di Iannozzi Giuseppe
Io, mia Pupilla, sono uomo d’altri tempi, il quale solo per un banale errore di calcolo ora qui al cospetto di questo tempo bruto. Ma anche nell’errore che Dio fece sbattendomi qui, io incontrai la fortuna, il vostro sguardo che m’è più caro d’ogni cosa, più della mia stessa vita, che senza Voi varrebbe nulla, meno di quella d’una pulce sul manto d’un cagnaccio bastardo. Così tanto, mia Pupilla, io Vi adoro: se solo poteste sentire quanto forte pulsa il mio core per voi, ah, non avreste dubbio alcuno che Vi amo dell’amore più puro, d’un amore virgineo che il peccato originale non ha osato d’intaccare. Così, anche se oggi sulla nostra strada tanti bravacci a farsi forti della vigliacca loro passione di menar botte a destra e a manca, io gli resisterò per amor Vostro, a faccia scoperta coprendo distanze e spazi infiniti pur d’averVi a me accanto per l’eternità, sfidando i marrani colla punta della spada che non rimarrà vergine ancora a lungo: presto essa affonderà nei petti di quei vili che vorrebbero attentare alla Vostra virtù.
Non temete, mia Pupilla, finché avrò un anelito di vita lo darò alla sola causa che val la pena d’esser difesa a oltranza: la bellezza, la bellezza che è nel Vostro sguardo, che dimora nello spirito più riservato di Voi.
Mio solo Amore, mia Pupilla, resistete… toglieteVi di dosso le mani di quei bruti, quelle mani grasse che han maneggiato pacchi di soldi mal guadagnati *. Sottraetevi alle loro carezze, gridate loro il mio nome e li vedrete annichilire, le loro facce sbiancare e farsi di morte: nei loro occhi vedrete nascere il terrore, perché nessun Dio mai potrà toglierli dalla mia vindice ira.
Sempre il Vostro umile servo, che V’ama più d’ogni amore da qui all’eternità.