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Militari keniani coinvolti nel contrabbando di zucchero e carbone dalla Somalia

Creato il 12 novembre 2015 da Marianna06

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Le forze armate keniane sarebbero implicate nel contrabbando e smercio illegale di zucchero e carbone dalla Somalia.

Un’attività fiorente che negli anni passati ha finanziato l’attività di gruppi armati estremisti come al Shabaab: a sostenerlo – secondo il quotidiano The Nation - è un’inchiesta condotta dalla ong ‘Journalists for Justice’ secondo cui l’esercito di Nairobi, parte integrante della missione dell’Unione Africana nel paese vicino (Amisom), guadagna circa 50 milioni di dollari all’anno tassando l’esportazione di carbone e l’importazione di zucchero attraverso il porto di Kismayo.

In quest’attività, inoltre, i militari avrebbero come ‘soci’ proprio i miliziani Al Shabaab e l’amministrazione del Jubaland, che fa capo al governatore Ahmed Madobe.

Secondo gli autori dell’inchiesta, circa 230 camion di zucchero lasciano il porto di Kismayo ogni settimana diretti in Kenya. E il percorso attraverso cui avviene il contrabbando sarebbe controllato da ufficiali dell’esercito keniano.

Il rapporto accusa inoltre l’aviazione keniana di aver colpito villaggi e abitazioni civili nel corso di operazioni mirate a distruggere avamposto dell’insurrezione. “Il loro coinvolgimento in Somalia – sottolineano i giornalisti – appare opposto al mandato di Amisom, il cui obiettivo dovrebbe essere quello di neutralizzare i gruppi armati e chiudere le fonti di finanziamento al terrorismo”.

L’esercito ha smentito ogni coinvolgimento nei fatti riportati dal dossier, che ha definito “assurda immondizia”.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha bandito le esportazioni di carbone dalla Somalia nel 2012 per tagliare un flusso di finanziamento ad al Shabaab.

Tuttavia, per ammissione della stessa Onu, il contrabbando non si è mai interrotto, anche attraverso il porto di Kismayo, controllato dalle forze keniane dal 2012.

Lo zucchero – allo stesso modo – viene importato attraverso Kismayo e contrabbandato attraverso il confine con il Kenya, dove viene venduto senza pagare i dazi che il governo impone per proteggere l’industria locale.

                   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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