Non ne vale la pena
Regia di Giambattista Avellino, scampoli televisivi a fare da prestanome a personaggi raffazzonati, tematica social nella sua accezione light, "C'è chi dice no" è un modello ibrido di commedia che non ha ragione di essere. Privo di personalità e lontano dalla sanissima cattiveria poco edulcorata del quasi corrispondente americano "Horrible Bosses", "C'è chi dice no" è il solito clichè sull'Italia dei Baroni, delle raccomandazioni, dello strapotere famigliare ma non ha neanche l'esigenza di intervenire, limitandosi a configurare l'utopica possibilità di un cambiamento-ombra. Le tre storie, corrispondenti ai tre protagonisti, si incrociano maldestramente e fuori da un disegno narrativo articolato. Non resta che attendere lo sviluppo amoroso e il rifugio amicale in una stanza qualsiasi da precariato agli arresti domiciliari. Cortellesi non all'altezza della sua bravura comica da imitazione televisiva (è il complesso del "troppo brava" diventa complesso del "troppo normale, quotidiana, comune"), Argentero sempre uguale, cambi o meno inflessione dialettale (e lo fa da un film all'altro), Ruffini è ancora su Mtv con la testa ed il corpo. Beh c'è chi dice un No sacrosanto ai soprusi del Belpaese. Io ci aggiungo un altrettanto sacrosanto No a questo cinema del Belpaese, un cinema populista, mediatore, vecchio.