Bello, bello, bello, bello, bello, bello, bello, bello, bello, bello! Dieci volte bello, una per ogni canzone dell’album. Le dita che corrono sul manico della Fender che sembrano rincorrere il ritmo della batteria aiutate dal bombardamento di basso e l’organo che avvolge tutto in polvere di fata. Mi sono venuti in mente tutti ascoltandolo, senza offesa per nessuno e senza stropicciare la suscettibilità di nessuno, ma mi son venuti in mente proprio tutti: Led Zeppelin, Deep Purple, Stevie Ray Vaughan, Eric Clapton, Ray Charles, Chuck Berry e tutti coloro che hanno saputo intrecciare il rock e il blues con la stessa maestria con cui Michelangelo intrecciava i colori, facendo di chitarra, basso e batteria una sacra Trinità, diversa da Padre, Figlio e Spirito Santo, ma altrettanto mistica. Le note degli assoli di chitarra stridono nelle orecchie ampliando le mie sensazioni, poi mi trapuntano la pelle con brusche fermate, per poi riprendere il volo verso altezze infinite e l’anima si impadronisce del corpo, riportando la materia al suo originale ruolo di nullità. Lo Spirito vince e l’aria che respiro non gonfia più i polmoni, ma il cuore e il sangue che arriva al cervello è denso di Libertà. Voglia di gridare. AAAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!!! Allora grido. Per la felicità che provo quando qualcuno attacca al mio braccio la flebo del rock e del blues e nel mio corpo iniziano a scorrere sensazioni che nessun’altra musica può farmi provare. È la panna sopra il gelato, il gin nel succo d’arancia, il rhum nella Coca Cola, i pinoli nel pesto, la crema sul babà, il tiramisù dopo una canna. È quello che vorrei quando voglio qualcosa. Il bene che voglio a questa musica se la gioca col bene che voglio alla mamma e quindi voglio bene anche a un’italiana che fa musica come fanno inglesi e americani. Voglio tanto bene, e la ringrazio per quello che fa, a Miss Eliana, alias Eliana Cargneluttie al suo dieci volte bel disco Love Affairs. Secondo me tutti dovrebbero avere una copia di questo disco in casa, anzi, meglio due, che non si sa mai! Eliana lavora con voce e chitarra in tutto il disco con il sorriso stampato sulle labbra e sui polpastrelli, lasciando trasparire chiaro il godimento che prova a fare musica, a fare questa musica. Ha l’anima rock, si sente. Si parte con Miss E e il riff di chitarra non lascia scampo e ti incatena all’ascolto, lucchettato da ritmiche marcate e impreziosito dai ricami dell’organo. Stavo per scrivere “orgasmo” invece di “organo”… bé, un motivo ci sarà. Introduttrice perfetta, come perfetti sono tutti gli strumenti, che uno alla volta entrano in scena per dar vita a The Girl Who Hates Your Mama, che mi piace un bel po’ nel suo saper essere intermittente e globale allo stesso tempo con l’assolo unghioso di Scott Henderson, super Special Guest, che mette in allarme tutti i peli del mio corpo. Adesso questa me la risento! Corre, corre, corre su una strada funkeggiante e sembra non volersi fermare mai The Musician. Eliana tiene botta coi suoi due strumenti, voce e chitarra e corre anche lei. Può mancare una ballata dal sapore di zucchero filato? No, non può mancare e non manca. È Dream, che profuma di sogno fino alla fine. Vedo il plettro che stuzzica le corde, le dita che scorrono lungo il manico. È una musica che vedo. Macchina decapottabile, capelli al vento come il foulard legato al collo, braccia al cielo, sorriso stampato sulla faccia e il mondo che mi viene incontro senza farmi paura. È Too Busy. Con Toys in the Attic Eliana omaggia gli Aerosmith e per l’occasione lascia il microfono a Fabio Drusin, una delle tante Special Guests che appaiono nell’album, ma lascio a voi il piacere di scoprirli, sono tutti citati sul retro di copertina. La band però, questa band di fenomenali musicisti, ve la presento. Oltre a Eliana ovviamente, voce e chitarra, al basso c’è Simone Serafini, Loris de Checchi KeyB Organ e Carmine Bloisi alla batteria. Musicisti con le… proprio quelle! Farewell è un pezzo zuccherino, dolce come la caramella più dolce e anche qui Eliana lascia spazio alla voce di un’altra guest, Flavia Quass. Once upon a time urla la bionda Miss all’inizio dell’ottava traccia, Hard Texas, e gioca con le vocali allungandole come chewing gum, togliendo ogni dubbio a chi ascolta sulle sue capacità vocali oltreché di chitarrista. Hard Texas è uno di quei pezzi che non dovrebbe finire mai, uno di quei pezzi che sembra non arrivare mai all’ultima rullata di batteria. Da chiuderci un concerto, giocando con tutti gli strumenti. Nove, brano numero nove. Tra un po’ finisce porca vacca! Sono già al nove! E Jim Barbiani, altra guest, ci fa un assolino in ‘sta track nove che è tutto da mangiare come un gelato al cioccolato, con la panna! Distant Scents, un pezzo immerso nei vapori dei Lynyrd Skynyrd. Va be’, prima o poi doveva succedere. Le cose belle prima o poi finiscono. Anche quelle brutte, ma quelle belle finiscono sempre troppo in fretta. Eliana ci lascia con la danza sulle punte di Violins, che cerca, senza riuscirci, di placare gli animi che il fuoco di Love Affairs ha acceso e alimentato per tutta la sua durata. L’unica cosa che riesce a fare e farmi venire voglia di rimettere il disco da capo e di ricominciare a godere. Sono felice che mamma e papà Cargneluti abbiano generato Eliana Cargnelutti che a sua volta a generato Miss Eliana che a sua volta ha generato rock’n’blues da leccarsi i baffi. Sono così contento di aver sentito Love Affairs che non so bene come esprimerlo. È colpa della musica, di questa musica, che mi strapazza e mi spupazza, che m’innamora, mi accarezza, mi tocca e mi bacia, mi fa suo con la sua inesprimibile seduzione, m’incatena al piacere. Brividi che nascono senza sapere dove e percorrono anima e corpo senza possibilità di distinzione. La musica, questa musica, esprime ciò che non si può esprimere. Chi era più… chi è che ha detto… ah sì! Era Aldous Huxley: “Dopo il silenzio ciò che si avvicina di più nell'esprimere ciò che non si può esprimere è la musica”. È quello che fa Miss Eliana con la sua musica.