Il titolo l'ho scelto perché io mi rapporto col capoluogo lombardo, ma forse vale anche per altre grandi città. Anche se Milano ha una dimensione tutta particolare nel discorso che mi accingo a fare.
Questo è anche un post un po' rischioso, perché potrei urtare la sensibilità di qualche amico o amica. Infatti, anche se non cito nomi e cognomi, ho in mente delle persone ben precise mentre vi sto scrivendo. Tuttavia faccio affidamento sul buon senso comune. È evidente che non ce l'ho con loro, bensì con il contesto.
Ma quale contesto? Milano che ti corrode e ti corrompe, ecco qual è il contesto.
Precisiamo che si parla di arte e creatività, anche se il discorso potrebbe estendersi anche alla cosiddetta vita comune.
Intanto diamo a Cesare quel che è di Cesare: senz'altro Milano è la città italiana con più movimento artistico, vuoi anche per un semplice rapporto numerico tra abitanti e strutture specializzate in campo musicale, letterario, fotografico etc etc. Roma è avanti solo per quel che concerne il cinema e la regia in generale (almeno credo). Del resto non è un caso se la gran maggioranza delle persone che lavorano nel campo della musica, cantanti compresi, presto o tardi si trasferiscono qui per dedicarsi al 100% alla loro carriera. Idem per quel che riguarda la fotografia: basta controllare un qualsiasi sito dedicato a questa passione per accorgersi che il 35-40% degli iscritti – su un totale di 20 regioni – sono milanesi o lombardi.
In campo letterario/editoriale non ho statistiche precise da citare, ma tutti sanno che moltissime case editrici, serie e meno serie, hanno sede nella città della Madonnina.
Un gran vantaggio abitare da queste parti, non ci piove.
Eppure.
Eppure Milano negli ultimi anni, diciamo dal nuovo millennio in poi, è diventata una pericolosa ragnatela. L'impressione che ho, vivendo giorno per giorno la città, è che c'è sempre più gente che parla di creatività e di arte e sempre meno che prova a produrla. Vedo branchi di ragazzotti finto-bohemien che si riempiono la bocca di discorsoni filosofico/artistici, vestendosi come dei perfetti imbecilli solo perché fa tendenza. Vedo eventi, eventi ovunque. Eventi pubblici, eventi esclusivi, eventi per promuovere qualunque cose, specialmente il nulla pneumatico che permea la vita di tanti figli di papà che credono di essere fotografi perché scattano due foto in croce, o musicisti perché fanno un paio di DJ set al mese.
Milano è un unico flusso ininterrotto di public relations.
Il che per me è insopportabile. L'atto creativo e lo scambio di idee diventano mere scuse per “conoscere gente” e per mettere in piedi indegni baracconi in cui l'importante è scambiarsi favori e organizzare i sopracitati eventi.
La sagra del niente, la fiera delle vanità e delle apparenze.
Credo ci sia poco altro da aggiungere. Chi frequenta la mia città probabilmente sa a cosa mi riferisco. Per esempio ai locali sempre pieni di artistoidi nullafacenti con più soldi sul c/c bancario che non idee in testa.
E allora a volte la voglia di scappare via da questo veleno è forte, specialmente per chi, come me, è immune a certe tentazioni, reputando le public relations (di un certo tipo) pure e semplici perdite di tempo e di autostima.