Il nuovo direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, che dal Gennaio scorso ha sostituito Frida Giannini, dopo la sua prima collezione donna presentata ieri a Milano sottolinea nel backstage che non è facile provare a fare qualcosa di diverso. E questo è veramente lusinghiero, ammirevole lo sforzo. Il cambio radicale alla sfilata di ieri era palpabile già dalla disposizione scenica dello spettacolo dove era mutata la collocazione dei posti, eliminata la seconda sfilata (Gucci ne faceva sempre due), passerella quadrata (ma simile a quelle viste la settimana scorsa a New York), modelli pressoché sconosciuti, pareti piastrellate quasi ci trovassimo in una qualsiasi stazione della metropolitana.La collezione esprime, o vorrebbe esprimere, un romanticismo androgeno. Discorso che Michele aveva già appuntato con la collezione uomo presentata lo scorso gennaio.Una tale commistione di genere che spesso non era visibile all’occhio la differenza tra uomo e donna, e non solo per i modelli in passerella ma anche per gli stessi abiti presentati. Quasi Michele volesse coprire con un velo il confine dei sessi.Lo stesso stilista spiega “la sensualità è qualcosa che è dentro di te” e aggiunge “ci sono un sacco di belle ragazze che possono apparire come un uomo…”. Invece, la decisione di far indossare a quasi tutti i modelli degli occhiali, Michele la giustifica come la celebrazione dell’imperfezione.Vi riporto la frase che ho letto stanotte su una nota rivista di moda con cui chiude il proprio articolo “Now all that remains to be seen is, will Gucci's customers understand Michele's new modern fashion language?” Sì, perché alla fine coloro che decretano il successo o l’insuccesso di una collezione sono i clienti. Sono le vendite. E quindi è corretto domandarci come i clienti di Gucci hanno recepito questa collezione. Michele esprime semplicemente il proprio pensiero, le proprie idee o ha capito e interpretato il gusto dei propri clienti? Un cliente Gucci come può interpretare e accogliere la celebrazione dell’imperfezione? Io, nel mio piccolo, quando indosso un capo Gucci voglio pensarmi bello, e pefetto e se devo anche sognare vorrei non ritrovarmi nella stazione di una metropolitana!
Il nuovo direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, che dal Gennaio scorso ha sostituito Frida Giannini, dopo la sua prima collezione donna presentata ieri a Milano sottolinea nel backstage che non è facile provare a fare qualcosa di diverso. E questo è veramente lusinghiero, ammirevole lo sforzo. Il cambio radicale alla sfilata di ieri era palpabile già dalla disposizione scenica dello spettacolo dove era mutata la collocazione dei posti, eliminata la seconda sfilata (Gucci ne faceva sempre due), passerella quadrata (ma simile a quelle viste la settimana scorsa a New York), modelli pressoché sconosciuti, pareti piastrellate quasi ci trovassimo in una qualsiasi stazione della metropolitana.La collezione esprime, o vorrebbe esprimere, un romanticismo androgeno. Discorso che Michele aveva già appuntato con la collezione uomo presentata lo scorso gennaio.Una tale commistione di genere che spesso non era visibile all’occhio la differenza tra uomo e donna, e non solo per i modelli in passerella ma anche per gli stessi abiti presentati. Quasi Michele volesse coprire con un velo il confine dei sessi.Lo stesso stilista spiega “la sensualità è qualcosa che è dentro di te” e aggiunge “ci sono un sacco di belle ragazze che possono apparire come un uomo…”. Invece, la decisione di far indossare a quasi tutti i modelli degli occhiali, Michele la giustifica come la celebrazione dell’imperfezione.Vi riporto la frase che ho letto stanotte su una nota rivista di moda con cui chiude il proprio articolo “Now all that remains to be seen is, will Gucci's customers understand Michele's new modern fashion language?” Sì, perché alla fine coloro che decretano il successo o l’insuccesso di una collezione sono i clienti. Sono le vendite. E quindi è corretto domandarci come i clienti di Gucci hanno recepito questa collezione. Michele esprime semplicemente il proprio pensiero, le proprie idee o ha capito e interpretato il gusto dei propri clienti? Un cliente Gucci come può interpretare e accogliere la celebrazione dell’imperfezione? Io, nel mio piccolo, quando indosso un capo Gucci voglio pensarmi bello, e pefetto e se devo anche sognare vorrei non ritrovarmi nella stazione di una metropolitana!
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