Era il primo gradino per giunta basso, ma superarlo ha significato inaspettatamente un dolore lancinante al ginocchio e l’impossibilità di caricare per deambulare. Si decide di andare in auto al pronto soccorso con la borsa del necessario preparata in fretta per il ricovero in ospedale. L’autodiagnosi non lascia scampo. Arrivati, ci si registra e ci si accomoda in sala saltellando aggrappati agli eroi di una vita insieme, infermieri e sedie a rotelle semplicemente non esistono. Alcuni riferiscono di essere in attesa da ore. Per la verità al nostro infortunato va meglio, appena quaranta minuti e poi una voce chiama per nome. Saltellando la si raggiunge nel fondo di una sala addobbata con paraventi di fortuna posti a tutela della “privacy”. Giusto il tempo di descrivere l’accaduto e le mani del dottore si allungano sulle ginocchia: non ci sono fratture, il dolore descritto dal paziente lascia sospettare problemi al menisco. Sono bastati quattro minuti per essere dimessi ed ottenere un referto con gli esiti della vista e le prescrizioni. Eccellente. Ci si comincia a tranquillizzare. La sorpresa arriva l’indomani. Muniti di referto si va dal medico di famiglia per la famosa ricetta. I calcoli mandati a memoria ipotizzano che forse una settantina di euro di ticket possono bastare per cavarcela. L’importante è sapere con certezza se il menisco abbandonerà per sempre le ginocchia del nostro infortunato oppure avrà bisogno di terapie mediche appropriate. Ma ecco che sorpresi scopriamo: il SSN non copre più l’appropriato infatti, a nulla serve far osservare l’autenticità del referto di pronto soccorso che prescrive gli esami diagnostici; rammaricato il medico generico ribatte di non poter formulare alcuna ricetta per gli esami richiesti da una struttura pubblica del SSN perché il Decreto appropriatezza stabilisce che bisogna avere il cancro o stare nella condizione di essere sottoposti ad un intervento chirurgico, perché il SSN si accolli la metà dei costi degli esami che pure occorrono per determinare l’eventualità di un intervento. Morale della favola, profughi, immigrati e rifugiati possono appellarsi ai diritti umani e ricevere cure appropriate dal SSN al quale concorriamo con tassazioni notevoli sui redditi e sui contratti di polizze, mentre noi altro non possiamo fare che mettere mani al portafogli e sborsare per intero i costi degli esami strumentali come vi testimoniamo da ricevuta del centro privato al quale il nostro povero infortunato si è dovuto rivolgere per la sfortuna di non poter esibire un passaporto pakistano, siriano, marocchino, ganese, nigeriano ecc. ecc. Bisogna provare per credere. Ma sta accadendo a tanti. Sono gli stessi medici di famiglia riuniti a Napoli a denunciare questo stato di cose. Non basta restare bloccati in casa, non basta soffrire dolore, non basta che le terapie mediche si rivelino inefficaci, per fare una diagnosi precoce e sperare di guarire con cure appropriate, bisogna pagare: prima le tasse, poi gli esami e forse anche le terapie. Vi faremo sapere, vi terremo aggiornati.
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