Le implicazioni per l’adattamento quando miliardi di cervelli sono considerati come deboli conduttori immersi nello stesso mezzo, il campo geomagnetico, vengono qui esaminate. Le soluzioni quantitative hanno indicato che l’intensità del campo “transcerebrale” prodotto da tutti i cervelli umani nel campo geomagnetico, è dello stesso ordine di magnitudine dei valori associati con i processi cognitivi e le espressioni alterate delle proteine nel cervello individuale...
Questa convergenza potrebbe combaciare ad uno dei criteri di un fenomeno simil-olografico. La transizione da 6 a 8 miliardi di cervelli sarebbe associata con le energie condivise in uno spazio cerebrale individuale le cui frequenze incrementano lungo la lunghezza d’onda elettromagnetica visibile, dall’infrarosso all’ultravioletto. La diffusività magnetica indica che tutti i cervelli sarebbero influenzati in circa 10 minuti. Le implicazioni per modifiche genetiche onnipresenti indotte, modifiche condivise in sequenze di proteine associate con la memoria durante il sonno rem e limitazioni sulla proliferazione delle specie vengono qui discusse. La specie umana è stata e continua ad essere immersa nel campo magnetico statico della Terra. La sua intensità generale ha una media attorno i 50.000 nT (0.5 gauss) con una discrepanza di circa un fattore 2 o 3 tra le regioni equatoriali e polari (1). Le aree abitate sopra grandi aggregati di minerali magnetizzati vicini alla superficie, come nell’anomalia di Kursk in Ucraina, sono di intensità 4 volte superiore alla media. Le fluttuazioni geomagnetiche, dovute principalmente ad alterazioni dell’attività solare mediate da modifiche nella velocità e densità delle particelle nel campo magnetico interplanetario (“vento solare”), vanno da un millesimo ad un centesimo di questa intensità stazionaria. Le durate di queste fluttuazioni sono dell’ordine di minuti con gamme medie di intensità nell’ordine dei 50-1000 nT. Questo rapporto è paragonabile alle differenze in magnitudine tra le differenze di potenziale stazionario (da circa 10 a 20 mV) tra le distanze rostrale e caudale del cervello umano e le frequenze estremamente basse delle fluttuazioni misurate sopra le cortecce cerebrali. La maggioranza dell’energia entro questa frequenza estremamente bassa si trova tra 1 e 40 Hz con magnitudini picco-picco tra 10 e 200 µV. Le misurazioni convenzionali tramite tecnologia elettroencefalografica moderna (QEEG) indicano solitamente una gamma tra 1 e 10 µV·Hz -1 [2]. Incrementi negli indici dell’attività geomagnetica globale, particolarmente quando i disturbi eccedono circa 25 nT, sono stati associati con incidenza incrementata di crisi epilettiche, di esperienze notturne insolite e alterazioni seguenti nel comportamento della popolazione vulnerabile (3). Le simulazioni sperimentali dell’intensità e delle forme temporali dell’attività geomagnetica in laboratorio, producono alterazioni paragonabili (4). Recentemente Mulligan et. al.(5) in Canada hanno replicato i risultati di Babayev e Allahveriyeva (6) in Azerbaijan per cui cambiamenti nell’energia cerebrale misurata tramite QEEG sono avvenuti durante incrementi dell’attività geomagnetica sopra i 25 e 30 nT. Le correlazioni più consistenti, di forza moderata, sono evidenti nelle bande di frequenza tetha (4-7 Hz) e gamma (35-45 Hz) sopra il lobo frontale destro che mostra un ruolo fondamentale nella ricostruzione della memoria autobiografica (7). Mulligan et. al. (5) hanno calcolato che le densità d’energia nel volume cerebrale dovuta ad incremento dell’attività geomagnetica sono dello stesso ordine di magnitudine di quelle associate col numero di neuroni corticali necessari a produrre i cambiamenti nelle misurazioni con QEEG. Tuttavia le alterazioni cerebrali associate con l’attività geomagnetica sono transitorie. Per la maggior parte del tempo biologico, la specie umana è continuamente esposta ad un componente più o meno “statico” del campo magnetico superficiale terrestre. Questa immersione simultanea di circa 6-7 miliardi di cervelli umani, che sono effettivamente microstrutture semiconduttrici in tale campo magnetico, può essere sufficiente a produrre un campo secondario che può avere implicazioni biologiche per la sopravvivenza e l’adattamento. Questo campo secondario potrebbe mostrare proprietà emergenti con caratteristiche qualitativamente differenti. In approcci precedenti (8) i riferimenti metaforici ad un campo secondario generato dall’esposizione di un grande numero di conduttori (come fili di rame funzionalmente adiacenti) ad un campo magnetico applicato, sono stati impiegati per descrivere questa condizione. In questo documento vengono offerte soluzioni quantitative che possono essere rilevanti per verificare la validità di questo approccio. Se le soluzioni sono persino parzialmente applicabili, le implicazioni per i meccanismi con i quali la nostra specie potrebbe adattarsi, richiederebbero una rivalutazione dei nostri presupposti fondamentali dei principi evolutivi ed ecologici.
In conclusione
L’immersione di miliardi di cervelli umani all’interno di un mezzo condiviso, il campo geomagnetico, ha il potenziale per influenzare i sottili cambiamenti fisico-chimici all’interno dell’ intera specie. Lo spostamento putativo in energie secondariamente indotte da questa immersione condivisa, è associato a lunghezze d’onda elettromagnetiche che potrebbero presto raggiungere una soglia tale da influenzare l’espressione genetica. La soglia sarebbe influenzata principalmente dal numero totale di cervelli e può essere raggiunta durante l’intervallo biologico presente coinvolgendo la transizione tra 6 e 8 miliardi di cervelli.
Estratto da Billions of Human Brains Immersed Within a Shared Geomagnetic Field: Quantitative Solutions and Implications for Future Adaptations Michael A. Persinger.
Fonte: www.altrogiornale.org