Scritto da silvia romeo
Un esordio alla regia degno di nota, quello di Valeria Golino, che a 46 anni debutta con il film "Miele". Già in lista per il Festival di Cannes, sarà l'unico film italiano presente in gara, nella sezione collaterale Un certain regard.
Irene (Jasmine Trinca) è "Miele": giovane trentenne, solitaria e introversa, ma anche sportiva e iperattiva. Nella finta vita che si è costruita per la famiglia e gli amici fa la studentessa di medicina a Padova; nella realtà collabora con il suo amico Rocco e altri medici, assistendo i malati terminali privatamente e procurando loro la dolce e lenta morte che è negata dalla legge italiana. Perchè lo fa?Per la morte improvvisa della madre a cui solo si accenna?Per motivi politici o religiosi?Non lo sappiamo, o meglio, la bellezza del film della Golino è proprio questa: tutto si intravede ma non si svela davvero. Irene si intravede, non si conosce fino in fondo, anche grazie alle abili inquadrature in primo piano che spesso ci lasciano scoprire solo in un secondo momento il luogo in cui si trova la nostra protagonista.
L'eutanasia: dopo "Bella addormentata" di Bellocchio o "Amour" di Haneke, sembra essere un argomento amato dai registi! "Miele" si differenzia però dai precedenti, perchè NON giudica, non si permette di esprimere pareri nè obbliga lo spettatore a scegliere. Nel film accadono solo fatti: Irene va in Messico, compra la "medicina" , torna in Italia, va nelle case dei pazienti, li segue nella loro scelta, li aiuta e infine se ne va...lasciando i parenti nel loro dolore e portandosi via la sofferenza del malato...un'infermiera invisibile, un'amica immaginaria, che per molti di loro rappresenta la salvezza.
In questa routine di eventi, Irene incontra un vecchio e barboso ingegnere, magistralmente interpretato da Carlo Cecchi (un piacere per le orecchie e per gli occhi!), che decide di comprarsi la dolce morte senza però essere malato. Un uomo solo, stanco della vita, annoiato dal mondo e dalle sue abitudini, dalla gente e dalla sua ignoranza, un uomo che sconvolgerà la visione della vita di Irene a tal punto da farle prendere un'altra strada. Le insegnerà cosa vuol dire amare la vita a tal punto da non volerla più vivere, dandole una lezione che non si può scordare.
A parte la storia, mai melanconica nè pietosa, la Golino riesce a mostraci "le due vie" che si possono intraprendere, le scelte che molti devono fare per forza, perchè come dice Miele "nessuno vuole davvero morire"; il tutto con una grazia e una mano registica quasi silenziosa e non invadente, che ci sembra di spiare gli ultimi istanti della vita delle persone come Miele, per poi scomparire dietro l'angolo.