Dalla mostra artistica
Body Exhibition
Per tali ragioni, l'uso delle cellule staminali per ripristinare la funzionalità del miocardio, pur essendo teoricamente semplice, si scontra nella pratica con diversi ostacoli che ne rendono farraginoso l'impiego. Esiste una strada più semplice, pratica e percorribile? Alcuni anni fa comparve su Nature un articolo che destò parecchia attenzione. L'autore fu l'italiano Piero Anversa, in quale aveva provato ad iniettare in alcuni topi cellule staminali prelevate dal midollo osseo. Lo studioso aveva osservato una ripresa dell'attività miocardica a livelli normali, che spinse la medicina a tentare l'inoculazione di staminali del midollo osseo in pazienti umani con cuore infartuato, sull'onda di un grande e collettivo entusiasmo. Si sarebbero infatti risolti 2 grossi problemi: evitare l'uso di embrioni e risolvere problemi di compatibilità tra donatore e ricevente. Tuttavia, diversi deludenti risultati portarono ben presto ad archiviare quest'approccio, ed anche in seguito alla scoperta dell'esistenza di piccoli gruppi di cellule staminali nel cuore stesso e di molecole con capacità rigenerative prodotte dai cardiomiociti, la ricerca medica continua a storcere il naso, pensando che la "strada staminale" sia troppo poco conveniente in termini di applicabilità e rapporto costi/benefici, a causa dell'elevato numero di variabili da monitorare. E se invece riuscissimo a creare qualche farmaco in grado di modificare direttamente i geni che regolano la proliferazione dei cardiomiociti? Del resto è certo che noi nasciamo con il cuore già formato, con tutte le sue cellule già presenti e già incapaci di rigenerarsi, e l'input o lo stop della proliferazione è dato dai cosiddetti microRNA. I microRNA sono brevissime sequenze di RNA che hanno funzione regolatrice. Nella maggior parte dei casi esse si agganciano opportunamente ai filamenti di mRNA (RNA messaggero) per bloccare l'attività trascrizionale di un gene (in parole povere impediscono all'RNA messaggero di esprimere in forma di prodotto molecolare proteico le informazioni di DNA che esso porta): in tal caso, dopo la nascita, ci sono filamenti di microRNA che bloccano la rigenerazione dei cardiomiociti. Viceversa, quando ancora non siamo nati e il cuore è in fase di formazione, l'attività dei microRNA sulla regolazione della produzione di cardiomiociti è assente, permettendo così a questi di essere creati. Tra i circa 1000 microRNA presenti nell'uomo, i ricercatori Ana Eulalio e Miguel Mano hanno scoperto che ce ne sono alcuni che, al contrario, sono in grado di stimolare la rigenerazione delle cellule del miocardio. Gli scienziati hanno registrato risultati davvero molto incoraggianti osservando la rapida rigenerazione in laboratorio di cellule miocardiche danneggiate di topi e ratti, nonché di cardiomiociti umani, inoculando gli opportuni filamenti di microRNA. Se si riuscisse a creare un farmaco basato su questo principio, ovviamente con il minimo impatto in termini di effetti collaterali, potrebbe davvero aprirsi una nuova strada verso la cura di molte patologie degenerative cardiovascolari, con grande beneficio del nostro prezioso e naturale motore.
Eulalio, A., Mano, M., Ferro, M., Zentilin, L., Sinagra, G., Zacchigna, S., & Giacca, M. (2012). Functional screening identifies miRNAs inducing cardiac regeneration Nature, 492 (7429), 376-381 DOI: 10.1038/nature11739