Il piano rimpatri dell'Unione Europea, oggi sul tavolo dei ministri riuniti a Lussemburgo, è un tassello fondamentale per una politica di migrazione finalmente europea. Nei giorni scorsi mi sono recata in Ungheria, alle frontiere con la Croazia per parlare con rifugiati e volontari. Così come ho visitato un centro d'accoglienza, in Germania, in cui vengono accolti bimbi e minori traumatizzati. Impressionante è stato soprattutto vedere il disegno di un minorenne che è fuggito attraversando il Mediteranneo: ha dipinto un mare nero, in cui lui nuota, in mezzo a decine di cadaveri, sottraendosi dall'incendio scoppiato sul barcone su cui si trovavano.
Siamo davanti ad una delle sfide più grandi degli ultimi decenni per l'Unione Europea. Nell'affrontare questa sfida o l'Europa si sbriciola, perdendosi in egoismi nazionali, oppure l'Europa si comporta da Europa, rispettando i suoi valori più profondi, soprattutto quelli legati ai principi di umanità. In questo senso ci vuole una politica che si basi su cinque pilastri, riassumibili in sintesi nei seguenti principi:
L'umanità soprattutto. Le centinaia di migliaia di bambini, donne e uomini che arrivano da noi, fuggendo da guerre e da persecuzioni hanno bisogno del nostro aiuto e della nostra protezione. Proprio questo deve essere il faro della politica europea in questa fase. Cominciando dalle strutture d'accoglienza. I rifugiati vanno trattati con dignità. Non come abbiamo visto succedere in certe immagini orribili provenienti dall'Ungheria di Orban.
Senza tanti giri di parole: l'accoglienza costa cara, certo. Lo sappiamo bene in Italia, dove l'anno scorso il numero dei richiedenti asilo - secondo Eurostat - è cresciuto in modo così massiccio come in nessun altro paese europeo (un incremento del 143%, rispetto alla media europea del 44%). Per garantire quell'accoglienza dignitosa ed umana a cui ambiamo, servono soldi. Soldi che scarseggiano soprattutto nei paesi meno ricchi e nei tanti paesi che in questo periodo, con fatica, stanno uscendo da una dura crisi economica-finanziaria. Questi paesi hanno bisogno di aiuto da parte di Bruxelles. Rendere la politica migratoria una priorità dell'Europa, significa anche questo.
In questo quadro va affrontata anche una riforma del Trattato di Dublino. Ormai è opinione condivisa che il Trattato sia, di fatto, superato. Ma cosa succede dopo? Sappiamo che una riforma non si realizza dall'oggi al domani. Per questo va impostata una politica più umana già ora, sulla base dell'esistente Trattato di Dublino. E lo dobbiamo chiedere con forza. L'articolo 17 del regolamento di Dublino già ora ci offre gli strumenti necessari. La Germania, nell'aprire le sue frontiere, li ha già usati. Perché l'articolo 17 già oggi permette a tutti i paesi membri di aprire le procedure d'asilo nel proprio paese, alla luce di esigenze umanitarie. Con questo strumento possiamo superare da subito una regola che ha creato squilibri all'interno dell'Unione Europea e ha creato situazioni poco umane per i rifugiati. Dobbiamo avviare il processo di riforma del Trattato di Dublino, ma contemporaneamente già oggi dobbiamo usarlo al meglio, per consentire una politica più umana e più solidale.
Una politica più umana e più solidale significa anche una politica unitaria dell'Europa in materia di asilo. Un diritto d'asilo che rispetti i diritti fondamentali dei rifugiati, che garantisca in tutta Europa sicurezza ai profughi che hanno bisogno di protezione e al contempo tuteli i principi di solidarietà e di equa ripartizione. L'Europa deve mostrare la stessa faccia umana in tutti i paesi membri dando dappertutto gli stessi diritti ai bambini, alle donne e agli uomini che chiedono asilo. Serve un codice comune d'asilo a livello europeo attraverso il quale garantire:
- il rispetto dei diritti umani e contemporanamente la possibilitá di identificare i migranti
- l'introduzione di standard e di procedure di protezione comuni europee
- un sistema centralizzato di gestione europea delle domande di asilo
- il riconoscimento reciproco delle decisioni di concessione di asilo
Per quanto riguarda la voce solidarietà avvertiamo due esigenze: Primo, aiutare gli Stati che sono confrontati dal problema dei rifugiati in modo ancora molto, ma molto più consistente di quanto non sia l'Europa (penso alla Turchia, al Libano o alla Giordania). Secondo, una distribuzione più solidale dei rifugiati in Europa.
