MiniRecensione> Amabili Resti

Da Marquisdelaphoenix @MarquisPhoenix

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Scegliendo di vedere il film “Amabili resti” volevo capire il perché di un titolo cosi bizzarro.
Da l’idea di un qualcosa di deliziosamente macabro, non trovate? Mi aspettavo qualcosa alla Johnny Depp.
Poi ho letto l’anticipazione sul sito della tv che lo trasmetteva e mi sono chiesto come si potesse conciliare una questione cosi drammatica come il rapimento e la sparizione di bambine/ragazzine con qualcosa di amabile.
Ero perplesso. Ma la perplessità è durata 5 secondi.
Già la protagonista scelta per la parte dell’innocente vittima, la giovanissima Susie Salmon (Saoirse Ronan), ha un viso cosi angelico e puro con i suoi occhi di un chiaro abbagliante ed i suoi tratti da antica fanciulla latina da dissipare qualsiasi pensiero oscuro.
E poi la poesia. Si respira poesia ovunque, tragica certo, ma comunque finemente ed altamente aulica: dalle poesie che il giovane “Moro” (come l’Otello cui si ispira) dedica alla piccola e timida Susie alle domande che Susie, diventata fantasma, si pone sul perché a lei sia negata la normale vita di una ragazza che è quella di studiare, innamorarsi, dare il primo bacio, ricevere l’anello di fidanzamento e passare la vita con la sua anima gemella (cosa che, col tempo, capiterà alla sua sorella minore).
Dopo aver percepito il livello di questo film, l’anima diventa meravigliosamente recettiva all’architettura spirituale che c’è dietro la trama.
Susie, di ritorno dalla scuola, diretta al suo primo incontro galante in un centro commerciale, col suo “Moro”, viene agganciata da George Harvey (Stanley Tucci), in un campo dove lui coltiva il grano. Era per farle vedere un ritrovo che lui, cosi bravo con il fai-da-te e con la costruzione di giocattoli per bimbe, aveva creato per i bambini del posto.
Susie, è cosi candida, che questo pretesto non le suona assolutamente strano. Anche quando entra nel rifugio sotterraneo che l’uomo aveva costruito, ne nota le meraviglie, il calore dell’atmosfera ed è felice di trovarsi in quella che crede essere una “casa di bambole” in dimensione gigante.
Non capisce di trovarsi nell’oscuro antro dell’Orco. Lo capisce negli istanti finali della sua vita quando lui la assale.
Un urlo sconquassa la scena.
Lei corre fuori dal rifugio urlando, piangendo, folle di paura. Urta anche una ragazza, nel frattempo. Una strana ragazza...
Lo spettatore è già intimamente scosso dal raccapriccio e spera, con profondo e palpabile sollievo, che lei sia salva. Che l’Orco non abbia colpito lei, che non abbia colpito almeno questa volta.
Ma non è cosi.
Lei non torna a casa, tutti iniziano a cercarla, anche la polizia. Lei vede questo trambusto, chiama i suoi genitori quando li incontra. Ma nessuno la vede.
Lei non è più reale. Perché?
Perché è morta ma non vuole accettare la cosa.
Per questo motivo vive nel Limbo assieme ad altre ragazzine che scoprirà essere le altre vittime dell’Orco.
Stranamente, nella dimensione in cui si trova, a metà strada dai Campi Elisi e dalla Realtà, ha visioni della Pace che potrebbe ottenere e che la chiama ma riesce ancora a vedere i suoi amici, il suo amore, i suoi genitori e riesce a parlare loro. Attraverso i ricordi e le emozioni comuni.
Ed è attraverso questi che Lei parla al mondo reale. E’ un modo che lei ha per sentirsi ancora viva, consistente perché Lei ha una paura terribile di dissolversi e di non essere più nulla.
E quest’angoscia si trasmette al telespettatore, ne potete essere certi.
Il dramma di non esistere più, per se stessi e per le persone cui si vuole bene. C’è una paura peggiore? c’è un rimpianto più grande?
Evidentemente no, perché Susie non si da pace e continua ad influire sulla realtà. Il padre finisce pestato a sangue nel corso delle sue indagini personali sulla scomparsa della figlia, indagini che lo portano a sospettare del vicino (l’Orco appunto) su ispirazione arcana dello spirito della figlia scomparsa.
Anche la sorella di Susie finisce per sospettare del vicino e lo tiene d’occhio. Addirittura si infiltrerà in casa sua, con gravissimi rischi, per cercare prove della sua colpevolezza.
E li trova: inizia da allora una corsa contro il tempo per inseguire l’Orco che fa di tutto per sparire, per riciclarsi, per ricominciare altrove la sua psicotica esigenza di morte. Ma non si scampa: quando si sporca la purezza, il peccato più grande, non vi è possibilità di ammenda. Solo la dissoluzione: la Morte lo prenderà, in un modo cosi beffardo, da rasentare -ipso facto- una lezione sull’inesorabilità del proprio destino.
Alla fine magicamente, Susie si da pace.
Entrerà nel corpo, per un solo istante, della ragazza che aveva visto il suo spirito scappare dall’Orco e bacerà il suo “Moro”. Ha saldato tutti i debiti che pensava di avere con la realtà e che pensava la realtà avesse con Lei.
E decide di salire verso un mondo che non è fatto più delle immagini dei suoi disegni di bambina e delle navi imbottigliate che era solita costruire col padre.
E’ un grande prato, pieno di fiori, di luce, di farfalle, con altre bambine...è il Paradiso.
Gli amabili resti, cui aveva continuato a parlare quando era nel Limbo, ovvero il suo amore, la sua sorellina, i suoi genitori...tutti iniziano, faticosamente, a rivivere. Non dimentichi di lei, certo, ma anzi spinti a vivere grazie a quel germoglio che il ricordo di Lei aveva lasciato nei loro cuori e che continuava a scaldarli.
Il ricordo, liberato della sua accezione di catena, può essere -con tutta la malinconia del caso- uno splendido germoglio dell’anima...
Marquis


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