Miliardi di uova che mai si schiuderanno. Così si distrugge una specie
Creato il 30 settembre 2012 da Maremagazine
No acciughe, No party! Al di là del facile riferimento pubblicitario questo slogan è la sostanza della forte denuncia, subito rilanciata dalle agenzie di stampa, dell’Associazione dei Pescatori di Lampara siciliani preoccupata per la diminuzione del pescato. “L’intero indotto del pesce azzurro è in ginocchio, ed è colpa delle '“volanti a coppia” della marineria di Sciacca che godono di un’autorizzazione sperimentale, rinnovata ormai da 20 anni, con la quale praticano tutto l’anno una forma di pesca non più sostenibile. Su cento cassette di alici, sostengono i pescatori di lampara, abbiamo potuto verificare che le volanti ne rigettano a mare più di cinquecento perché sottotaglia, e quindi non commerciabili. E questi sono i giovanili che non si sono ancora riprodotti. C’è da chiedersi cosa ci sia ancora da sperimentare viste le terribili conseguenze da tempo sotto gli occhi di tutti.”
Le dieci volanti che formano la flotta della marineria di Sciacca anno dopo anno hanno aumentato il loro raggio d’azione e setacciano il canale di Sicilia, da Trapani a Catania. Questa è un tipo di pesca giornaliera, si esce quattro giorni la settimana, e di media si fanno quattro o cinque pescate al giorno. Si fa trainando un’unica rete da parte di due pescherecci medio grandi entro le 20-40 miglia dalla costa. La rete è definita volante perché non opera direttamente sul fondale, ma lungo il profilo della colonna d’acqua, favorendo per la maggior parte la cattura di pesce azzurro, acciughe, sarde e alacce.
Il sistema prevede il calo della rete da parte della prima imbarcazione; successivamente la seconda barca si affianca e riceve l’estremità di un cavo di traino. A questo punto le due barche si allargano ed incominciano la traina rimanendo collegate da un cavo d'acciaio. A conclusione della pescata le imbarcazioni, accostandosi, salpano simultaneamente i cavi di calo e il pesce, separato manualmente a bordo, viene sbarcato quotidianamente nel primo pomeriggio. Prima di rientrare in porto, gettano in mare grandi quantità di acciughe morte (troppo piccole per essere vendute) sfuggendo al monitoraggio che si effettua solo a navigazione ultimata.
I pescherecci a lampara, invece, non soltanto effettuano un fermo volontario non retribuito nei mesi invernali ma possono, per il tipo di pesca, andare in mare solo quando non c'è la luna piena e quando il mare non è troppo mosso. Inoltre prima di gettare le grandi reti a circuizione, il cianciolo, effettuano un controllo sulle dimensioni del pesce con la la 'tratta', uno specifico tipo di retino. Un danno enorme lo scarto della pesca con le volanti, che raggiunge, in certi periodi proporzioni gigantesche stimate (sentendo anche i racconti degli stessi pescatori imbarcati) da uno (il pescato) a dieci (lo scarto), composto soprattutto da alici che non hanno raggiunto il primo anno di vita e che non si sono ancora riprodotte.
Purtroppo queste stime non hanno nulla di documentato perché controlli non ce ne sono, comunque è un metodo di pesca assolutamente non sostenibile, specie se si pensa che una femmina di alice adulta depone fino a 40mila uova. La distruzione sistematica e assurda dei giovanili delle acciughe rappresenta sicuramente la causa prima della riduzione degli stock. E pensare che al riguardo le severe normative della Unione Europea impongono che non un solo pesce venga rigettato in mare pena severe sanzioni. Perché in questo bel Paese il Ministero non fa i dovuti controlli?
I pescatori siciliani temono che il Ministero dellePolitiche Agricole, Alimentari e Forestali, dopo 20 anni di sperimentazioni “fasulle” condotte con licenze artificiose, le stesse vengano trasformate in definitive come è accaduto in Adriatico settentrionale. Nonostante ci siano condizioni ottimali per lo sviluppo dei popolamenti ittici di acciughe e sardine, i dati scientifici degli ultimi mostrano un inesorabile declino delle popolazioni di entrambe le specie. Il recente rapporto “Blu gold in Italy”, pubblicato da Greenpeace (che riprendiamo nelle conclusioni) mostra come il governo italiano nel corso degli anni abbia di fatto promosso un incremento della pressione di pesca su queste specie nel nord Adriatico permettendo un aumento del numero delle imbarcazioni autorizzate, e della stazza delle stesse, grazie all’artificio delle licenze di “pesca sperimentale” che di sperimentale, come ancora accade in Sicilia, non avevano nulla: una vera e propria flotta fantasma che alla fine è stata “regolarizzata’.
