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Mind uploading - Trasferire la mente in un computer

Creato il 27 febbraio 2012 da Estropico
Mind uploading - Trasferire la mente in un computerIl "trasferimento della mente" o “mind uploading” è l'ipotetico processo di trasferimento o, per meglio dire, di copia, di una mente cosciente da un cervello a un substrato non biologico (ad esempio un computer). Il mind uploading e le questioni ad esso collegate sono tra i “temi caldi” della filosofia transumanista, che ho introdotto, qualche tempo fa, in questo post. Oggi ho intenzione di provare a illustrarvi (senza alcuna pretesa di completezza!) gli argomenti che fanno apparire questa pratica, per quanto futuribile, realizzabile, almeno basandosi sulle conoscenze scientifiche attuali. Ho già detto in passato che le neuroscienze ci suggeriscono come la nostra coscienza soggettiva , in altre parole la nostra mente, non sia altro che un processo che ha luogo nel nostro cervello; anzi si potrebbe dire che la mente sia l’attività del cervello (o per lo meno di certe sue parti). Questa convinzione è generalmente condivisa da coloro che hanno una visione naturalistica e materialistica, in altre parole, “scientifica” del mondo. Come si è già detto in questi due post (qui e qui), infatti, la posizione filosofica opposta, il dualismo, che vede una netta separazione tra mente e cervello appare ormai scientificamente insostenibile. L’altra ipotesi alla base del mind uploading, è che le memorie, la personalità e più in generale tutto ciò che rende unica ogni persona sia immagazzinato e codificato nella struttura fisica della immensa rete di neuroni del cervello. Anche questa idea è ormai vastamente accettata dalla comunità neuroscientifica e sta alla base della nascente scienza della “connettomica” di cui si è già parlato spesso (ad esempio qui e qui). La base strutturale di memoria e personalità è dimostrata, ad esempio, dal fatto che i pazienti chirurgici posti in stato di arresto circolatorio in ipotermia profonda (“Profound Hypothermia and Circulatory Arrest” (PHCA)) durante un operazione hanno attività cerebrale completamente assente per periodi di anche un ora. Nonostante questo, dopo essere stati rianimati essi conservano memoria e personalità completamente intatte. Per chiarire meglio la relazione tra mente e cervello che emerge dalle neuroscienze voglio riportare ancora una volta la bellissima metafora usata dal fisico e neuroscienziato Sebastian Seung in una conferenza che è stata argomento di un passato post: i pensieri e la coscienza soggettiva (come schemi di attività neurale) stanno al connettoma (la struttura fisica del nostro cervello) come l'acqua di un ruscello di montagna sta al suo letto di pietre. Per restare nella metafora, il caso descritto sopra di una persona che rimane priva di attività cardiaca e cerebrale per poi essere rianimata è equivalente a quando il ruscello, rimasto in secca per qualche tempo, vedesse il suo letto, ancora intatto, nuovamente percorso dal flusso dell’acqua. Considerando la mente come un processo si arriva a supporre la sua “indipendenza funzionale dal substrato”. Se quello che conta è l’attività del cervello che, come ci indicano le neuroscienze, è un processo di elaborazione dell’informazione, non ha importanza che quest’elaborazione venga eseguita da neuroni biologici o da un qualunque dispositivo calcolatore costruito dall’uomo (questa equivalenza funzionale risulta evidente nel caso delle neuroprotesi). Cercherò di chiarire questo concetto con un esempio, un esperimento mentale, che altro non è se non la descrizione di una ipotetica procedura di “uploading graduale” proposta da Hans Moravec (la traduzione riportata qui sotto è tratta un ottimo articolo di approfondimento disponibile su Estropico.org):
“Un chirurgo robot è equipaggiato con un manipolatore che si divide ricorsivamente e sempre più finemente in subdiramazioni, fino a risultare costituito da miliardi di dita sensibili di scala nanometrica. Il paziente siede comfortabilmente (sebbene probabilmente con la sua testa serrata in una morsa) e sveglio, mentre il chirurgo penetra col suo manipolatore nella testa del paziente. Le minuscole dita del manipolatore cominciano a scostare via cellule di tessuto, esponendo il cervello ma suturandone, mano a mano, i vasi sanguinei così che le dita non lavorino creando troppa confusione. Con i sensori elettrici e chimici posizionati sulla punta delle dita, il manipolatore monitora l'attività di tutte le cellule esposte del cervello. Quando il computer del robot ha memorizzato tutto quello che esse stanno facendo [e la loro struttura fisica], configura una simulazione per riprodurre la loro attività. Il manipolatore rimuove queste cellule e, ancora una volta per mezzo delle sue “magiche” nanodita, connette il rimanente tessuto celebrale alla simulazione. Livello dopo livello esso procede in questa maniera fino a che la testa del paziente, rimasto cosciente durante tutta la procedura, è svuotata ed è tutta “trasferita” nella simulazione. “
Per ora una simile procedura è decisamente fantascienza, tuttavia questo "gedankenexperiment" rende chiaramente l’idea di come la sostituzione graduale dei neuroni biologici con dei loro equivalenti computazionali (la simulazione) possa conservare l’identità e la coscienza soggettiva del paziente. In generale però l’uploading può anche non essere graduale; questo è vero ad esempio nell’”uploading tramite procedura microtomica“, un procedimento di questo tipo appare di più facile realizzazione dal punto di vista tecnologico rispetto al precedente. Sempre prendendo spunto dall’articolo reperibile su Estropico.org:
“Il cervello del paziente è trattato con un fissante chimico oppure congelato alla temperatura dell'azoto liquido. Successivamente viene sezionato in strati molto sottili; ogni strato è sottoposto a scansione, ad esempio, tramite un microscopio elettronico in modo da mappare l’intero cervello con risoluzione nanometrica (proprio come nel protocollo sperimentale per la connettomica che vi ho descritto qui). Infine questi dati vengono utilizzati da un computer per ricostruire una accuratissima simulazione del cervello del paziente su un substrato artificiale. Quando la simulazione viene viene fatta “girare” ed interfacciata con adeguati imput sensoriali, oltre che, eventualmente, ad un corpo robotico, il paziente, ormai “uplodato” in un supporto non biologico, riprende conoscenza esattamente con la stessa personalità e ricordi che aveva prima di sottoporsi alla procedura.”
E’ questa la speranza di coloro che decidono far preservare in azoto liquido il proprio corpo dopo la morte. Il fine di questa pratica, detta crionica (a cui abbiamo già accennato nel post in cui si parlava della conferenza di Seung citata prima), è infatti, proprio quello di preservare le strutture del cervello che conservano l’informazione sulla personalità e sull’io del defunto. In questo modo, in un futuro più o meno lontano, grazie al progresso di scienza e tecnologia, qualcuno potrebbe eseguire una procedura simile a quella descritta sopra per “svegliare” i pazienti congelati, regalando loro quella che potremmo chiamare "immortalità cibernetica". Come spiega Seung nella conferenza appena citata (e nel suo recente libro "Connectome"), proprio la connettomica potrebbe testare la validità scientifica delle attuali procedure crioniche, valutandone l’efficacia nel preservare intatto il connettoma. Sull'interessante sito della "Brain Preservation Foundation" (qui il link) potrete trovare molte informazioni a questo proposito. Per chi invece volesse approfondire ulteriormente argomenti come mind uploading e crionica rimando alle rispettive sezioni su Estropico Blog, al sito del"LIFEXT Group" o al relativo Forum (sezione Mind uploading e sezione Crionica).

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