L'equa distribuzione dei 120.000 rifugiati (dei quali 66.000 subito) decisi dal vertice sull'immigrazione può essere solo l'inizio. È importante che non si tratti di una misura eccezionale, ma che diventi la regola, perché sappiamo bene che, lungi dall'essere un problema emergenziale, i fenomeni migratori attuali sono destinati a protrarsi e a ripetersi anche negli anni a venire. Il principio d'ora in poi deve essere proprio questo: i rifugiati devono poter trovare accoglienza ovunque in Europa - e successivamente devono poter essere distribuiti in tutto il continente in modo equo. Ecco perché dobbiamo superare il Trattato di Dublino.
Ma non dobbiamo essere solidali solo fra di noi in Europa. Soprattutto dobbiamo essere solidali con i Paesi che da tanto tempo portano il massimo peso del fenomeno rifugiati, cioè la Turchia (con 1,6 milioni di rifugiati ufficiali nel 2014 secondo l'UNHCR), il Libano (1,15 milioni), la Giordania (650.000) ma anche il Kenya (500.000), il Ciad (450.000) e l'Uganda (400.000) in Africa. Dobbiamo muoverci molto in fretta e aiutare questi paesi - la Turchia in primis - così da essere in grado di gestire la loro emergenza profughi. Ogni Euro che investiamo nell'aiuto di quei Paesi aiuta i rifugiati a vivere in dignità vicino a casa loro e aiuta l'Europa a gestire meglio un fenomeno di dimensioni gigantesche.
I 4,4 miliardi previsti nel bilancio europeo per aiutare i Paesi a far fronte all'emergenza immigrazione sono importanti, ma - viste le dimensioni del fenomeno - potrebbero rivelarsi troppo pochi.
Allora, umanità e solidarietà, ma anche più efficienza nelle procedure di asilo. Perché trattare in modo umano i rifugiati significa anche decidere più in fretta se abbiano diritto all'asilo o a qualche altro titolo di soggiorno. Per questo dobbiamo implementare il più velocemente possibile il cosiddetto sistema degli hotspots (introdotto dall'Agenda europea sulla migrazione - EU Agenda on Migration). Garantisce sia l'identificazione sia la registrazione dei rifugiati, ma soprattutto permette una rapida immissione nelle procedure di asilo. In altre parole: da un lato l'Europa sa chi arriva, dall'altro lato quelli che arrivano e hanno bisogno di protezione, si sentono da subito benvenuti. Adesso dobbiamo far in modo che questo non rimanga soltanto un buon proposito sulla carta, ma che venga realizzato in tutte le aree di crisi in Europa. Questo richiede un grande sforzo dell'ESAO ( European Asylum Support Office - Ufficio europeo di sostegno per l'asilo) che va potenziato e sostenuto.
In questo contesto va recuperata anche l'idea di offrire informazioni e servizi già nelle stesse regioni di crisi. Creare degli hotspot nei campi per i rifugiati in Turchia, in Giordania, in diverse parti dell'Africa può evitare che famiglie, donne e uomini mettano a rischio la proprio vita, mettendosi in viaggio e buttando al vento il patrimonio famigliare, a favore di scafisti e criminalità organizzata.
Contemporaneamente bisogna prevedere, con altrettanta linearità, il fatto che per coloro che arrivano in Europa, senza avere diritto a nessun titolo di soggiorno, va imposto il rimpatrio. Questa è una delle parti più difficili da realizzare ed è positivo che finalmente - come chiesto da tempo dall'Italia - adesso si inizi a prevedere i rimpatri a livello europeo. Rimarrà un lavoro difficile, ma abbiamo il dovere di migliorare le prassi per garantire che dello sforzo immenso che l'Europa sta mettendo in campo in questo periodo, approfittino veramente quelle famiglie, quelle donne, quegli uomini e quei bambini, che ne hanno veramente bisogno.
Gli hotspot in questo processo devono avere una funzione importante. Va garantita l'esperienza specifica degli addetti dell'ESAO nel capire le origini dei richiedenti asilo. Il che permette di sbrigare più velocemente anche i procedimenti che hanno un esito negativo. Importante: va chiarito a livello europeo come viene garantito poi un rimpatrio veloce. Ed è indispensabile il coinvolgimento di Frontex nei rimpatri (cosa che fra l'altro è parte del concetto degli hotspots: "Frontex aiuterà gli Stati membri coordinando il rimpatrio dei migranti irregolari che non necessitano di protezione internazionale". Ma questo può funzionare in modo umano, giusto ed efficace solo nel caso in cui le procedure ed i criteri adottati siano uniformi in tutti gli hotspot, in tutti i presidi in Europa. Solo così si garantisce un trattamento uguale per tutti.
Per quanto riguarda la legalità: Una politica umana per i rifugiati non sarebbe credibile se non includesse anche un forte impegno contro i trafficanti di esseri umani, contro gli scafisti. L'Italia chiede questo impegno con vigore. Con le operazioni antimafia "Glauco" e "Glauco 1" gli investigatori antimafia in Italia hanno raccolto informazioni importanti sull'organizzazione dei trafficanti intorno al Mediterraneo, soprattutto sugli scafisti che provengono dall'Africa. La Procura di Catania, nonostante la difficolta nel condurre le indagini, è riuscita per la prima volta a condannare all'ergastolo uno scafista, su cui verteva la responsabilità della morte di decine di immigrati.
