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Per carità, Parigi è bellissima e la fotografia merita davvero. Però non è un film di Woody Allen, è privo di quelle trame che si intrecciano così perfettamente, che scavano nei personaggi e che vi lavorano fino a individuarne i punti dolenti, mettendoli in luce e illuminando la nostra misera umanità. E sapendoci ridere sopra con un'ironia raffinata!
Midnight in Paris è una storia piattissima, su cui si ricamano all'uncinetto alcune bellissime scene tra musei, statue, negozi d'antiquariato, ristoranti e hotel favolosi, in cui anche la comparsata della première dame Carlà è poco significativa al di là dell'estetica. E' tutto impalpabile, come la situazione onirica che il protagonista vive. E va bene, ricostruire i luoghi della Parigi del primo novecente, inventarsi i personaggi - benché molto stereotipati, ma ci può stare perché siamo nel sogno del protagonista - e creare un dialogo produttivo tra quel riferimento culturale di altissimo livello e uno sciatto scrittore hollywoodiano, non è male: l'idea è carina. E poi? A questa bella trovata non si aggiunge molto altro.
E dopo un po', salvo per l'ingresso in scena di Marion Cotillard, il film diventa ripetitivo e banale. Come se il protagonista fosse troppo legato al proprio sogno, imprigionato tra persone e cose create da lui stesso. O come se il regista si diverta solo nel riprendere la Parigi del secolo passato, nostalgico più che del passato in quanto tale di un passato personale che aveva creato nella propria mente e da cui non si sfugge. Ma ci siamo già trasferiti ai desideri del regista, mescolando troppe cose.
Fino all'incredibile finale in cui, nel buco temporale del passato, il protagonista e Marion Cotillard entrano nella Parigi della Belle Epoque. E il sogno di uno, troppo caratterizzato per essere reale, diventa la realtà di tutti, a cui si aggiunge il freno della moralina finale e poco altro.
Può piacere, perché è un film leggero, piacevole ed esteticamente impeccabile, con la macchina da presa che dà rilievo a quei particolari del passato che il protagonista ricercava, e che sono presenti perché nei propri sogni ognuno ci mette quello che vuole. Oltre a questo non c'è molto, se non la confusione finale. E' un film agile e con battute divertenti, ma Woody Allen non è solo il regista che fa ridere, come erroneamente lo si suole definire. E ci tocca rimpiangere quei capolavori del passato, un passato che non è solo sognato, in cui i personaggi erano reali come non mai, con trascorsi complicati, con vite movimentate, con soluzioni drastiche e razionalizzazioni che spezzavano i cuori, e con quel modo leggero di affrontare le difficoltà in cui di fronte ai problemi i protagonisti si servivano di battute che non solo facevano ridere, ma che offrivano tutta la complessità dell'essere umano alle riflessioni del pubblico. Di un pubblico che non guardava solo la Parigi del secolo scorso, ma che viveva negli Stati Uniti alleniani!
Ho l'impressione che quel Woody Allen del passato lo ritroveremo solo in quei film o in qualche sogno, a Manhattan, a mezzanotte...
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