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MIGRAZIONI – mostra personale di Danilo Maestosi

Creato il 18 novembre 2010 da Fasterboy

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Galleria Ca’ d’Oro
Piazza di Spagna 81
00187 Roma
06.6796417, fax: 06.6797550
Dal 19 novembre al 3 dicembre 2010
Orario: 10:30-13:30 e 15:30-19:00
Sabato pomeriggio e domenica chiuso

MIGRAZIONI
APPUNTI DI UN VIAGGIO INFINITO
di
DANILO MAESTOSI

Venerdì 19 novembre la Galleria Ca’ d’Oro inaugura nella sede di piazza di Spagna 81 la mostra Migrazioni del pittore e giornalista romano Danilo Maestosi.
“Appunti di un viaggio infinito”: così nel sottotitolo l’autore ha voluto battezzare le dodici opere su tavola con cui, dopo l’ultima serie di quadri dedicata alla musica ed esposta nel 2009 nella Galleria Studio S Arte Contemporanea e al museo del Vittoriano nel marzo di quest’anno, inizia un nuovo ciclo di lavori che porta in scena e traduce nel linguaggio pittorico del lirismo astratto il tema attualissimo e complesso dell’emigrazione e dell’immigrazione.

«Il nomadismo – spiega l’autore – è linfa del nostro sangue. Che ci piaccia o no siamo tutti figli di emigranti. Da popoli in fuga, in esilio o in cerca di fortuna è nata la nostra civiltà. Inarrestabile il cammino delle migrazioni. E prezioso. Se ci immergiamo nella profondità di questo vortice che costruisce e distrugge la Storia. Se coltiviamo la memoria anche recente di quest’esperienza comune. Ed evitiamo di chiuderci a riccio di fronte alla diversità che ci spiazza. Senza dimenticare che dietro ogni migrazione c’è l’ombra di una catastrofe e di un naufragio. E il nostro immaginario è una spiaggia o un fondale di rovine e relitti».

Quello che Maestosi propone è dunque una sorta di itinerario a sbalzi temporali alla ricerca di radici comuni dimenticate o rimosse che i conflitti del presente e la memoria del passato, che lega tra loro le culture del mondo, fanno riaffiorare. Ogni tavola una tappa di questo viaggio. Può essere l’evocazione di Lucy, quel teschio di ominide che ha obbligato gli studiosi della preistoria ad ambientare in Africa l’alba dell’umanità e i nostri debiti di primogenitura. O la rivisitazione della Torre di Babele come paradiso perduto di convivenza. O ancora la rappresentazione, sulle note di una vecchia canzone popolare, di quel vortice di paura che fino a pochi secoli fa accompagnava le scorribande della pirateria saracene sui nostri lidi e oggi si specchia nel moto di panico e di rigetto cui molti di noi vivono gli sbarchi degli immigrati sulle nostre coste, nell’angoscia e nella disperazione di chi approda su quella che credeva una terra promessa.
Spunti di riflessione collettiva e di autocoscienza affidati ad una pittura che cerca senso e linfa immergendo segni e colori nel caos problematico e fecondo della diversità, tentando di restituire all’astrazione la capacità di immergersi nelle pulsioni profonde dell’io . «In tal modo – spiega Ennio Calabria nell’introdurre questa mostra – la poetica di Maestosi intercetta il nostro tempo. Oggi, infatti, tutti gli spessori simbolici del mondo, esiliati dal trionfo della società della “superficie”, si nascondono nel profondo della personalità, molto più in profondità del livello più superficiale in opera la consapevolezza. Così l’Io intrigato con l’immagine complessa del mondo, ormai occultata nell’atemporalità dell’”Es”, deve di nuovo relazionarsi con l’attuale fisico e vuoto mondo esterno e deve, nel magma di quell’intrigo, ridisegnare la diversità come identità delle culture. Questo è lo scenario in cui acquisisce senso il processo creativo di Maestosi che per questo si presenta come esperienza attualissima e volta al futuro… Oggi, per l’aumento della velocità degli scambi, il pittore soggetto collassa nell’oggetto, i geni reciproci si mescolano e occorre scendere in essi, essere essi, per ridefinire le reciproche identità. Ed è lì che la pittura di Maestosi cerca, è lì che intercetta il nomadismo interiore delle identità per salvarle dall’entropia di una globalizzazione e di un pensiero unico».


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