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Middle East Now: The Cutoff Man, sorprendente opera d’esordio di Idan Hubel

Creato il 08 aprile 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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The Cutoff Man, presentato nella sezione Orizzonti all’ultima edizione del festival di Venezia, è il primo lungometraggio di Idan Hubel. Un’opera prima matura, asciutta e rigorosa che dimostra il buono stato di salute della cinematografia israeliana.

Gabi è un uomo di mezza età che vive a Naharia, una piccola città nel Nord di Israele. Rimasto senza lavoro si ritrova costretto ad accettare l’unica proposta arrivata dall’ufficio di collocamento: lavorare per una società che gestisce i servizi idrici per conto del comune con l’ingrata mansione di tagliare l’acqua alle famiglie che non pagano la bolletta. Offeso, umiliato e percosso durante le sue giornate lavorative, Gabi si ritroverà anche ad affrontare una situazione imbarazzante quando dovrà tagliare l’acqua alla famiglia di un compagno della squadra di calcio di suo figlio, portiere in cerca di un ingaggio da professionista per evitare il servizio militare.

Un piccolo film, contenuto nella durata – appena 76 minuti – e nel budget a disposizione, girato in maniera lucida e sobria dal suo autore. Hubel ricorre spesso alla camera fissa e al piano sequenza, una precisa scelta stilistica e al contempo etica, evitando di esasperare il linguaggio cinematografico adottato e di abusare della pazienza dello spettatore. Ne esce fuori il ritratto doloroso di una società ridotta allo stremo dalla crisi economica che costringe il protagonista a svolgere un lavoro antipatico e scomodo, fonte di insulti e umiliazioni. Bravissimo Moshe Igvy a rendere intenso e dolente il suo personaggio, attanagliato dai problemi del vivere quotidiano, del tirare avanti per provvedere ai bisogni della sua famiglia, privato di speranze per il suo avvenire ma pronto a sognare un futuro da calciatore professionista per il figlio. I suoi occhi vagano smarriti, quasi a cercare un’impossibile via di fuga, le sue movenze risultano affaticate, goffe e sgradevoli a causa del triste e odioso incarico che lo porta ad essere inviso all’intera comunità. Il suo lavoro è spietato, lo mette ogni giorno davanti a situazioni drammatiche dove si ritrova a privare di un bene prezioso e primario come l’acqua famiglie con bambini piccoli, donne anziane, uomini rimasti senza un impiego e privati di ogni sicurezza economica. Gabi adempie al suo incarico e nello stesso tempo lo subisce sulla sua pelle, lo rende ancor più solo, ai margini di una collettività che si sta sgretolando sotto i colpi incessanti e inarrestabili di una drammatica e preoccupante situazione economica.

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Il regista esordiente mantiene fino alla fine un’invidiabile coerenza stilistica che non concede molto allo spettacolo, evitando di assumere un atteggiamento ricattatorio nei confronti dello spettatore, un pericolo che è sempre dietro l’angolo quando si affrontano certe tematiche. Il suo utilizzo della m.d.p. è una presa di posizione morale, una precisa dichiarazione d’intenti a partire dall’inquadratura fissa iniziale all’interno di un mesto e affollatissimo ufficio di collocamento fino alla splendida sequenza ambientata in un bar dove il protagonista e gli altri avventori si girano verso la cinepresa posta al di fuori del locale, che li inquadra al di qua del vetro rivelando poi, solo dopo qualche secondo, l’arrivo della moglie di Gabi.

The Cutoff Man è un film prezioso ed intenso, una gemma rara che lascia intravedere la possibile ed auspicabile nascita di un nuovo e promettente autore all’interno della sfaccettata e poliedrica cinematografia mediorientale.

Boris Schumacher


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