Tardo poliziottesco targato 1978; Milano, difendersi o morire, narra la storia di Pino Scalise, un giovane reduce da un lungo soggiorno in galera.
All’uscita dal carcere, il giovane è costretto a cercarsi un rifugio e lo trova presso un suo zio, padre di due giovani, Teresa e Marina.
Casualmente, Pino incontra la cugina Marina in un locale dove la giovane si prostituisce.
La banda da cui è virtualmente tenuta prigioniera la ragazza è retta con pugno di ferro da Don Ciccio, sulle cui tracce è il commissario Marani, che agevola il rientro di Pino nella società civile, sicuro che il giovane lo condurrà proprio sulle tracce del boss.
Don Ciccio ben presto decide di utilizzare il giovane per i suoi loschi traffici, e ricattandolo tenendo sotto sequestro la giovane Marina, tenta di piegare il giovane ai suoi voleri.
Dopo alcune vicissitudini, Pino sarà costretto a cedere al volere del boss, che nel frattempo ha preso in ostaggio anche Teresa.
Così Pino è costretto a diventare un trafficante di droga, ma il commissario Marani vigila………
Marc Porel e Anna Maria Rizzoli
Milano, difendersi o morire, diretto da Gian Antonio Martucci è un classico poliziottesco, talmente classico da non distinguersi dai molti altri cloni della seconda metà degli anni settanta.
Nessun elemento innovativo; la miscela è quella tradizionale del genere.
Il solito commissario solerte e furbo, il delinquente che tale non è alla ricerca del riscatto, le bellone di turno, il rapimento, il cattivone che riceve la giusta punizione.
Sangue, un pò di violenza, il traffico di droga, lo sfruttamento della prostituzione.
Il cast fa il suo dovere con sufficienza, mettendo in mostra un George Hilton in versione standard, con faccia adeguata e furbizia latente nei panni del commissario di polizia, un Marc Porel abbastanza convincente nei panni del giovane Pino, angariato dal suo passato e dal solito boss spietato.
A loro due si aggiungono le due sorelle Marina e Teresa, la prima interpretata dalla bella Anna Maria Rizzoli, la seconda dall’affascinante Barbara Magnolfi, che si segnala anche per una sequenza di nudo mozzafiato davanti ad uno specchio.
Poco altro da segnalare per un film anonimo, nè bello nè brtto, che comunque è passabile quanto meno sul piano del ritmo, anche se sembra una ripetizione di tante altre pellicole di questo genere che furoreggiò per qualche anno nella parte centrale e successiva degli anni settanta.
Tra i comprimari segnalo l’onnipresente Al Cliver.
Barbara Magnolfi
Milano… difendersi o morire, un film di Gianni Martucci. Con George Hilton, Marc Porel, Al Cliver, Anna Maria Rizzoli, Guido Leontini, Barbara Magnolfi, Nino Vingelli, Franco Diogene
Poliziesco, durata 98 min. – Italia 1978.
Marc Porel … Pino Scalise
George Hilton … Commissario Morani
Anna Maria Rizzoli … Marina ‘Fiorella’
Al Cliver … Domino
Mario Novelli … Nosey
Guido Leontini … Don Ciccio
Silvia Mauri … Anna
Osvaldo Natale … Assistente Natale
Amparo Pilar … Assunta
Parvin Tabrizi … Alicante
Nino Vingelli … Nicola
Barbara Magnolfi … Teresa
Regia Gianni Martucci
Produttore Giuseppe Zappulla
Casa di produzione Ariete Cinematografica
Distribuzione (Italia) Rex Films Home Video
Fotografia Richard Grassetti
Montaggio Vincenzo Vanni
Musiche Gianni Ferrio
Scenografia Sergio Palmieri (arredatore)
Costumi Marika Flandol
“Porel, malavitoso appena scarcerato, per amore di una prostituta (Anna Maria Rizzoli) subisce ricatti, sino a decidere di collaborare con il commissario Morani (un Hilton sottotono a dir poco). Mediocre polizi(ott)esco diretto da un cineasta più versato alla commedia (La collegiale, La dottoressa sotto il lenzuolo) e titolare del controverso I frati rossi, horror gotico realizzato fuoritempo massimo. Carico di scene erotiche e con dose di nudo più insistito – garantito dalle belle presenza femminili (la Rizzoli e la Magnolfi) – fa sfoggio di scene fuori tema, a cominciare dai titoli di testa.
Poliziottesco in piena regola incentrato su uno dei temi principe del genere: il revanchismo. Nessuna novità e tante ovvietà per una pellicola di scarso interesse e consigliata solo ai fan del genere. Anche la confezione non presenta alcun elemento di particolare rilievo.
Un film non brutto, ma sostanzialmente piatto. I bellissimi titoli di testa fanno sperare nel classico filmaccio “di genere” sporco, marcio e claustrofofico, ma ben presto la storia prende una piega banale e scontata. La sceneggiatura è mediocre, i dialoghi funzionano abbastanza bene ma quello che manca è proprio la struttura narrativa, che risulta piuttosto approssimativa. Un film che tutto sommato si segue piacevolmente, ma per gli appassionati del cinema di genere c’è di molto, ma molto meglio.
Più noir che poliziesco. Film che racconta una storia semplice con una sceneggiatura senza particolari buchi che si segue piacevolmente ma che però non offre grandi idee. Purtroppo il film soffre di una fase centrale piuttosto lenta e noiosa mentre il resto del film è gradevole, soprattutto l’inizio. Marc Porel è piuttosto “imbolsito”, Hilton nel ruolo del commissario non ha mai molto convinto. Le attrici del film si offrono quasi tutte in nudi integrali. Girato sì a Milano (periferia però), ma diversi automezzi hanno la targa di Cremona…
Fumettone melodrammatico con qualche spruzzata di poliziottesco. Hilton è valido come Commissario sopra le righe, Porel fa l’ex galeotto siculo ma è doppiato con accento francese e Leontini da semplice sgherro, in altre più dignitose pellicole, si trasforma in boss tendente alla lacrimuccia. Vari nudi integrali (bello quello della Magnolfi, finta sedicenne). Risultato molto sotto la media con scene d’azione raccogliticce e una Rizzoli oca monolitica.
I titoli di testa su immagini documentaristiche virate in seppia (cariche della polizia, manifestanti a volto coperto, tossici che si bucano) lasciano ben sperare; invece segue un melodramma di impostazione ottocentesca e i tutti i luoghi (commissario duro ma comprensivo, la puttana dal cuore d’oro…) della celebre “sceneggiata napoletana” direttamente chiamata in causa da Al Cliver. Siccome il budget è basso, il perfido boss è Guido Leontini, più credibile nei panni abituali del gregario.
L’ho finito a fatica, molto noioso. Mi è parso più una “sceneggiata” che un vero e proprio poliziottesco, anche perché l’azione langue assai. Splendida la Rizzoli. Belle e adatte le musiche di Gianni Ferrio, anche se in un pezzo copia paro paro Dave Brubeck.”