Esiste un linguaggio che non conoscevo e che imponeva una netta distanza tra me e ogni altro conio del mondo. È il linguaggio di chi va oltre la curiosità e abbatte le distanze per incontrare la voce di un nuovo punto di vista.
Lei lo parla da quando era bambina e ci si sente più ricchi ad averla accanto.
Guendalina Anzolin, 25 anni di testa dura e ambizione, qualche ricciolo e un bel paio d’occhi attraverso cui molti di noi guardano spesso il mondo. Subito dopo la laurea in giurisprudenza – ottenuta con una tesi sul XV piano quinquennale cinese e con il massimo dei voti – ha messo uno zaino in spalla ed è partita alla volta dell’America Centro-Meridionale: quasi tre mesi in Messico, poi Argentina, Brasile, Uruguay.
Percorrendo i sentieri latini e parlando uno spagnolo perfetto, Guendalina ha saputo indossare gli abiti di una cultura lontana e ne ha raccontato i dettagli. Lo ha fatto con amici stretti e, in parte, attraverso il suo blog Walking Pangea, permettendoci di guardare da vicino la quotidianità in una favela, le armi nelle mani di un bambino, il sorriso di chi affronta la vita con una semplicità imposta dal fatto di non avere strumenti idonei a complicarne il quadro.
Santa Maria di Guadalupe, Città del Messico
Ci sono luoghi che teniamo a distanza perché la lontananza fisica non li rende appetibili nella classifica degli interessi. Realtà che hanno tutte le carte in regola per non appartenerci da vicino e che sembrano richiedere uno sforzo più intenso di quello che ogni giorno facciamo per trasformare la sopravvivenza della frenesia di impegni in una vita di cui andare ben fieri.
Un errore comune, niente più di una banalità.
Entrare in contatto con chi è nato in una culla diversa dalla propria rende più ampio il raggio della mente e permette di farci comprendere per quale assurdo motivo un uomo sia arrivato ad abbracciare una linea di pensiero che in alcun caso noi avremmo preso in considerazione; scoprire un punto di vista fino ad allora ancora sconosciuto è un privilegio inestimabile e prendersi cura di chi ne è portavoce equivale a prendersi cura di noi stessi.
Crederci, amici miei, è rivoluzione.
Il progetto MigraMexico nasce un anno fa, esattamente nella terra in cui prenderà forma. Durante la sua esperienza post-lauream, infatti, Guendalina è entrata in contatto con persone che più volte avevano tentato di oltrepassare il confine con gli Stati Uniti e ne ha ascoltato, incredula, le storie.
Decine e decine di corpi in movimento attraversano ogni giorno la ruta migratoria, un percorso che al suo epilogo scopre le soglie di un nuovo Paese. Viaggiano in condizioni disumane, dimenticati, abbandonati e ostacolati dalle istituzioni governative, come dalle penne dell’informazione locale. Parlare ad alta voce, in Messico, può costare anche la vita.
Alcuni di loro arrivano dall’America Centro-Meridionale, sopravvivendo alle false promesse fatte dalla polizia o agli innumerevoli inganni provenienti dai polleros, i trafficanti di uomini. Durante il cammino, molte persone scompaiono nel silenzio complice e generale.
L’intento di Guendalina è di dare un volto a ogni membro della folla, diventando una di loro.
Percorrerebbe la ruta migratoria da Chiapas al Nord del Messico sostando nelle cosiddette casas de los migrantes, con sei delle quali è già in contatto. Il cammino avrebbe la durata di circa due mesi e mezzo al termine dei quali trascorrerebbe 15-20 giorni a Città del Messico per confrontare i propri dati con quelli di alcune delle principali NGO locali. In particolare, avrebbe un rapporto diretto con gli attivisti di Centro Prodh, gruppo che gode dello status di consulente di fronte alle Nazioni Unite e svolge un ruolo fondamentale nello studio della questione dei migranti in Messico.
Abbiamo tempo fino al 29 settembre per aiutare Guendalina a dare forma all’ambizione. Con un semplice contributo – 5, 10, 100 euro – saremo gambe di un reportage degno del miglior giornalismo di inchiesta e avremo risposte concrete alle decine di domande già sorte: chi sono le persone che migrano attraverso il Messico? Perché continuano a partire nonostante la sparizione o la morte di molti di loro? In che modo intervengono le autorità del Paese?
“Parto per provare a raccontare la disperazione di chi intraprende questo viaggio; la disperazione vera e inascoltata delle centinaia di migliaia di persone senza nome che camminano, scompaiono o vengono uccise nel mutismo generale.”, dice Guendalina, “Perché si tratta di una questiona umana ed è un momento in cui di umano rimane poco.”
Diamo ragione a chi ancora crede nella forza della condivisione, nel supporto che può dar voce al silenzio.
Mi viene in mente una frase di Harper Lee che dice:
“Volevo che imparassi una cosa da lei: volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta si vince.”
Lasciamo che vinca, partiremo con lei.
di Giulia Perrone