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Migranti, questo o quello per me paria sono

Creato il 13 luglio 2012 da Albertocapece

Migranti, questo o quello per me paria sonoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Se l’etica minima è quella linea di confine che ognuno di noi si dà, oltre la quale si estendono i territori dell’ingiustizia e della barbarie, è probabile che quella linea si sia spostata, che sia stata varcata e che ci siamo piegati a una elastica, provvisoria e effimera coscienza, sempre a fare i conti con una discrezionale sfera privata, con gli affari nostri, con il nostro interesse minacciato.
Eh si, accidenti, siamo italiani brava gente noi, ma ….gli immigrati non devono mica essere discriminati, ma.. mica possono essere offesi e oltraggiati nel posto di lavoro o a scuola, perbacco, ma … siamo buoni cristiano, bisogna essere comprensivi e compassionevoli, ma…
Ma non vorranno mica godere dei nostri stessi servizi, mica vorranno avere gli stessi nostri piazzamenti nelle liste di assegnazione delle case popolati o in quelle di assunzione. E poi, – ammettiamolo – quelli, basta stargli vicini sul numero 3, hanno un odore diverso; hanno occupato interi quartieri facendo abbassare il valore delle case.
È che alla fin fine, quelli onesti sono pochi, vengono qua a fare i delinquenti….

”I migranti visti dai cittadini” si chiama eloquentemente il rapporto dell’Istat, come a segnare il confine tra cittadini a pieno titolo e ospiti per non dire intrusi, accolto da un non sorprendente silenzio assordante di media, benpensanti e anime belle, se non ha particolarmente colpito nemmeno il Ministro delegato a accoglienza, solidarietà e stereotipi, quello che li consola i “nostri” immigrati: l’integrazione funziona, ci sono condizioni di indiscussa parità, in fondo sono né più né meno come i palermitani.
L’egemonia del cinismo ci ha resi imperturbabili rispetto ai vizi pubblici, tolleranti della licenziosità, indulgenti per la diffusa illegalità di comodo, che tanto ci sono poi le sanatorie, i condoni, i perdoni. Ma con i forestieri siamo intransigenti: più della metà degli italiani vede una connessione tra immigrazione e criminalita’. Non sono pochi, si legge nel rapporto, gli italiani che associano alla presenza di immigrati in Italia un peggioramento di alcuni aspetti della qualita’ della vita. E in effetti nelle nostre carceri c’è un impari rapporto percentuale tra Lusi e trasgressori venuti da fuori, tra amministratori infedeli e clandestini. Sulla relazione tra immigrazione e criminalita’, gli intervistati si dividono in due blocchi di dimensioni quasi equivalenti: il 52,6% ritiene che questa connessione esista. . I problemi che, in generale, gli italiani ritengono causati dagli immigrati sono nell’ordine attivita’ illegali/criminalita’ (72,3% delle risposte fornite) e problemi di ordine pubblico e violenza (48,4%). Piu’ contenute sono le percentuali di quanti indicano spaccio di droga (27,6%), prostituzione (23,9%), differenze culturali e problemi di integrazione (11,1%), lavoro nero (8,7%), convivenza religiosa (5,2%), terrorismo (5,2%), effetti negativi sul lavoro degli italiani (5,2%). Il 61,7% dei rispondenti ritiene che siano alcune particolari nazionalita’ di immigrati a creare problemi nel nostro Paese. Le tre nazionalita’ segnalate piu’ frequentemente come causa di problemi sono le comunita’ piu’ numerose sul territorio nazionale, ovvero la rumena, l’albanese e la marocchina, indicate rispettivamente dal 34,5%, dal 25,1% e dal 12,1% dei rispondenti. Seguono, a grande distanza, la nazionalita’ tunisina (4,3%) e quella cinese (2,5%).

E allora è giusto tenerli ai margini: il 55,3% degli italiani, crede infatti che per ricevere un alloggio gli stranieri dovrebbero essere messi in graduatoria, ma dopo gli italiani, e per quanto riguarda il lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare precedenza agli italiani. Anche se per il 60% degli intervistati gli stranieri non tolgono il lavoro agli italiani, è prevalente l’opinione per cui gli immigrati sono più “indicati” per svolgere mansioni più umili.
In una società compromessa nella sua struttura e nei suoi valori dall’incertezza, ormai esautorata da dei diritti e della garanzie, dove in troppi siamo avviati a diventare un esercito precario da spostare come pedine a seconda dei bisogni arbitrari di vecchi e nuovi padroni, ci rafforza probabilmente avere ancora qualcuno “sotto” di noi, qualcuno in una condizione di più amara servitù. Li vogliamo silenziosi, che ci da fastidio il vociare in lingue sconosciute, li vogliamo remissivi, che in fondo cosa pretendono questi stranieri?, li vogliamo invisibili, che non è bello incrociarli la mattina nei grandi corridoi degli uffici con i secchi e le scope, li vogliamo robusti, che devono raccogliere la nostra frutta spingere le carrozzelle dei nostri malati, li vogliamo nascosti come sorci, che se ormai viviamo in una devastante società di caste, in universo sociali separati, signori e servi, eletti e paria, allora noi siamo uomini e loro siano topi.

Prima in nome della realistica modernità del mercato, sprezzante di giustizia e dignità, in una globalizzazione degli egoismi e dell’indifferenza, poi nella implacabile supremazia della necessità, impegnata a abbattere i pilastri fondamentali della civiltà a partire dall’universalismo dei diritti, distogliamo lo sguardo dall’orizzonte sempre più labile e lontano dei valori di una sia pur debole e vulnerabile democrazia.
La nuova segregazione non ha più solo la faccia del piccolo imprenditore brianzolo, nemmeno quella del leghista che tratta gli immigrati come sottouomini, Untermenschen, non perché razzialmente inferiori, ma perché razzialmente disturbano i suoi elettori. Adesso ha le fattezze di chi sorpreso da nuove miserie e da antiche sopraffazioni, si sente minacciato da chi è più disperato di lui, da chi ha più fame e da chi non ha più nulla da perdere, perchè paradossalmente e proprio per quello è più libero. E esercita una prepotenza “amministrativa”, spedendoli in fondo alle liste, condizionando la loro accettazione alla delazione degli aguzzini, come se fosse un premio o un beneficio e non un diritto che dovremmo difendere noi prima di tutti, mettendo ai margini che tradisce i principi della democrazia e della legalità, accettandoli solo se educati alle nostre vite ordinate, alle nostre cucine, ai nostri dei. Li sorvegliamo e ricattiamo mediante controlli feroci, li umiliamo con una caritatevole condanna a uniformarsi a noi, ai nostri abiti, alle nostre abitudini, purchè però restino là, indistinguibili in una massa immobile di corpi nudi e senza volto, esposti, senza una vita propria, perché espropriati ormai di diritti e futuro, esercitiamo il nostro potere di cittadini negando loro la cittadinanza


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