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Michela Murgia e le belle ghiandole mammarie

Da Anellidifum0

Michela Murgia e le belle ghiandole mammarieIn quel piccolo e buffo paese che è l’Italia, a metà fra il Medio Oriente e l’Occidente, ma culturalmente molto più inserito nel Medio Oriente, può capitare che alla finale di un premio letterario arrivino delle scrittrici e che l’anziano presentatore tv, invece di apprezzare la loro scrittura, apprezzi le loro belle ghiandole mammarie. E’ appunto ciò che è accaduto in Italia, in diretta nazionale su Rai 1 lo scorso 5 settembre (il video è qui, e non funziona, facciamocene una ragione e chiediamoci semmai il perché) quando un certo Bruno Vespa (che pure non ricordo avere particolari titoli come critico letterario, ma devo essermi distratto) ha pensato bene di elogiare in pubblico il décolleté della scrittrice Silvia Avallone, invitando la regìa a fare un bel dettaglione alla Sergio Leone. Considerato il contesto, già è tanto che non abbia invitato Gad Lerner, presente come concorrente esterrefatto, a saggiare con mano la sodità di dette ghiandole mammarie.

Se la cosa fosse accaduta in Canada (ma tranquilli: qui siamo in Occidente e la cosa è assolutamente impossibile) il povero presentatore bavoso avrebbe perso il posto seduta stante. Non avrebbe più lavorato per la televisione di Stato dalla mattina alla sera, punto e basta. Perché? Perché qui sono tosti, e ritengono che occorra rispettare il prossimo – pensate – perfino se è una donna. Ohhhh. La famosa “correttezza politica” di cui si parla in Canada, e quella cosa che fa sì che un presentatore uomo a un premio letterario di prestigio internazionale, se proprio vuol fare un complimento a una delle scrittrici in gara, parlerà – pensate di nuovo – del suo libro, di come costruisce i suoi personaggi, dell’efficacia della trama, della bellezza delle immagini descritte, dell’alto significato metaforico, o allegorico, o letterale del testo che sta, forse, per essere premiato addirittura con un Campiello.

Niente commenti sulle ghiandole mammarie, su quanti di litri di latte possano produrre sotto corretto stimolo naturale, né sulle forme del culo, se si depila anche davanti oppure no, e in caso riproducendo quali forme del pelo, o sull’eventuale buon odore di femmina pronta alla monta che una delle scrittrici trasmette. Che roba, eh? Che paese noioso, il Canada.

Ora. Premesso che la battuta più carina che ho letto è quella di Tommaso Labriola (“Il vero scandalo sarebbe stato se Vespa avesse parlato del libro in concorso, per fare un complimento”), in Italia, invece, la cosa sarebbe passata sotto assoluto silenzio, perché una roba simile è percepita dai più come “normale”. Senonché, succede che una delle scrittrici della finale del Campiello fosse sarda. E le sarde, si sa, son gente a parte. Non tanto italiane, ma proprio sarde. Pensate che è la regione dove meno si prende Mediaset, e la gente vive lo stesso. Incredibile, eh? Essere sarde nel XXI secolo può significare molte cose, per esempio essere più vicine all’Occidente non solo geograficamente, ma anche come mentalità. Poniate che Michela Murgia, oltre che scrivere bei libri, abbia anche viaggiato un po’ in giro per l’Europa e l’America, insomma in Occidente. Poniate che abbia percepito il livello di civiltà sul rispetto di genere che si respira in Occidente. Poniate che poi sia tornata nella sua Sardegna e nella trista Italia. E poniate che abbia assistito e sentito gli incredibili commenti del bavoso anziano Vespa verso la collega Avallone. Cosa succede? Succede che Michela Murgia si è risentita e ha parlato. Denunciando il comportamento di Vespa con le parole che avrebbe usato una donna canadese qualunque, senza nemmeno bisogno di essere una grandiosa scrittrice vincitrice di Campiello.

E dal 5 settembre, Michela Murgia è la mia eroina personale. Come penso di moltissime altre donne e uomini, stanchi di vivere in un limbo fra Occidente e Iran. Oddio, limbo mica tanto. Si sono sprecati i commenti di uomini sciovinisti e di donne invidiose italiote che hanno dato contro alla Murgia. Ma, per fortuna, anche moltissime donne e uomini che le hanno espresso solidarietà. Io sono tra questi, ma ammetto che per me è facile: vivo in Occidente.

P.S. Il titolo del libro vincitore del Campiello 2010 è Accabadora (Einaudi).

 


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