Tutto ciò ha messo a rischio la salvaguardia dei popolamenti ittici e la redditività del settore, mentre il sovrasfruttamento (overfishing) di alici e sardine ha innescato un circolo vizioso: la diminuzione del prodotto ha causato un aumento dei prezzi di mercato stimolando l’incremento della pressione di pesca. Anche la ricerca di Greenpeace ha rivelato il ricorso alla pratica del rigetto in mare di acciughe e/o sardine, soprattutto durante il periodo estivo quando il prezzo di mercato delle specie non è conveniente. Ovvio che tali rigetti non sono registrati nelle statistiche ufficiali di pesca e che il reale quantitativo totale di pesce azzurro catturato è quindi sottostimato. Considerando anche che, come dimostrano le ricerche scientifiche, sono catturate acciughe e sardine giovanili si comprende perché i dati registrati non sono sufficienti per determinare se le catture siano sostenibili oppure no. Quel che è certo è che studi recenti dimostrano che nell’Adriatico settentrionale la quantità di acciughe e sardine di grandi dimensioni è diminuita. In mancanza di dati certi abbiamo provato noi a fare un conto, anche se empirico, per comprendere l’entità del fenomeno “scarti” esclusivamente siciliano. Le volanti in esercizio a Sciacca sono 10. In media sono in mare per 40 settimane. Escono per 4 giorni la settimana. Ogni volante va in mare 160 giorni. Ogni giorno fanno 5 pescate, così ogni volante effettua 800 calate l’anno e in totale le 10 volanti ne effettuano 8.000. Facciamo delle ipotesi, navigando in un mare di incertezze, vista la difficoltà ad avere dati precisi. Ammesso che una giornata di pesca, perché dia reddito, “frutti” 100 cassette di acciughe, equivalenti a 1.000 chili che a 2 euro al chilo fanno 2.000 euro, ogni volante ricaverebbe in un anno per 160mila chili di acciughe 320.000 euro. Così tutte le volanti per 1,6 milioni di chili (1.600 tonnellate) ricavano 3,2 milioni di euro. Se questi numeri sulla quantità di acciughe pescate dalle volanti fossero più o meno esatti, provate voi a calcolare in base allo scarto, da 1 a 10, da 1600 a 11600 tonnellate, quante alici, perché pescate prima del tempo, non depongono ciascuna le loro preziosissime quarantamila uova. Calcolando che in mille chili di scarto si hanno circa 50mila giovanili e che la metà siano femmine, abbiamo perso un miliardo di uova. Possibile che nessuno sia capace di “raccontare” ai pescatori questi semplici numeri causa prima della drammatica diminuzione dello stock di acciughe? Problemi come quelli descritti nel rapporto di Greenpeace non sono limitati soltanto all’Italia e devono essere risolti dalla riforma, in corso, della politica comune della pesca. Per questo Greenpeace e le altre associazioni dei pescatori come l’AGCI Agrital chiedono ai governi dell’UE e al Parlamento Europeo di concordare nuove leggi per:
- richiedere una valutazione delle capacità di pesca esistenti rispetto ai limiti di cattura sostenibili;
- eliminare la capacità di pesca in eccesso, smantellando per primi quei pescherecci che attuano pratiche di pesca non sostenibili e sono di dimensioni eccessive;
- richiedere dettagliati piani nazionali di riduzione della capacità di pesca, con giusti criteri per le dismissioni, obiettivi e scadenze;
- arrestare il flusso di sussidi pubblici verso pratiche di pesca non sostenibili e distruttive, investendo piuttosto in misure di pubblica utilità quali il ripristino e il mantenimento degli stock, la salvaguardia dell’ambiente marino, le attività di monitoraggio e controllo, la raccolta di dati e le valutazioni scientifiche;
- promuovere attività di pesca sostenibile, socialmente eque e a basso impatto ambientale, e garantire un controllo efficace della flotta comunitaria, sia che operi nelle acque comunitarie che fuori di esse;
- fissare quote di cattura che siano conformi ai dati scientifici per un prelievo sostenibile;
- garantire il raggiungimento di obiettivi di conservazione per il raggiungimento di un ambiente marino sano, anche creando riserve marine per proteggere specie e habitat.
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