Sbagliando non s’impara. Ed è dai successi, non dai fallimenti, che derivano i cambiamenti.
Ne è convinto Michele Dotti, che è un educatore e formatore, attivo da molti anni sui temi dell’intercultura, dei diritti e della pace.
Michele è nato nel ’73 a Faenza e ha una lunga esperienza di volontariato in vari Paesi d’Africa. Ha promosso campagne di sensibilizzazione sul commercio equo e solidale. Organizza esperienze di turismo responsabile in Burkina Faso.
Ha un blog e collabora con riviste educative e del mondo della solidarietà. È autore di saggi, fra i quali, con la Emi: La tela del ragno; Non è vero che tutto va peggio (con Jacopo Fo); L’anticasta (con Marco Boschini); Dudal Jam. A scuola di pace. Con l’editrice Kaleidos ha pubblicato il recente Educare, amare e saltare nelle pozzanghere. Da qualche anno si dedica anche alla produzione video, con inchieste e reportage. L’ultimo titolo è: Una scuola diversa è possibile, andato in onda su RaiNews24.Si definisce «un sognatore instancabile»! E la teoria sui successi, unici generatori di cambiamento, l’ha racchiusa in un libro recente, dal titolo: “Sbagliando non si impara” (Emi).
Una teoria controcorrente!
Beh, sì. Ci hanno sempre ripetuto che «sbagliando si impara» e alla fine ci siamo tutti convinti che sia davvero così. Ma se questo fosse vero, dovremmo essere tutti perfetti! Invece, continuiamo a ripetere ogni giorno gli stessi errori, senza neppure troppa fantasia. Io credo piuttosto che si impari soprattutto attraverso i successi.
Ma ai successi non si arriva molte volte attraverso i fallimenti?
Provo a spiegarmi con un esempio semplice: pensate un po’ a quando abbiamo imparato ad andare in bicicletta, da bambini. Io ricordo ancora il giorno in cui mio padre mi disse: «Ormai, Michele, sei grandicello, è ora di togliere le rotelline e provare ad andare senza...». Sembrava impossibile. Probabilmente, saremo tutti caduti diverse volte prima di riuscirvi. Ma non è grazie a quegli innumerevoli tentativi falliti che abbiamo imparato.
Ah no?
Piuttosto è accaduto che a un certo punto, un po’ per caso o un po’ anche per fortuna, ci siamo ritrovati quasi magicamente in equilibrio. Certo un equilibrio instabile, ancora traballante, ma sufficiente per farci «memorizzare» quel successo e imparare a replicarlo, con la voglia di rifarlo perché ci aveva reso felici. Ovviamente occorreva la pazienza di cadere e rialzarsi tutte quelle volte per arrivare al risultato voluto, ma non è stato dai numerosi sbagli che possiamo dire di aver imparato.
Ma?
Da quel primo timido, precario, successo personale, che dandoci gioia ci ha spinto a riprovare. Credo che questo principio valga anche più in generale, nella nostra vita. Certamente occorre la pazienza di riprovare mille volte, di sapersi rialzare ad ogni errore, senza lasciarsi scoraggiare, perché, come disse Robert Kennedy in un discorso pronunciato nel 1966, «soltanto coloro che hanno il coraggio di affrontare grandi fallimenti possono raggiungere grandi successi».
Dunque, si parte dai fallimenti. Sono questi che ci possono spingere a reagire. E poi lei parla di magia. Allora, la nostra capacità di autodeterminarci?
Dico e dimostro nel libro che è soprattutto dai nostri successi, talvolta fortuiti, che impariamo a migliorarci! L’importante è non temere di fallire quando tentiamo.
Ci faccia un altro esempio!
Pensate a Thomas Edison, l’inventore della lampadina: prima di trovare il materiale giusto per realizzare il filamento, fece quasi 2000 tentativi. Un giorno un giornalista gli chiese: «Non si sente umiliato dal fatto di aver sbagliato più di mille volte?». E lui rispose: «Non ho sbagliato più di mille volte, ho sperimentato più di mille modi diversi per costruire una lampadina che non funziona». Molti pensano che la via utile a condurti ai successi sia alternativa a quella che può portare ai fallimenti. Invece, chiunque sia arrivato a successi significativi sa bene che l’unica via per giungervi è spesso quella che attraversa i fallimenti in nome della felicità futura che arriverà quando avremo successo. Quel primo decisivo successo, che poi impariamo a replicare. Come recita un detto Zen, «il successo nella vita è cadere nove volte e rialzarsi dieci». Questa riflessione ha grandi ricadute anche in campo educativo, dove è soprattutto incoraggiando il piacere della scoperta che possiamo offrire ai ragazzi la possibilità – fra errori – di sperimentare anche i primi successi e scoprire così i propri talenti, quando ancora essi sono racchiusi dentro al guscio. E anche a livello sociale e politico io non credo, purtroppo, che dagli sbagli si traggano grandi lezioni. Quanti sperano che a suon di sconfitte si possa arrivare, prima o poi, a fare autocritica, credo che rimarranno a bocca asciutta.
