La cosa più affascinante di Sarajevo è appunto questa testarda urbanità che soppravvive agli inverni, ai cannoni, alle restrizioni alimentari, all'assenza di luce, acqua e gas. Non capisco davvero perché le grandi televisioni mondiali siano andate laggiù a cercare immagini di morte. Non hanno capito nulla. In guerra, la vera immagine di Sarajevo era la vita. Il suo centellinare ogni residuo comfort, il suo attaccamento testardo ai riti di un'antica vita borghese. A due passi dal rancido delle trincee, i teatri funzionavano, la gente sapeva di sapone, le donne mettevano il rossetto e facevano la messa in piega, persino i soldati tornavano dal fronte con una loro pallida, estenuata nobiltà. Nella moviola della mia mente, Sarajevo è un signore in giacca e cravatta che esce perfettamente sbarbato da un rudere che è casa sua, è il vecchio Mujo Kulenović che aggiusta il tetto della bottega, è un musulmano che in centro quasi si inchina davanti a un parroco cattolico. Sarajevo è una pentola che non ha mai toccato carne di maiale e che nelle case ortodosse e cattoliche è sempre pronta per gli ospiti di religione islamica; è Kanita Fočaka che a trecento metri dalle linee serbe apre una scuola di buone maniere; è una fila di bambini disciplinati che vanno, in mezzo alla guerra, a imparare il bon ton.(Paolo Rumiz, da "Maschere per un massacro", Editori Riuniti, Roma 1996)
Il titolo di questo post prende il nome dall'omonimo documentario di Bill Carter e dal singolo dei Passengers (U2 + Brian Eno e qualche ospite), entrambi creati nel periodo dell'assedio di Sarajevo. Ho avuto modo di passare del tempo in questa città e vorrei condividere con voi le mie emozioni, perché tante me ne hanno regalate questa città magica e la sua gente.
Il viaggio a Sarajevo è stato casuale, una di quelle strane coincidenze che nella vita semplicemente accadono, e il più delle volte ci sorprendono.
Quest'estate mi trovavo ad Avignone, era la fine del mio 'periodo avignonese', dopo otto lunghi mesi era tempo di tornare. Lavoravo con Ambra Senatore a Les Hivernales per il festival di Avignon e un giorno lei mi dice 'Ti va di venire a Sarajevo? C'è un progetto di collaborazione con Tanzelarija che si occupa di cooperazione e sviluppo internazionale attraverso la danza contemporanea e le arti performative, lavoreremo con i giovani, faremo dei laboratori' 'Certo'. Premetto che in quel periodo stavo leggendo un libro che mi stava prendendo l'anima e il cuore, un libro di Margaret Mazzantini dal titolo 'Venuto al Mondo', ambientanto a Sarajevo, appunto.
Mi sembrava incredibile, il giorno che sono arrivata in quella città era come se sapessi già tutto, l'avevo talmente amata nelle parole scritte dalla Mazzantini che quando arrivai laggiù mi sembrava di respirare un'aria familiare. E' una città che ha sofferto, che porta ancora i segni, che forse solo ora si sta rialzando, sta ritrovando la sua armonia. Una città come non se ne vedono in ogni altra parte del mondo, una miscellanea di culti, di etnie.
Qui musulmani, cristiani, ortodossi ed ebrei convivono in un unico spazio urbano. Anche se in realtà la 'perfetta convivenza' è solo una lucida copertura di vernice, poiché esistono ancora alcune tensioni tra le etnie, forse più accentuate nei territori rurali distribuiti intorno alla città.
Questo intreccio di tradizioni si riscontra anche nella struttura architettonica della città: la 'old town' infatti è caratterizzata ad ovest da edifici in stile 'austro-ungarico', un po' Vienna Bene, con in caffè e le pasticcerie, le cattedrali ortodosse e cattoliche. Proseguendo sulla strada pedonale verso est ci si trova magicamente immersi in un'altra realtà: case molto basse e minareti slanciati. Questa è sicuramente la zona più caratteristica della città: la Bascarsija, l'antico quartiere ottomano con il bazar.
Qui si trovano piccole botteghe di artigianato
locale e tipici ristorantini dove gustare gustosi piatti della tradizione bosniaca come i Burek o i Cevapi. Un'altro luogo che sprigiona un'energia particolare è il Markale qui si possono acquistare verdure e frutta di ottima qualità, ma ciò che vi segnerà l'anima saranno i visi delle persone che qui si recano per vendere i loro prodotti.
