Si stava meglio quando si stava peggio, stavolta è proprio il caso di dirlo. Mi sembra che Woody Allen alla resa dei conti abbia voluto farci intendere questo messaggio con il suo nuovo film, Midnight in Paris, pluriacclamato a Cannes e decisamente uno dei suoi migliori lavori degli ultimi anni. Al novanta per cento la location ha giocato il ruolo principale: abbastanza facile direi, spaccare il cuore degli spettatori mostrandogli la Parigi più romantica che sia mai stata portata sul grande schermo, dai tempi di Irma la dolce o di Ultimo tango a Parigi (con finale decisamente più sereno, ma d’altronde Woody Allen non ha certo la cruditè di Bertolucci). Pioggia o non pioggia, Parigi è sempre Parigi, se le storie d’amore non nascono lì allora mi chiedo dove possano nascere, non certo nel sottopassaggio della stazione di Porto Marghera; ma le storie d’amore a volte posso anche finire a Parigi, per lasciarne il posto ad altre. In conclusione, il fil rouge è sempre l’amore, sia che stia per iniziare, sia che debba inesorabilmente finire: ciò che conta è che qualunque sia la strada che si decide di percorrere, beh, l’importante è che sia quella giusta, che possa renderci felici e che abbiamo scelto con cognizione di causa. Il fatto di vivere nel passato e di rimpiangere i tempi che furono dovrebbe già essere un campanello d’allarme, nel senso che se il presente ti sta rendendo felice non c’è motivo allora di desiderare di vivere in un’altra epoca. Ma è evidente che a Gil, il protagonista, interpretato da Owen Wilson (ex spalla di Ben Stiller ma ora promosso ad attore di tutti i generi) il presente non piace e allora cerca una via di fuga, lo stargate che gli permetta di avere delle risposte e di poter capire qual è la scelta da fare. Una cosa è certa: la sua fidanzata Inez, la cui bellezza è direttamente proporzionale alla sua acidità e sgradevolezza, non è la persona giusta per lui. Perchè lui è un sognatore, un bohemien, mentre lei è una yankee superficiale e snob che non ha nessuna intenzione di assecondare le necessità creative di Gil. Anzi, lo incita a continuare a fare quello che ha sempre fatto, lo sceneggiatore di Hollywood, che di romantico non produce nulla se non un conto in banca emozionante. Ecco, l’agiatezza economica che uccide ogni impulso artistico.
Il vero cammeo di tutto il film è rappresentato dalla regale interpretazione di Carla Bruni, per una volta senza chitarra e con le scarpe ai piedi: Allen avrà voluto la prèmiere dame nel ruolo di guida turistica in veste rappresentativa dell’essenza della Francia, peccato che a me risulti sia nata a Torino: che sia uno sfottò?