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I Belier assomigliano ai miei genitori e ai tanti sordi che ho incontrato?
Me lo sono domandato più volte durante tutto il film… Le loro mani disegnavano segni che non conoscevo perché appartengono alla lingua francese e mi mancava la voce sorda, quella che i miei genitori accompagnano sempre ai segni quando parlano con me e sanno usare quando comunicano con altri udenti. Una voce che sa per me di casa e famiglia anche quando a pronunciarla sono altri sordi italiani di tutte le età, con o senza protesi, oralisti o segnanti, come preferiscono autodefinirsi. Li riconoscevo solo a tratti: nell’orgoglio della loro identità, nell’umorismo delle battute, nel rumore inconsapevole che possono provocare.
E lei, la protagonista, udente, figlia di sordi, con la dote per il canto? La osservavo muoversi sulla scena e mi sembrava di rivedere mio fratello e i tanti compagni di giochi della mia infanzia, figli udenti di amici sordi, con cui avevo condiviso feste e scampagnate, ma anche telefonate che facevano da tramite alla comunicazione dei nostri genitori. Riconoscevo quelle piccole o grandi responsabilità che l’udire ci consegna, come tradurre le parole difficili dei medici o le disattenzioni dettate dal pregiudizio. Ma io, io dov’ero?
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“La Famiglia Bélier”, film di delicatezza ed emozioni | Invisibili.
sul film LA FAMIGLIA BELIER:
http://cinrac.com/2015/03/26/la-famiglia-belier-francia-2014-100-minuti-di-eric-lartigau-con-karin-viard-francoisdamiens-eric-elmosnino-louane-emera-e-roxane-duran/