Come già per Gravity, anche a questo film è giusto dedicare maggiore attenzione dopo le giornate veneziane visto il suo arrivo nelle sale domani.
Miss Violence, che al Lido è stato giustamente premiato per la regia (leone d'argento) e per l'interprete maschile (Themis Panou), è una di quelle pellicole che nonostante il tempo passato continua a bruciare. Bruciare o colpire, perchè l'effetto che fa è quantomai vicino ad un pugno allo stomaco che difficilmente si dimentica.
Tutto parte con il suicidio di una ragazzina durante la festa del suo undicesimo compleanno. Con la disgrazia, si entra tra le mura domestiche di una famiglia atipica, di cui si fatica inizialmente a capire i rapporti. Il capofamiglia è allo stesso tempo marito, padre di due donne la cui differenza di età le rende quasi madre e figlia, e nonno di due bambini. Che qualcosa non va', lo si percepisce fin da subito: quell'atmosfera di controllo e di ansia collettiva, unita alle visite dei servizi sociali dopo il suicidio, fanno già intendere il celarsi di più segreti dietro l'aria borghese del patriarca. Dal peso del cibo fino alla gestione del lutto, tutto passa sotto il suo sguardo severo, tanto ligio in casa quanto incapace di tenersi un lavoro, e ci si chiede come faccia la famiglia a sopravvivere.
La verità ci verrà mostrata all'improvviso, in uno squarcio che ci violenta e ci lascia annichiliti, portandoci in un girone infernale che sembra non avere fine e nemmeno un happy end.
Tutte queste sensazioni, che vanno dall'oppressione allo squallore, sono enfatizzate ancora di più dall'uso praticamente continuo di scene a camera fissa, che come uno occhio voyeuristico ci immerge nelle angosciose mura di una casa da cui difficilmente si esce.
La costruzione della fotografia è quindi curata in modo maniacale, creando momenti di sublime bellezza e di tensione grazie ad un montaggio sapiente fatto ovviamente di stacchi.
La musica gioiosa di sottofondo in alcune scene, in contrasto con il clima austero mostrato, aumenta ancora di più il senso di claustrofobia che Alexandros Avranas vuole dare e che gli stessi attori, capaci di essere e di interpretare i loro doppi ruoli di vittime e carnefici (notevole, oltre al premiato con la Coppa Volpi, le due sorelle Eleni Roussinou e Sissy Toumasi), riescono a portare su schermo.
Quello che ne esce è quindi un film che scuote e continua a ribollire dentro per i temi trattati e soprattutto per la loro messa in scena. La crudezza, unita alla straniante freddezza con la quale Miss Violence ci si mostra, rendono il tutto un forte pugno allo stomaco di difficile digestione.
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