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Pillole di recensioni: Le anatre di Holden sanno dove andare; Ovunque tu sarai

Creato il 27 maggio 2015 da Mik_94
Da un po' non scrivevo uno di questi miei cappelletti introduttivi. Come state, amici lettori? Io, solita vita. Ultimi giorni di studio, prima di iniziare un ripasso forsennato, e primo esame della estiva all'orizzonte: Letteratura Teatrale Italiana. Oggi, inoltre, ho una certa preoccupazione: al gatto, Ciro, tocca la fatidica operazione... Zac, zac! Pura formalità per i veterinari, immagino, pratica comunissima, però non può mangiare ed è qui, accanto a me, che miagola per avere due croccantini. Resisterò? Prima di mettere Ciro nel trasportino e la mia testa sui libri, dunque, vi lascio un breve - e personale - commento su due romanzi che ho letto in questi giorni, uno di fila all'altro. Nel primo caso, delusione. Nel secondo, una sufficienza per la trama convenzionale e la prosa potenzialmente interessante. Un abbraccio, M.
Pillole di recensioni: Le anatre di Holden sanno dove andare; Ovunque tu saraiTitolo: Le anatre di Holden sanno dove andare Autrice: Emilia Garuti Editore: Giunti “Y” Numero di pagine: 144 Prezzo: € 12,00 Il mio voto: ★★ La recensione: Holden rimuginava sulla direzione del volo delle anatre che, d'inverno, abbandonando Central Park, mirano tutte al cielo. Pensieri in comune con Will, la protagonista di un romanzo che è arrivato il mese scorso in libreria, con fascette colorate che promettevano chissà che. Emilia Garuti ha la mia età e trasforma la ricerca dell'università perfetta in un racconto. Ci sono passato anch'io. Però eccolo, il punto. Dalla pubblicazione di una giovanissima, cosa più unica che rara, mi aspetto un'eccezione. In un romanzo che ambisce a dipingere i giovani alla maniera di Salinger e Brizzi non cerco la classica storiella. Inutile mettere le mani avanti, mordersi la lingua, se la quarta di copertina richiama Jack Frusciante e Il giovane Holden. In una manciata di ore ho letto pagine che fanno una buona compagnia, ma che non lasciano niente. Come con In silenzio nel tuo cuore, di un'autrice altrettanto acerba; se lì però la protagonista era leziosa, questa Will è uno spasso. Ma quei toni sardonici che non conoscono quasi sfumature, le critiche ai risvoltini e alla boy band, l'odio gridato alle mode e ai modaioli, gli elenchi sui bizzarri tipi che incontri al liceo o in circolare, vanno bene per le invettive su Facebook, e sono anche nel mio stile: amo lamentarmi. A uno stato della Garuti mi scapperebbe qualche “mi piace”, ma un romanzo tutto così lo comprerei? Un editore ti può notare, ma se hai poco da dire, anche se sai dirlo, che senso ha l'ennesimo young adult? Dove sono gli autori saggi, che non si accontentano di un tema fatto benino? Per metà la storia è credibile – le giornate dell'orientamento, le amicizie che finiscono, le rimpatriate – ma per l'altra, di metà, strizza l'occhio agli americani – per esempio, inserendo il tema del suicidio, qui trattato con aria di sufficienza, che va “fortissimo” altrove; genitori ricchi e distratti; una love story che né nasce, né si evolve. Per metà ho apprezzato l'assenza di una morale facile, ma per metà una storia senza un punto focale – sempre che tu non sia Aidan Chambers – non so che utilità possa avere. Le anatre di Holden sapranno dove andare, ma la Garuti ancora no. E' presto; non è stagione di migrazioni.
Pillole di recensioni: Le anatre di Holden sanno dove andare; Ovunque tu saraiTitolo: Ovunque tu sarai Autrice: Fioly Bocca Editore: Giunti Numero di pagine: 160 Prezzo: € 12,00 Il mio voto: ★★½ La recensione: Ci sono quei momenti. Quelli brutti, nerissimi, in cui ti chiedi cosa sarà di te. E in cui, per la prima volta, ti senti solo al mondo. La mamma di Anita si sta spegnendo per colpa del cancro e il suo fidanzato storico, Tancredi, è troppo preso dal lavoro per starle accanto. L'infelicità va condivisa per alleggerirsi il cuore. Così attacca a piangere davanti a uno sconosciuto: un uomo sopravvissuto a un genocidio e a un'infanzia tragica. Per questo, adesso, scrive favole. Arun inventa storie e adesso ascolta quella di Anita: una principessa infelice in una Torino che, con le sue nebbie, sembra una landa d'altri tempi. Riusciranno nonostante gli scherzi della vita – il lutto, gli imprevisti, le seconde opportunità che a volte si negano e a volte no – a tentare la via del lieto fine? Ovunque tu sarai, già a partire dal titolo, è un romanzo che non promette grande originalità. Pagina dopo pagina non si smentisce: è come te lo aspetti. Letto già e già visto – in ogni commedia romantica che si rispetti, dalla notte dei tempi, non mancano i gesti eclatanti e, ovviamente, le notti di pioggia per gridarsi amore eterno. Però repetita iuvant, e il messaggio speranzoso dell'esordiente Fioly Bocca non annoia: ogni tanto, certe cose è gradevole riascoltarle. Romanzo breve, delicatissimo, che ha la forma di una parabola moderna. Al centro, una protagonista contemporanea: una trentenne al tempo della crisi – quella che rende i fidanzati distanti, i capi insoddisfatti, il domani incerto. Ma Ovunque tu sarai è il riassunto della vita di Anita. Misurato, ponderato, studiato per mantenere la giusta proporzione tra amori, dolori, gioie. E non senti lo strazio della perdita – dilaniante nel recente L'amore involontario, ad esempio – né l'immediatezza del dialogo. Elaborati e rielaborati, i discorsi dei protagonisti compongono pagine belle da leggere, poetiche e musicali, ma quel modo di esprimersi – libresco, artificioso – e le chiuse dei capitoli – retoriche apostrofi alla vita e al domani: in rete, altri citavano Grey's Anatomy – mi hanno confuso le idee. Mi piaceva la Fioly narratrice, che descriveva la realtà con toni eterei. Ma con quella in cerca della frase d'effetto, dell'aforisma riuscito – ma saranno aspetti inscindibili della sua personalità, o è solo il caso dell'opera che me l'ha fatta conoscere? – non sono andato d'accordo. Come se quelle parole fatate, fluttuanti, togliessero carnalità al sentimento dei due protagonisti e di loro, alla fine, non mi rimanesse che la mera essenza. Non i corpi, non la verità, e tutto per via di un ricercato lirismo che non va fiutato: quando serve, viene infatti fuori da sé. Altrimenti si scambia il tutto per insincerità. Per i fan delle protagoniste della Rattaro e della assennatezza di un Gramellini, un romanzo puro e lieve, che ha una certa personalità ma che rischia di perdersi, qui e lì, poiché schiava della forma. Comunque sufficiente - un sei politico, ma in fondo meritato - per iniziare.

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