Mio figlio ha paura di parlare: i miei consigli su D.Repubblica

Creato il 21 maggio 2015 da Antonioriccipv @antonioricci

Da D.Lifestyle di La Repubblica di Marzia Nicolini

Bambini speciali, dotati di una sensibilità superiore alla media, che al di fuori delle rassicuranti mura domestiche non riescono a emettere alcun suono. Non scelgono di non parlare, semplicemente non possono, in determinate situazioni. Un fenomeno che accade in molte realtà familiari e che prende il nome di mutismo selettivo. Come affrontare questa situazione? Di recente, la Delegazione Piemontese dell’Aimuse (Associazione italiana mutismo selettivo) ha organizzato a Torino un importante convegno dedicato al tema, dal titolo “Dire, fare, educare: mutismo selettivo e inclusione”. Abbiamo chiesto al pediatra Antonio Maria Ricci, che opera presso il dipartimento di Pediatria della Fondazione Policlinico San Matteo Irccs, Università di Pavia, un approfondimento, più qualche consiglio e spunto utile per i genitori, che spesso si trovano impreparati di fronte a una problematica simile.

Può spiegarci in parole semplici in cosa consiste il mutismo selettivo?

“Si tratta di un disturbo ansioso dell’infanzia caratterizzato dall’incapacità del bambino di parlare in determinati luoghi, come la scuola o altre situazioni sociali. Mentre non sussiste nelle situazioni in cui si trova a suo agio, come a casa con i propri genitori. Il piccolo è in grado di usare correttamente la lingua parlata in alcune situazioni, con una totale e persistente assenza dell’uso del linguaggio altrove”.

Quando si manifestano i primi sintomi?

“Di solito le prime avvisaglie compaiono tra il primo e i tre anni di età. Tra i sintomi spiccano la forte timidezza, il rifiuto di parlare in alcune situazioni, un comportamento estremamente riservato. Di solito questo disturbo viene riconosciuto in modo chiaro solo quando il bambino inizia la scuola materna o la scuola elementare, contesti in cui ci si aspetta che i bambini usino il linguaggio verbale”.

Può creare anche isolamento rispetto ai propri coetanei?

“Indubbiamente. Quando l’anno scolastico procede e il mutismo persiste, allora il comportamento silenzioso viene preso seriamente in considerazione. Il bambino affetto da mutismo selettivo dentro la classe tende a non parlare con nessuno, al massimo qualche coetaneo durante la ricreazione. C’è da dire che la maggioranza dei bambini escogita un modo efficace di comunicare non-verbalmente, per esempio indicando, sorridendo, facendo cenni con la testa, scrivendo note e così via. Quando questa comunicazione non verbale viene compresa il bambino reagisce in modo molto positivo. Il comportamento non-verbale sostituisce quello verbale e viene rinforzato dalla reazione positiva dell’ambiente circostante. Molti di questi bambini hanno un grande desiderio di parlare in tutte le situazioni, ma non riescono a farlo”.

Come si genera una simile patologia? Esistono delle cause comuni a monte?

“L’esatta causa non è nota. Possiamo dire che non è determinato da un disturbo della comunicazione, come la balbuzie, da un ritardo mentale, da un deficit uditivo o da altri disturbi organici e psicopatologici (schizofrenia, psicosi, disturbi generalizzati dello sviluppo). Alla base del disturbo vi è probabilmente un’alterazione neurobiologica con una componente genetica legata all’ansia”.

Miti da sfatare, ce ne sono?

“Non è vero, o quantomeno non necessario, che i bambini selettivamente muti siano tipicamente, gravemente ed emotivamente disturbati, di solito perché hanno subito un trauma, un abbandono o una violenza”.

Si tratta di bambini speciali, dotati di una sensibilità superiore alla media. Come bisogna comportarsi con loro?

“È consigliabile evitare alcuni comportamenti che potrebbero peggiorare questo disturbo e danneggiarlo ulteriormente. Ad esempio, è necessario evitare le punizione: aumenta l’ansia e acutizza i sintomi. Va evitato di promettere regali se il piccolo parla e di forzarlo troppo a parlare o accentuare troppo esplicitamente l’importanza di parlare. Bisogna cercare di ridurre la paura e l’ansia di questi bambini e di stimolare la relazione con i coetanei. Va compresa e stimolata la comunicazione non-verbale: tramite simboli, gesti del corpo, cartellini. Questo aumenta la comunicazione generale, facilita il contatto sociale con i coetanei e fa sentire il bambino più sicuro di se stesso. Insomma, bisogna cercare di stimolare l’interazione sociale: individuare coetanei adatti con cui far giocare il bambino durante la ricreazione scolastica, far lavorare in piccoli gruppi.

