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“Mille e una Turchia” di Marta Ottaviani (recensione di Raffaele Morani)

Creato il 08 settembre 2012 da Istanbulavrupa

“Mille e una Turchia” di Marta Ottaviani (recensione di Raffaele Morani)(non l’ho letto, mi basta però – per potermene fare un’idea – questa considerazione di Raffaele Morani: “Del resto se dando un’occhiata alla bibliografia di “Mille e una Turchia”, la fonti quindi utilizzate, tra gli 82 titoli citati, ben 60 sono articoli di giornale, di cui 22 opera dell’Ottaviani”. Mi piacerebbe però sapere – a questo punto – quali sono i 22 libri citati)

Il libro Mille e una Turchia di Marta Ottaviani, uscito per Mursia nel 2010, è una piccola e agile guida al “Paese della Mezzaluna”, descritto in maniera semplice e chiara attraverso un itinerario nelle sue località principali. La scrittura è scorrevole, a mio parere questo libro potrebbe essere un primo passo per avvicinarsi alla Turchia se non avesse il difetto di contenere giudizi molto tranchant sulla storia e sulla politica turca che fanno sì che se nella descrizione dei luoghi, e nelle sue impressioni di viaggio l’autrice svolga il suo lavoro di cronista, quando si lascia andare alle ricostruzioni storiche, sorgono più di una perplessità per la mancanza di fonti adeguate a sostegno delle proprie tesi.

Ecco di seguito alcuni esempi.

A pag. 26 parlando dei massacri di greci e turchi durante la guerra d’indipendenza nel 1922 e degli scambi di popolazione, dopo aver distribuito equamente le colpe tra i due contendenti, a proposito dell’incendio di Smirne dell’estate del 1922 si legge: “sembra che lo stesso Mustafa Kemal Atatürk si fosse espressamente raccomandato che non venisse toccata la popolazione civile, ma le sue direttive rimasero ampiamente inascoltate.” Un giudizio così netto su un dettaglio di non poco conto nella storia del Paese non meriterebbe una solida fonte a difesa della propria affermazione? Una bella nota esplicativa o magari il nome di qualche storico a sostegno della propria tesi? E invece niente, sembra che Atatürk avesse vietato massacri e incendi ma non è certo, ed il lettore che poco conosce la storia si convince, inconsciamente o meno, che Atatürk probabilmente ha ordinato l’incendio o forse no! Eppure uno dei suoi maggiori biografi, Fabio Luigi Grassi afferma decisamente che a Smirne il Gazi “Vietò ogni tipo di illegalità. Ma Nureddin, che era già in cattivi rapporti con il Gazi….aveva tutt’altre intenzioni.” 1), un giudizio chiaro e netto da cui non si discosta neanche Andrew Mango nella sua monumentale opera su Atatürk. 2)

Proseguendo nella rievocazione dei fatti salienti della storia turca arriviamo al 1960, al golpe militare contro il primo ministro Adnan Menderes, giustiziato dai militari assieme a due suoi ministri, ufficialmente per la responsabilità “nel Pogrom del 1955 ai danni della minoranza greca, di fatto anche per una serie di riforme economiche di stampo liberista che avevano portato il Paese sull’orlo del baratro, la censura applicata sugli organi di stampa e una politica di eccessiva apertura nei confronti dei Paesi Arabi. Secondo molti Menderes fu eliminato anche per aver cercato di uniformare i costumi della Turchia-Stato laico a quelli di tutto il resto del mondo musulmano…..fu durante l’esecutivo Menderes che le confraternite islamiche tornarono a riprendere il loro potere. Le colpe gravissime di cui si macchiò e che lo portarono alla pena capitale non gli impedirono di ottenere un perdono postumo nel 1990, una sorta di riabilitazione, che dimostra quanto la storia turca sia piena di contraddizioni.” (Pag. 40); se con qualche forzatura potremmo prendere per buono il quadro d’insieme, francamente affermare che sotto Menderes le confraternite islamiche ripresero il loro potere o che il primo ministro volesse uniformare il paese al resto del mondo musulmano mi sembra veramente eccessivo, semmai sarebbe più corretto dire che le confraternite cominciarono timidamente a farsi sentire, come si potrebbe ricordare per completezza dell’informazione che il processo a Menderes e ai suoi fedeli fu un processo non proprio esemplare dal punto di vista del diritto e delle garanzie per gli imputati, sebbene la nuova Costituzione preparata dai militari e approvata da un referendum popolare nel 1961, secondo lo storico Grassi: “Strettamente ancorata ai principi del Kemalismo….era peraltro lodevole dal punto di vista delle libertà democratiche e delle garanzie della persona.” 3)

Proseguendo il suo viaggio tra le “Mille e una Turchia”, e soffermandosi sull’attualità, a proposito dei processi contro l’organizzazione Ergenekon a pag. 47 possiamo scoprire che “Le ondate di arresti si ripetono periodicamente e nel Paese si fa sempre più largo l’ipotesi che si stia usando un processo così importante ….anche per fare cadere in disgrazia persone in realtà estranee ai fatti.” Il punto di vista dei militari e dei burocrati processati per aver pensato e organizzato un colpo di Stato contro il governo di Erdogan eletto democraticamente, diventa così pensiero comune della maggioranza dei turchi, ma è chiedere troppo almeno qualche dato o un sondaggio di opinione che dimostri come quest’affermazione sia veramente il parere della maggioranza e non un’opinione così poco “anglosassone” o “al di sopra delle parti ” ma molto schierata?

