MILANO. Cyberbullismo e web-dipendenze, il CSSCS lancia l’allarme: gravi carenze dei genitori nell’educazione al digitale.
Creato il 29 aprile 2015 da Agipapress
MILANO. Il cyber bullismo è in aumento e rappresenta una vera e
propria emergenza sociale.
Gli ultimi dati resi noti dalla Polizia Postale
evidenziano come si possa essere vittime di bullismo in rete già a nove anni.
Un fenomeno che deve essere contrastato immediatamente agendo su un doppio
binario: la prevenzione primaria da una parte, e la capacità di riconoscere e
risolvere il cyberbullismo, quando in atto, dall’altra.
Lo stesso discorso vale per le nuove dipendenze
tecnologiche, come internet, smartphone e tablet.
In entrambi i casi, protagonisti indiscussi sono i
genitori che, insieme alle istituzioni scolastiche, giocano un ruolo primario nella
battaglia contro i risvolti negativi che spesso porta con sé la rivoluzione
digitale.
Un ruolo che però sembra non essere ancora chiaro ai più. E’ quanto emerge dai primi dati raccolti all’interno
dell’indagine del CSSCS (www.centrostudicomunicazionesociale.com) parte del più ampio progetto “Non lasciarmi solo”, rivolto ai genitori dei
nativi digitali.
“La tecnologia e la sua portabilità,
stanno andando molto più velocemente della presa di coscienza di genitori,
adulti e, spesso, istituzioni ‐ spiega Lara Motta esperta in comunicazione e
presidente della Commissione Nazionale sulla Comunicazione Pubblica e Sociale
del CSSCS -. A farne le spese sono i
nativi digitali che sono i primi a sperimentare, sulla propria pelle, il lato
oscuro dei social e le conseguenze di una ipertecnologizzazione, spesso
alienante, della vita e della società. Bambini e ragazzi che crescono in
compagnia della tecnologia come elemento naturale, senza però ricevere, di
contro, una reale guida o un’educazione al loro utilizzo critico. Nella maggior
parte dei casi si riscontra l’assenza di un
controllo e di una formazione continuativa e concreta, sia da parte dei
genitori sia della scuola”.
“La cosa più sorprendente - prosegue Lara Motta - è
notare come molti di questi genitori siano attenti, e talvolta addirittura
apprensivi, in tutti gli altri ambiti della vita quotidiana dei figli, salvo
poi dimostrare un’allarmante superficialità nel controllo e nell’educazione dei
loro bambini e ragazzi quando si tratta dell’uso (e abuso) della rete e dei
dispositivi tecnologici.
Basti pensare che un’azione semplice come l’attivazione
delle modalità di protezione, che bloccano la navigazione verso siti inadatti
ai ragazzi e con contenuti potenzialmente discutibili, viene effettuata solo da
1 genitore su 10”.
Inesperienza o
superficialità? Cosa si cela dietro a un atteggiamento, spesso
noncurante, del genitore?
Come spiega Lara Motta, i motivi sono molteplici:
“Spesso si tratta di genitori inesperti nei confronti delle nuove tecnologie,
perché anagraficamente o culturalmente distaccati.
Altre volte, invece, si
nascondono dietro alla scusa dell’inarrestabile progresso, per giustificare una
certa pigrizia nel controllo dei propri figli. Sono sempre più frequenti i casi
in cui la tecnologia diventa un vero e proprio sostituto del genitore, il quale
approfitta del mezzo tecnologico come strumento privilegiato d’intrattenimento
del bambino, fin dai primi anni di vita, favorendone in alcuni casi la
dipendenza. Altri genitori sono semplicemente ingenui: spesso, pur essendo loro
stessi utenti dei social network, non si rendono conto fino in fondo dei rischi
che si possono correre online, per superficialità o per mancanza di una formazione
mirata. Non sono in grado di tutelare la propria privacy, tantomeno quella dei
figli. Alcune volte, invece, sono gli stessi genitori ad avere in rete una condotta
scorretta, forti di una percezione, spesso errata, d’impunibilità nella vita virtuale.
E’ chiaro che hanno bisogno, in primis, di essere loro stessi oggetto di importanti
percorsi di rieducazione e che quindi non possono rappresentare una guida valida
per i propri figli”.
(mpa)
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