Numerosi sono i luoghi di culto che è possibile visitare tra cui l'antica moschea Gazi Husrev, collocata al centro della old town, costruita da un architetto persiano nel 1531 in stile ottomano. Si narra che sorseggiare un po' d'acqua dalla fontana all'esterno delle mura garantisca il ritorno a Sarajevo. Fiore all'occhiello di Sarajevo è sicuramente la Biblioteca, divenuta un simbolo della guerra, ora in ricostruzione. La biblioteca sorge sulle sponde della Miljacka, il fiume che scorre al centro della città, di estrema bellezza con i suoi ponti antichi.
Sarajevo è una città artisticamente molto attiva, lo dimostra la presenza di un teatro importante quale il Teatro Nazionale di Sarajevo (Obala Kulina Bana, 9) e numerose manifestazioni a sfondo artistico come il Sarajevo Film Festival (www.sff.ba).
Quando il sole tramonta la città assume un'aria ancora più magica, e se avete occasione di recarvi sulle colline resterete senza fiato osservando la città dall'alto.
Sarajevo è una città molto giovane, e, di conseguenza i divertimenti non mancano; consiglio lo Sloga Club (Mehmeda Spahe, 20) e il Coloseum Club (Terezije bb).
Piccola Guida Culinaria
In questa città ho mangiato cose che voi umani...ehm a parte gli scherzi non temete, il cibo è ottimo!
La Pita è una sorta di torta salata di pasta molto sottile e arrotolata che, a seconda del ripieno, prende nomi diversi: Sirnica con ripieno di formaggio, Zeljanica con ripieno di spinaci, Krompiruša con le patate, oppure quello tradizionale, il Burek con carne e cipolle (nonché mio preferito!). Si possono acquistare nelle numerose Pekara (panetterie), ma secondo me è meglio gustarli nelle Burekdžnica, negozietti specializzati nella produzione di burek, dove vengono serviti con yogurt e kajmak. Altro fantastico piatto: i Cevapi, e cioè sigarelli di carne di manzo o agnello serviti in una sacca di pane pita con cipolle e formaggio. Qui i nomi dei migliori posti (Cevadžnica) a Bascarsija dove poter gustare Cevapi (Čevapčići): Banja Luka Cevapi, Mrkva e Zeljo (1 e 2, che ha un'insegna azzurra con un pallone da calcio al centro). Da notare che in questi posti tradizionali non si servono bevande alcoliche, quindi non facciamo gli italiani a tutti i costi insistendo che vogliamo la birra moretti ;).
Dulcis in fundo (appunto) nella piazzetta dove sorge la fontana Sebilj troverete un negozio di dolci dove perderete il senso della realtà. Qui potrete trovare loukoum (detti anche turkish delight)di ogni sorta: alla rosa, al sesamo, alla frutta secca, ai fichi...Mh...uno più buono dell'altro! Gustateli con una buona tazza di caffè, molto simile a quello turco per aroma ed intensità.
Burek (Pita di carne)
Ho tentato di rifare questa ricetta...Ma spero di poter tornare quanto prima a Sarajevo per poterla gustare 'in loco'.
Per la pasta (pasta phyllo):
500g farina
3 cucchiai olio d'oliva extravergine
acqua tiepida
sale
Per il ripieno:
2 grosse cipolle bianche
650g carne tritata di manzo
2 tuorli
sale e pepe
Per la salsa allo yogurt:
2 vasetti di yogurt bianco naturale
erba cipollina
sale
succo di limone
Impastare gli ingredienti per formare un impasto elastico (la pasta deve essere moooolto fine), formare una palla e lasciarla riposare in un panno umido al riparo dall'aria (copertura a campana)per un'oretta. Dopodiché suddividere la pasta in palline o striscette (almeno 10) e iniziare a tirare la pasta in modo da formare delle sfoglie sottilissime.
Lasciatele riposare un po' e poi iniziate a riempirle da un lato con il ripieno, arrotolate poi la pasta su se stessa andando a formare dei salsicciotti di pasta ripiena. Quando avrete finito andate ad adagiare il biscione in forma di spirale in una pirofila tonda da forno. Irrorate con olio di semi ed infornate a 180° per mezz'oretta. Intanto preparate la salsa allo yogurt semplicemente mescolando gli ingredienti ;). Quando la superficie del Burek sarà dorata significa che questo è pronto. Servitelo con la sua salsina e con una insalata di pomodori e cetrioli. Bon appetit!