Come rendere la loro vita il meno dura possibile?

“È fondamentale riconoscere il problema per tempo e una presa di coscienza da parte della famiglia. Purtroppo questo disturbo non è molto conosciuto, soprattutto tra gli insegnanti. Una volta fatta la diagnosi, la famiglia deve essere accompagnata in modo corretto e appropriato, anche per fornire ai genitori le giuste conoscenze ed evitare di danneggiare ulteriormente il piccolo. La stessa cosa vale per la scuola”.

Un luogo cruciale, ci pare di capire.

“La scuola rappresenta in effetti il luogo più difficile in cui stare per i bambini selettivamente muti. Gli/le insegnanti e i pari si aspettano che tutti i bambini partecipino alle attività scolastiche e di solito l’attenzione viene rivolta proprio verso coloro che non partecipano. Questo è piuttosto ironico, se si pensa che l’ultima cosa che un bambino con mutismo selettivo vuole è attirare l’attenzione su di sé. Sapendo che questi bambini sono ansiosi, dovrebbe essere ovvio che fare pressione, punire, costringerli affinché parlino è assolutamente controproducente e inopportuno. Agendo in questo modo, si fa sentire il bambino ancora più a disagio. È di estrema importanza che la scuola lo comprenda e lo accetti. L’obiettivo principale dovrebbe essere fare tutto il possibile per far sentire il piccolo rilassato e a suo agio”.

Cosa può fare, nel concreto un insegnante?

“In primo luogo, dovrebbe cercare di conoscere il bambino in privato, con disponibilità. È consigliabile, se possibile, visitare il piccolo nella sua casa prima dell’inizio dell’anno scolastico. Non vi è certamente posto migliore per lui in cui sentirsi a proprio agio come nella propria ‘tana’. Potrebbero essere necessarie alcune visite prima che cominci ad aprirsi. L’obiettivo non è di far già parlare il bambino, quanto consentirgli di sentirsi rilassato e a suo agio con l’insegnante. Sorridergli, fare cenni, sedergli vicino, parlargli dolcemente…tutti gesti che lo aiuteranno a sentirsi più a suo agio. Anche fargli percepire che il suo essere muto è accettabile potrà essere utile. Quando un bambino che soffre di questo disturbo ha la sensazione che gli altri non lo accettino e siano delusi, spesso si allontana. Un’altra strategia è incontrarlo dentro la scuola, possibilmente prima dell’inizio delle lezioni la mattina. Il genitore dovrebbe portarlo a scuola il prima possibile, affinché non si senta oppresso quando nella classe è presente contemporaneamente un altro gruppo di bambini”.

Oggi esistono una serie di associazioni che si occupano di questo disturbo; a chi deve rivolgersi un genitore?

“Per questi bambini è fondamentale un lavoro di squadra tra famiglia, pediatra, psicologo e insegnanti. Ai primi sintomi il genitore si deve rivolgere al pediatra di famiglia e quindi a uno specialista neuropsichiatra infantile che abbia dimestichezza con i disturbi ansiosi dell’infanzia. Esistono alcune associazioni di adulti che sono stati affetti da questo problema che svolgono un’importantissima azione di informazione e aiuto nei confronti dei genitori che si trovano a dover affrontare questa condizione. Quando viene diagnosticato il mutismo infantile è consigliabile che i genitori aderiscano subito a una di queste associazioni per essere informati in maniera tempestiva, adeguata e corretta”.

È un disturbo che si può curare in maniera risolutiva?

“Professionisti qualificati, come un medico e/o un terapista, competenti nel trattamento del mutismo selettivo, sono uno strumento indispensabile per aiutare a sviluppare un piano per il bambino. Il processo per superare il problema è fatto di piccoli passi e deve essere affrontato con pazienza e fiducia. Non esiste una cura miracolosa che risolva il problema da un giorno all’altro. Tuttavia, la cooperazione tra un professionista di igiene mentale qualificato, i genitori e gli insegnanti, e una terapia comportamentale concentrata nella scuola e in altri contesti sociali, permetteranno al piccolo di emergere gradualmente dal proprio stato di ansia e di far fronte alla varie situazioni”.



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