Torniamo alla storia passata, e arriviamo alla questione di Cipro. Parlando dell’intervento della Turchia nel 1974 dopo il colpo di stato degli estremisti greci anti-Makarios e favorevoli alla dittatura dei colonnelli, l’Ottaviani si sofferma sulle atrocità commesse dall’esercito turco, e sull’invasione armata della parte nord dell’isola, ma dimentica di dire che l’intervento avvenne dopo che gli estremisti che avevano destituito Makarios avevano proclamato l’Enosis (unione) con la Grecia, e “non prima di aver ottenuto la stessa Turchia “il placet all’intervento militare” da parte della Gran Bretagna in virtù del trattato di Zurigo e Londra del 1959/60 a tutela dell’indipendenza di Cipro.” 4)

Proseguendo poi nell’evoluzione della questione cipriota, la nostra autrice sottolinea con forza come “Alla fine degli anni settanta la parte greca cercò di intavolare un dialogo per la riunificazione, al quale la parte turca preferì la divisione di Cipro” inoltre “Nel 1998 sempre Denktas rifiutò di unirsi alla parte greca per i negoziati riguardanti l’ingresso in Europa”(pag. 137), si riconosce ovviamente come il referendum sul piano Annan del 2004 sia stato bocciato dalla maggioranza dei greco-ciprioti e approvato dalla maggioranza dei turco-ciprioti, evitando però di sottolineare con lo stesso rigore adoperato qualche riga prima come questa improvvida scelta della maggioranza dei greco-ciprioti abbia fatto saltare la riunificazione, affermando invece che “Secondo esponenti del mondo politico contrari all’ingresso della Turchia nella UE, il piano Annan era un fallimento dal punto di vista diplomatico e del diritto, in quanto presentava condizioni troppo favorevoli per i turchi”, (pag. 138), dimenticando di specificare per esempio come l’accordo prevedesse “una federazione bi-camerale e bi-zonale, con il territorio cristallizzato dalla guerra del 1974 assegnato alle comunità greche e turche all’interno di una sola unità statale”. 5)

A proposito della crisi con Israele, “scoppiata in modo violento nel dicembre del 2008 in occasione del conflitto nella striscia di Gaza”, parlando del disappunto della Turchia verso la politica israeliana descrive così le posizioni dentro il Paese: “C’è l’atteggiamento di chi ritiene che rinunciare all’alleanza con Israele….nuoccia più a Gerusalemme che non ad Ankara. E questa è certamente una delle manifestazioni più pericolose del nazionalismo turco, quella sorta di megalomania da contrapposizione all’Occidente a tutti i costi e quella sicurezza, più o meno sincera di potercela fare da soli. Ma c’è anche chi ritiene che in questo modo la politica estera della Mezzaluna, da sempre tramite naturale fra ovest ed est, rischi di sbilanciarsi a favore di una parte sola, che, ovviamente, non è quella dell’Europa e nemmeno degli Stati Uniti.” (Pag. 144) Un giudizio di merito molto forte, condivisibile o meno, ma che si basa però su un assunto di base molto discutibile, dal momento che la Turchia dei decenni passati non si è mai posta come un tramite naturale tra Oriente e Occidente, ma anzi a partire dal 1945 si è posta come l’ultimo avamposto dell’Occidente filoamericano contro l’Oriente socialista e panarabo, aderendo in funzione anticomunista e antisovietica alla Nato nel 1952, al patto di Baghdad nel 1955, senza dimenticare la collaborazione militare con Israele 6) La Turchia per decenni si è sbilanciata a favore di un parte sola e contro l’altra, mentre la ricerca di una posizione di maggior equilibrio tra Est e Ovest è uno sviluppo più recente, tipico della politica del primo ministro Erdoğan, e del ministro degli esteri Davutoğlu 7) ma la realtà viene cambiata a tavolino e la ricerca di un maggior equilibrio viene trasformata in una scelta di campo antioccidentale con buona pace del rigore storico!

Del resto se dando un’occhiata alla bibliografia di Mille e una Turchia, la fonti quindi utilizzate, tra gli 82 titoli citati, ben 60 sono articoli di giornale, di cui 22 opera dell’Ottaviani, e pochissimi sono i testi specialistici sulla storia della Turchia, è difficile riuscire a dare un quadro esauriente ma soprattutto sfuggire alle frasi ad effetto.

1) Fabio L. Grassi, Atatürk,il fondatore della Turchia moderna, Salerno editrice, 2008, pag. 237
2) Andrew Mango, Atatürk, J. Murray, 1999
3) Fabio L. Grassi, op. cit., pag. 359
4) Giancarlo Laganà, Cipro: il muro dimenticato, in Polaris, n. 3, autunno 2010, pag. 143-150
5) Giancarlo Laganà, op. cit.
6) Si vedano ad esempio: Erik J. Zurcher, Storia della Turchia: dalla fine dell’impero ottomano ai giorni nostri, Donzelli, 2007; Hamit Bozarslan, La Turchia contemporanea, Il Mulino, 2006; Lea Nocera, La Turchia contemporanea: dalla repubblica kemalista al governo dell’AKP, Carocci, 2011,
7) Ahmet Davutoğlu, Profondità strategica. Il mondo secondo Ankara, in Il Ritorno del Sultano,


Filed under: disinformazione, Libri, Turchia Tagged: blog sulla Turchia, giornalisti cialtroni, Giuseppe Mancini, kemal-leghismo, Marta Ottaviani, Mille e una Turchia, orientalismo, Raffaele Morani

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