Ma perchè?
«Se si sbaglia ad allacciare il primo bottone di una camicia – come ha detto simpaticamente Fabio Volo – si sbaglieranno di conseguenza anche tutti gli altri». Sono fiducioso che dai successi – anche altrui, cioè dalla scoperta dei vantaggi che le scelte virtuose possono portare, per tutti e da tutti i punti di vista, si diffonderà e poi radicherà la consapevolezza del cambiamento possibile. Certo questo non accadrà senza prevedibili cadute da cui rialzarsi, proprio come quando abbiamo imparato ad andare in bici da bambini. E questo, suffragato da alcuni studi, come leggerete nel libro, l’ho scoperto anche osservando uomini e animali. La mia non è affatto una provocazione. Ci sono innumerevoli ricerche scientifiche che confermano come l’apprendimento attraverso i successi sia molto più efficace e duraturo rispetto a quanto possiamo imparare dai nostri sbagli.
Perché ci siamo abituati a pensarla in modo opposto? E’ una forma di autoinganno? E chi ci ha abituati a ragionare così?
Beh, ci hanno sempre detto il contrario, è normale che il messaggio, almeno un poco, sia passato. Forse all’origine c’era un desiderio di autoconsolarsi per gli insuccessi vissuti. I proverbi a volte contengono verità, ma spesso sono anche baluardi a difesa dell’ordine costituito. E’ vero, comunque, e questo lo argomento nel mio libretto in un paragrafo intitolato ironicamente “In salita tutti i Santi aiutano”, che anche dalle esperienze negative e dolorose si può imparare molto, se riusciamo a trovare un significato. Questo modo di pensare credo possa essere molto utile a quanti vogliono promuovere cambiamenti positivi in ogni ambito, dalla sfera personale a quella collettiva.
Ci faccia capire meglio che tipo di implicazioni avrebbe cominciare a pensarla come lei
Anziché continuare a piangersi addosso – come spesso accade – lamentandosi inutilmente di tutto ciò che non va, penso che l’attenzione si sposterebbe rapidamente su tutte le esperienze virtuose, che impareremmo a cogliere meglio e a diffondere. Diventerebbero virali. Ci sarebbero a mio avviso un’accelerazione di tutti i processi positivi ed efficaci in ogni ambito e una drastica riduzione dell’enorme spreco di energie umane e di tempo, a cui oggi purtroppo assistiamo.
Sì, ma come si arriva a ribaltare questo modo di pensare?
Sicuramente è fondamentale che ciascuno scopra i propri talenti per potersi esprimere appieno. Si devono unire piacere e dovere di farlo. Questo è uno dei passaggi fondamentali per cambiare rotta e prospettiva.
L’errore per lei cos’è?
Errore e sbaglio, come preciso nel libro, sono due cose ben diverse. Lo sbaglio è una distrazione, che ci porta a perdere l’attenzione sul momento presente, per cui ha ben poco da insegnarci. L’errore, al contrario, è una salutare esplorazione, che può portarci a scoprire molte cose interessanti e nuove! L’apprendimento, fin dalla più tenera infanzia, è strettamente legato al piacere dell’errare, nel senso di vagare senza una meta, lasciandosi stupire e illuminare da ciò che si incontra lungo il cammino. Ben venga, dunque, l’errore, inteso come una piacevole ed efficace capacità di esplorazione e scoperta! Sbagliare è umano, ma errare a questo punto è molto più utile e divertente! Inoltre, è fondamentale liberarsi dalla paura di sbagliare e dal timore di essere giudicati, che ci paralizzano e impediscono di partecipare attivamente ed esprimerci pienamente! Nel libro ho sviluppato questa riflessione in uno specifico paragrafo, in cui ricordo anche l’esperienza positiva del “Festival dell’errore”, che si svolge a Parigi, per incitare i più piccoli ad osare, innovare, uscire dal seminato e proporre idee nuove e creative, senza timore di sbagliare ed essere giudicati. Credo che questo valga anche per gli adulti.
Siamo abituati a pensare che sbagliando si impara perché si fa autocritica. Ma a questo punto che spazio ha nella sua teoria la curiosità di sapere perché si fanno sempre gli stessi errori, che sarebbe un’altra via per il successo e quindi il cambiamento?
Penso che esprimersi pienamente, senza timore di sbagliare, ma facendo saggiamente tesoro dei successi propri e altrui per imparare a replicarli ci permetta di vivere pienamente la nostra umanità -in tutta la sua vulnerabilità- nelle relazioni, negli affetti, in tutti gli ambiti della nostra vita.
Cosa intende per successi?
Certo, non intendo il successo come fama, ma proprio come capacità di riuscire in quello che si sta facendo, qualunque cosa sia. Se impariamo a riconoscere i successi nostri e altrui possiamo quindi migliorare molto l’efficacia delle nostre azioni! E, per richiamare il nome del suo blog, imparare a diventare tosti, cioè capaci di essere sempre noi stessi.
Cinzia Ficco