I trafficanti ormai hanno delle strutture transnazionali con delle spiccate capacità manageriali. Questo vale per le organizzazioni che lavorano fra il Nordafrica e l'Italia, ma vale anche per quelle che operano nell'Est del Mediterraneo fra la Turchia e la Grecia. È fondamentale che Europol metta al centro del suo lavoro nei prossimi mesi un focus speciale proprio sul contrasto al traffico di uomini nel Mediterraneo e nei Balcani. Questo deve essere adesso uno dei compiti di assoluta priorità per Europol in cooperazione con le istituzioni nazionali che si occupano di contrasto alla criminalità organizzata. In questo contesto ci vuole l'accelerazione della costituzione della Procura Europea, cosi che ci possa essere un'unica procura, capace di seguire in modo coordinato tutte le indagini in corso a livello transnazionale. E la richiesta è che non si limiti a seguire indagini meramente amministrative su truffe a danno dell'Unione Europea, ma diventi una vera procura contro il crimine organizzato e anche contro il terrorismo, sul modello del DNA italiano.
È sicuramente positivo il fatto che nel programma degli hotspot sia previsto anche un ruolo importante per Europol ("Europol ed Eurojust assisteranno lo Stato membro ospitante con indagini volte a smantellare le reti della tratta e del traffico di migranti").
Ma una vera politica europea di migrazione non può limitarsi a misure emergenziali, a breve termine. Il problema si risolve solo se parallelamente mettiamo in atto una politica che si distingue per la lungimiranza.
Da subito l'Unione Europea deve convocare un tavolo di confronto di altissimo livello al quale partecipino tutti i Paesi toccati dal problema dei rifugiati che adesso arrivano in Europa: per esempio la Turchia, la Giordania, i Paesi africani. A noi europei deve essere chiara una cosa: se cerchiamo NOI da soli di risolvere il problema dei rifugiati, non lo risolveremo! In passato abbiamo fatto lo sbaglio di cercare troppo poco il dialogo con i nostri vicini nel Medio Oriente e in Africa. È molto positivo il prossimo summit che ci sarà l'11 e il 12 novembre a Malta fra i paesi dell'Unione Europea e i paesi africani. Questo summit deve diventare un tavolo permanente affinché i destini dell'Europa e dell'Africa in futuro si intreccino ancora di più.
Poi l'impegno per una politica di pace preventiva e lungimirante deve essere un dovere per l'Europa. L'ottimo lavoro dell'Alto rappresentante dell'Unione, Federica Mogherini, si muove in questa direzione e va sostenuto con forza. Una politica di pace lungimirante significa anche fare un politica europea in agricoltura, nella pesca, nel commercio che non danneggi ma che aiuti i Paesi in Africa e in Asia. Questo comporterà delle decisioni difficili - ma lo stesso un cambio in questo senso è indispensabile se vogliamo un mondo più pacifico, con meno conflitti e di conseguenza anche con meno ondate di rifugiati. Più dialogo con i Paesi africani. Noi riteniamo che sia fondamentale. Proprio per questo lo avevamo posto tra le priorità del nostro Semestre di Presidenza dell'Eu. Ma forse si può obbligare l'Europa ad adottare una clausola "proteggi Africa". Una sorta di verifica di tutti gli atti adottati dall'Unione Europea onde evitare che abbiano come effetti collaterali conseguenze negative per i paesi in via di sviluppo.
Rimane il problema del conflitto in Siria. Un problema che va affrontato con un sostegno forte alle forze regionali che combattono l'Isis, ma anche con un nuovo sforzo diplomatico. Risolvere presto il conflitto in Siria è una priorità. In questo sforzo vanno coinvolte tutte le forze di rilievo che possono dare un contributo. Compresa la Russia. La Siria e il problema dei rifugiati dimostrano che per affrontare i problemi del mondo intorno a noi è meglio essere con la Russia " on speaking terms ".
In tutto questo non dobbiamo dimenticare una cosa: la Siria è un problema che va affrontato con urgenza. Ma l'Europa deve aver presente anche la situazione in Libia, come pure in altre regioni dell'Africa. La maggior parte dei rifugiati in Italia arriva ancora dai paesi africani. Anche paesi come la Germania, che accolgono in primis rifugiati provenienti dalla Siria, devono capire che non c'è una politica lungimirante sulle questioni migratorie se l'Europa non dedica la massima attenzione alla situazione in Africa.
L'Europa è il più grande successo della nostra generazione. Non possiamo lasciare che fallisca davanti al primo vero grande problema che si trova ad affrontare. Di fronte alla questione migratoria l'Europa è chiamata a non tradire i propri valori.