Milan, la macchina perfetta di Sacchi e Capello

Creato il 23 marzo 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Negli anni ’80-’90 c’era un Milan capace di vincere tutto ciò – o quasi – che poteva vincere. Un Milan diverso rispetto a quello attuale, quando Sacchi e Capello riuscirono a creare un Diavolo perfetto, che vinse 17 trofei in 9 anni sotto le guide dei due tecnici.

In questa stagione di Serie A, come del resto la passata stagione, il Milan sta vivendo un periodo buio, il peggiore dell’era Berlusconi. I tifosi sono perplessi di fronte ad una squadra spaesata, incapace di ottenere buoni risultati e di giocare come il Diavolo ha sempre – o quasi – saputo fare. I milanisti di vecchia data ricorderanno sicuramente il favoloso Milan degli anni ’80 e ’90. Un Milan fortissimo che, tra le guide dei “principianti” Arrigo Sacchi e Fabio Capello, si affermava, oltre che nel calcio italiano, anche nel calcio europeo, divenendo una delle squadre più forti ed ambiziose del continente nostrano.

IL MILAN DI ARRIGO SACCHI: 1989-1991

Il 3 luglio 1987 Arrigo Sacchi diventa il nuovo allenatore del Milan, sostituendo in panchina Fabio Capello – che aveva guidato i rossoneri nelle ultime 6 gare del campionato 1985-86 al posto dell’esonerato Nils Liedholm -. Per il popolo rossonero fu una sorpresa, in quanto Sacchi, all’epoca, veniva da qualche esperienza nelle serie cadette. Il presidente Berlusconi si innamorò di Sacchi quando quest’ultimo eliminò proprio il Diavolo dalla Coppa Italia con il Parma, che lo portò dalla Serie C1 – l’attuale Lega Pro Prima Divisione – alla Serie B.

Sacchi portò nel Diavolo e in Italia un rivoluzionario 4-4-2. Il cosiddetto “4-4-2 in linea” prevedeva, appunto, 4 difensori in linea, con i terzini che fungevano da pendolini aiutando in fase offensiva – la maggior parte dei cross provenivano proprio dai terzini -. A centrocampo, Sacchi prediligeva un mediano appostato davanti alla difesa, un trequartista, un jolly onnipresente capace di ricoprire tutti i ruoli e un velocista. In attacco, la prima punta veniva supportata da un altro attaccante che giostrava qualche metro più indietro. La formazione perfetta del Milan di Sacchi era così composta: Galli, Tassotti, Maldini, Costacurta, Baresi; Donadoni, Rijkaard, Ancelotti, Evani; Gullit, Van Basten. Questo Milan così composto era quasi una macchina perfetta, ma che ha richiesto del tempo per carburare. I primi risultati di Sacchi, infatti, non sono soddisfacenti. Dopo un inizio non brillante, i tifosi, non contenti, gridano a gran voce le dimissioni dell’allenatore di Fusignano. Berlusconi, tuttavia, non demorde, e il tempo gli darà pure ragione. Al primo anno, i rossoneri concludono il girone d’andata di Serie A al secondo posto e, nel ritorno, compie la rimonta con sorpasso ai danni del Napoli di Maradona: i rossoneri vincono così l’11° Scudetto della loro storia. Nella stagione 1988-89, invece, sfuma lo Scudetto – vinto dal Napoli – ma arriva la terza Coppa dei Campioni. Dopo aver eliminato in semifinale il Real Madrid – con il risultato di 5-0 nella gara di ritorno -, i rossoneri si laureano campioni d’Europa battendo in finale il Barcellona con un sonoro 4-0. Nei due anni successivi, dopo aver vinto Supercoppa Italiana, Supercoppa Europea e Coppa Intercontinentale nel 1989-90, il Milan si mantiene ai vertici del campionato ma senza ottenere nuovi trofei.

IL MILAN DI FABIO CAPELLO: 1991-1996

L’era di Sacchi si conclude nel 1991, quando Arrigo viene nominato CT della Nazionale Italiana. Al suo posto, dunque, ritorna un esordiente Fabio Capello. Come con Sacchi, il pubblico rossonero si divide: la poca esperienza da allenatore non convince del tutto i milanisti. Ma a smentirli ci pensa proprio il friulano di Pieris. Se la squadra di Sacchi era una macchina quasi perfetta, quella di Capello raggiunse la perfezione. La società rossonera si afferma in Italia vincendo quattro scudetti di cui tre consecutivi – 1991-92, 1992-93, 1993-94, 1995-96 -, e si afferma pure in Europa, vincendo una Coppa dei Campioni – la quarta – nella stagione 1993-94.

Anche Fabio Capello prediligeva il 4-4-2 “sacchiano”. La formazione perfetta era così composta: Rossi, Panucci, Costacurta, Baresi, Maldini; Donadoni, Albertini, Desailly, Boban; Savicevic, Weah. La grande potenza del Milan di allora viene anche confermata dai record che Capello & Co. riescono a centrare. Il più importante è il record di 58 partite consecutive senza sconfitte in campionato, iniziato il 26 maggio 1991 – ultima giornata con Sacchi ancora in panchina – e terminato il 21 marzo 1993, quando Faustino Asprilla, con la maglia del Parma, interruppe un record che finora nessuno è mai riuscito a superare. Quel Milan rappresentava la perfezione: grazie ad una rosa stellare, il Diavolo è riuscito a fare incetta di trofei, divenendo una delle squadre più titolate ed ambiziose. Il suo carattere, la sua forza e la sua tenacia fecero in modo di mantenere la società dell’ex via Turati – ora via Aldo Rossi – nel punto più alto della Serie A, una Serie A che, a quell’epoca, poteva vantarsi di essere il miglior campionato d’Europa.

Per i milanisti non resta che inorgoglirsi del glorioso passato, senza commettere l’errore di non considerare presente e, soprattutto, futuro. Ma è anche vero che, considerando questo oscuro presente, la nostalgia per i tifosi si fa sentire. Il popolo rossonero spera, dunque, in un futuro luminoso, ma ci vogliono lo stesso carattere, la stessa forza e tenacia che spinsero il grande Milan alla conquista dei trofei più importanti. Tutti requisiti che, al momento, la squadra di Inzaghi non possiede.

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