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Milano e Simone

Creato il 28 settembre 2011 da Martahasflowers
Milano e Simone
Milano è la mia città
ed è una città che amo.
Ha tanti difetti,
così noti che non ho voglia di elencarli, 
però la trovo bella (a volte, non sempre, non ovunque),
addirittura poetica e quasi magica (a tratti).
Mi piace perché ha una misura rassicurante,
non paese non metropoli.
Mi piacciono i viali,
ma anche le piccole strade nascoste,
le sue boutique e le sue botteghe, che a fatica resistono.
Mi piace perché ha ancora i quartieri,
mi piace perché è multietnica (adesso)
e in fondo i suoi immigrati ha saputo accoglierli,
nonostante de corato e salvini
(ma ora aspettiamo la moschea).
Mi piacciono anche i milanesi: generalmente sono gentili e nemmeno troppo chiusi.
Però sabato è successa una cosa che non mi è piaciuta.
Ero in macchina con i tre picciriddi al semaforo di piazzale Lima.
Dove passa corso Buenos Aires, al centro della movida da shopping.
Avevo venti auto dietro di me e centinaia di persone davanti e intorno.
All'improvviso simone mi dice che sta male.
Nello stesso istante scatta il verde.
Panico.
Gli dico di scendere e parto.
Supero la piazza, ma non posso fermarmi subito, perché le auto in seconda fila arrivano fino a via vitruvio inoltrata.
Finalmente trovo un buco e parcheggio.
Mollo in macchina lorenzo ed ettore
e corro da simone.
Lo trovo attaccato a un cestino della spazzatura che vomita l'anima.
Intorno ha centinaia di persone.
Solo che non lo guardano.
Nemmeno lo vedono.
Uomini, donne, ragazzi, bambini, giovani, vecchi:
nessuno, proprio nessuno che si sia avvicinato.
Peggio, nessuno che si sia accorto di questo bambino che vomitava da solo in un cestino della spazzatura.
A milano.
Voglio dire: simone ha dodici anni ed è fatto come un bambino.
Non può in alcun modo sembrare un adolescente in preda a crisi di astinenza.
Non può essere scambiato per un tossico.
Non può far paura.
E infatti non ho visto gente che lo guardava da lontano, in dubbio se avvicinarsi o meno.
La gente proprio non lo vedeva.
E questo è pure peggio.
Camminare con i paraocchi,
con la propria meta in testa,
quella e solo quella,
senza alcuna attenzione per ciò che succede intorno.
Essere sordi e ciechi.
Non so che cos'ha pensato simone. Non mi ha detto niente.
Ma io mi sono vergognata.
Per il messaggio che gli è arrivato.
Per come si sentirà indifeso, da ora, camminando solo per le strade della sua città.
Un pensiero ad Alberto Fortis, che ha scritto la mia canzone sulla mia Milano.

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