Mikhail Khodorkovskij
L’ex boss del petrolio Mikhail Khodorkovskij, in carcere dal 2003 con l’accusa di evasione fiscale e corruzione, potrebbe essere liberato entro la fine del mandato presidenziale di Dmitrij Medvedev: si rafforzano sempre di più le possibilità che, prima di lasciare il Cremlino, l’attuale presidente possa concedere la grazia all’ex patron della Yukos-Sibneft, il colosso energetico privato russo che, ad inizio anni Duemila, era il principale concorrente di Gazprom. Ad inizio marzo, all’indomani della vittoria elettorale di Putin, Medvedev aveva chiesto un parere al Consiglio Presidenziale sui Diritti Umani, sulla legittimità della concessione della grazia pur in assenza di una formale richiesta di perdono da parte di un detenuto: ebbene, l’organo consultivo presidenziale ha deliberato che il Capo dello Stato ha effettivi poteri di concedere la grazia a chiunque egli voglia, indipendentemente dalla presenza di una richiesta di perdono. Un riferimento chiaro a Khodorkovskij, che non ha mai voluto avvalersi di questa possibilità che di fatto lo avrebbe obbligato a riconoscersi colpevole.
Dopo l’incontro che Medvedev avrà ad aprile con i giuristi del Consiglio per i diritti umani, la liberazione di Khodorkovskij potrebbe arrivare per i primi di maggio, quando Medvedev terminerà il suo mandato, indipendentemente da quelli che saranno gli esiti dell’inchiesta, commissionata dal Presidente al Procuratore Generale Jurij Chaika all’indomani della vittoria di Putin alle elezioni presidenziali, sulla regolarità dei processi che tengono l’ex re del petrolio dietro le sbarre da nove anni.
Il caso-Khodorkovskij è stato uno dei punti di disaccordo più evidenti nei quattro anni di tandem Medvedev-Putin. Anche se ultimamente ha un po’ mitigato le sue posizioni, dicendosi disponibile a graziare l’ex oligarca in cambio di un riconoscimento di colpevolezza, Putin in passato si è dichiarato contrario ad un atto di clemenza verso “un ladro il cui posto è in carcere”, mentre Medvedev, di contro, ha spesso sottolineato che un’eventuale liberazione di Khodorkovskij non avrebbe comportato rischi per la nazione. Una linea morbida che suscitò l’attenzione dello stesso ex petroliere, che in una lettera aperta pubblicata dal quotidiano Vedomosti nel febbraio 2011 si rivolse direttamente al presidente russo esortandolo a ripristinare la giustizia, denunciando di fatto di essere rimasto vittima di un complotto.
Prima di essere arrestato con l’accusa di aver frodato il fisco, Mikhail Khodorkovskij aveva creato quasi dal nulla un impero finanziario che ruotava intorno alla Yukos, un’ex azienda petrolifera di Stato acquisita nel 1996 grazie agli aiuti del clan Eltsin, all’epoca al potere e a cui era strettamente legato. Dopo l’uscita di scena del padre della Russia moderna, i suoi rapporti con il Cremlino divennero in breve tempestosi: le mai celate aspirazioni presidenziali del petroliere si andarono in breve a scontrare con la brama di potere del nuovo presidente, Vladimir Putin.