«Sapevo che sarebbe venuto questo momento da quando ho accettato il contratto dell'Inter. Però sono un uomo libero che non ha mai firmato compromessi con nessuno e per questo mi sento con la coscienza tranquilla»...«Anche da giocatore - ha spiegato - non ho mai pensato che le partite fossero decise dal tecnico e non da chi va in campo, perciò questa non sarà la mia partita»...
«Ognuno può pensarla come vuole. Se i giocatori del Milan parlano bene di me si dice che è per riconoscenza; se ne parlano male è perché sono avvelenati che me ne sono andato. Non voglio che si sentano obbligati a un giudizio. Io ho fatto una scelta, consapevole di quello che poteva succedere. Quando lasciai il Milan dissi che per quest'anno non avrei allenato e non è stato così però tutta la mia storia è confusa: quando smisi di giocare passai sei anni senza pensare a questo mestiere, l'ho fatto al Milan e sinceramente credevo fosse finita, invece sono venuto qui. Le cose succedono e io le rifarei tutte»....«Non devo dimostrare niente a nessuno . Ho fatto ciò che mi sembrava giusto e non posso dire che la mia sia una brutta situazione». Se l'Inter segnasse esulterebbe o eviterebbe di farlo come certi calciatori? «E cosa ne so? Non posso conoscere in anticipo le mie emozioni. Mi chiedete addirittura come reagirò se qualche giocatore del Milan mi insulterà. A parte il fatto che un giocatore non concentra nelle tre ore in cui sta a San Siro tutta la rabbia nei miei confronti, i legami c'erano, ci sono e continueranno ad esserci. Non so prevedere cosa succederà. So che io mi avvicinerò al match come tutte le altre volte. Non andrò in campo per la rifinitura, resterò nello spogliatoio fino all'ultimo, mi siederò in panchina convinto che non ci stiamo giocando lo scudetto in una partita. Psicologicamente il derby conta più che per la classifica, con le gare che restano. Tutto qui. A 30 anni ho vissuto una fase di introspezione e ne sono uscito con il proposito di vivere il calcio con allegria perché mi dà tanto. Lo farò finchè non ci sarò più».