Fiaba psichedelica visionaria e irriverentesull’amore nelle sue diverse declinazioni, da quella romantica a quellastrappacuore (nel senso letterale del termine), a quella ostinata e folle:tutto è folle in effetti in Milocrorze: aLove Story, opera antologica di Yoshimasa Ishibashi, giovanissimo regista,ma soprattutto video artist, già noto per gli irriverenti clip della serietelevisiva giapponese “Vermilion Pleasure Nights”. Il “trittico” di storie inizia con quella delbambino Ovreneli Vreneligare (il cui nome viene ripetuto di continuo da unavoce fuori campo, per il tormento e il ludibrio del pubblico), che aigiardinetti, intento a gustare il suo yogurt, incontra la bellissima Milocrorze(interpretata dalla modella diventata attrice Maiko) e se ne innamoraperdutamente; il bambino in questione ha un improbabile caschetto di capellirossi anni sessanta e un gatto, Verandola Gorgonzola (dove il regista abbiascovato il nome del gatto non ci è dato di sapere). La seconda storia – che“irrompe” anche con forza visiva notevole - è quella del consigliere in amoreBesson Kumagai, che dispensa consigli decisamente maschilisti a giovani maschiinabili in amore, mentre si esibisce in mossette lascive con due superdonne. Laterza vicenda, che entra a “gamba tesa” nel tessuto narrativo già discretamentepregiudicato nella sua credibilità dalle precedenti storie, ci introduce Tamon,samurai dal cuore spezzato perché la sua bella è stata rapita e segregata inuna casa di appuntamenti, e dalla quale, durante una rocambolesca espettacolare, quanto vana, rissa, tenterà di liberarla.Chiude il quadro la “cornice” di OvreneliVreneligare cresciuto, sempre con il caschetto improbabile e con un coperchio(di pentola) a celare il buco lasciato dal cuore. Il ragazzo ritroveràMilocrorze e guarirà, infine, dalla propria ossessione.Ecco: si può tentare di scrivere la storia del film,ma questo non rende neppure un minimo della forza visiva dell’opera diIshibashi, che è un tripudio di immagini ipertrofiche e rutilanti punteggiateda una colonna sonora che si fa elemento del quadro totale, un’alternarsidivertente, irriverente e comica di gag surreali e grottesche, una danza nellaquale è bello farsi prendere e coinvolgere, piuttosto che cercarne il bandolonarrativo.Milocrorze è stile su sostanza, èun’allucinazione di un’ora e mezza, che non può non conquistare per ritmo,trasformismo visivo, comicità. In una delle sequenze più coinvolgenti del film,Tamon il samurai pazzo d’amore è costretto a difendersi dagli scagnozzi dellacasa di geishe dove è tenuta la sua amata. Ishibashi dipinge veri e propriquadri di lotta in successione, sfruttando la dissociazione visiva datadall’utilizzo di velocità alternata (rallentata e poi subito dopo a ritmonormale e così via), che sorprendono e catturano lo spettatore.Mattatore in questa arena è Takayuki Yamada, vistodi recente nel film di Miike Takashi Juusannin no shikaku (13 assassini), che qui dà prova di un camaleontismo attoriale notevole,interpretando in modo convincente i tre ruoli principali (a parte il bambino di7 anni dell’inizio). Anche Suzuki Seijun regala un breve cameo, interpretandoun anziano che faceva tatuaggi.La morale delle teorie di Ishibashi sull’amore? Nonservono consiglieri di nessun genere: si guarisce col tempo (ma non sempre). Eanche i buchi del cuore, nascosti o meno da coperchi di latta, si ricolmanoinfine lasciando spazio a nuove avventure.Da tenere d’occhio, a mio avviso, questo neanche trentenneregista dalle variegate influenze artistiche. [Claudia Bertolè]
Fiaba psichedelica visionaria e irriverentesull’amore nelle sue diverse declinazioni, da quella romantica a quellastrappacuore (nel senso letterale del termine), a quella ostinata e folle:tutto è folle in effetti in Milocrorze: aLove Story, opera antologica di Yoshimasa Ishibashi, giovanissimo regista,ma soprattutto video artist, già noto per gli irriverenti clip della serietelevisiva giapponese “Vermilion Pleasure Nights”. Il “trittico” di storie inizia con quella delbambino Ovreneli Vreneligare (il cui nome viene ripetuto di continuo da unavoce fuori campo, per il tormento e il ludibrio del pubblico), che aigiardinetti, intento a gustare il suo yogurt, incontra la bellissima Milocrorze(interpretata dalla modella diventata attrice Maiko) e se ne innamoraperdutamente; il bambino in questione ha un improbabile caschetto di capellirossi anni sessanta e un gatto, Verandola Gorgonzola (dove il regista abbiascovato il nome del gatto non ci è dato di sapere). La seconda storia – che“irrompe” anche con forza visiva notevole - è quella del consigliere in amoreBesson Kumagai, che dispensa consigli decisamente maschilisti a giovani maschiinabili in amore, mentre si esibisce in mossette lascive con due superdonne. Laterza vicenda, che entra a “gamba tesa” nel tessuto narrativo già discretamentepregiudicato nella sua credibilità dalle precedenti storie, ci introduce Tamon,samurai dal cuore spezzato perché la sua bella è stata rapita e segregata inuna casa di appuntamenti, e dalla quale, durante una rocambolesca espettacolare, quanto vana, rissa, tenterà di liberarla.Chiude il quadro la “cornice” di OvreneliVreneligare cresciuto, sempre con il caschetto improbabile e con un coperchio(di pentola) a celare il buco lasciato dal cuore. Il ragazzo ritroveràMilocrorze e guarirà, infine, dalla propria ossessione.Ecco: si può tentare di scrivere la storia del film,ma questo non rende neppure un minimo della forza visiva dell’opera diIshibashi, che è un tripudio di immagini ipertrofiche e rutilanti punteggiateda una colonna sonora che si fa elemento del quadro totale, un’alternarsidivertente, irriverente e comica di gag surreali e grottesche, una danza nellaquale è bello farsi prendere e coinvolgere, piuttosto che cercarne il bandolonarrativo.Milocrorze è stile su sostanza, èun’allucinazione di un’ora e mezza, che non può non conquistare per ritmo,trasformismo visivo, comicità. In una delle sequenze più coinvolgenti del film,Tamon il samurai pazzo d’amore è costretto a difendersi dagli scagnozzi dellacasa di geishe dove è tenuta la sua amata. Ishibashi dipinge veri e propriquadri di lotta in successione, sfruttando la dissociazione visiva datadall’utilizzo di velocità alternata (rallentata e poi subito dopo a ritmonormale e così via), che sorprendono e catturano lo spettatore.Mattatore in questa arena è Takayuki Yamada, vistodi recente nel film di Miike Takashi Juusannin no shikaku (13 assassini), che qui dà prova di un camaleontismo attoriale notevole,interpretando in modo convincente i tre ruoli principali (a parte il bambino di7 anni dell’inizio). Anche Suzuki Seijun regala un breve cameo, interpretandoun anziano che faceva tatuaggi.La morale delle teorie di Ishibashi sull’amore? Nonservono consiglieri di nessun genere: si guarisce col tempo (ma non sempre). Eanche i buchi del cuore, nascosti o meno da coperchi di latta, si ricolmanoinfine lasciando spazio a nuove avventure.Da tenere d’occhio, a mio avviso, questo neanche trentenneregista dalle variegate influenze artistiche. [Claudia Bertolè]
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