione corale del film.
Margherita (Margherita Buy) è una regista alle prese con un film d'attualità, un film sui giovani e sul lavoro e sul mondo moderno, un film che la assorbe completamente mentre la madre -assistita dall'onnipresente fratello Giovanni (Moretti)- spende in ospedale i suoi ultimi giorni. Un intreccio quanto mai semplice che racchiude un variegato universo umano, scandagliato attraverso scene e atmosfere oniriche -registicamente inscindibili dalla narrazione- che possono essere comprese appieno solo attraverso una lettura spiccatamente psicanalitico-simbolica.

La morte, il tempo, l'imprescindibilità dei rapporti umani e contemporaneamente l'immane difficoltà degli stessi, la completa e dolorosa impotenza di fronte al lutto annunciato. E una serie di considerazioni e riflessioni che scaturiscono da un autobiografismo che fa dell'autoreferenzialità un pregio e un leitmotiv, legandola a filo doppio -un filo che è anche l'inestricabile intreccio di personaggi dalle visioni antitetiche finanche complementari- a una vicenda fin troppo umana che forse, temendo di esprimere ciò che -più ermeticamente- vorrebbe suggerire attraverso le singole scene, rischia di fare lo sbaglio opposto, lasciando spazio a dispersive frammentazioni che rischiano di allontanare lo spettatore (massimo esempio ne sono i siparietti di John Turturro).
Michelangelo Franchini

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