di Alexandros Avranas (Grecia, 2013)
con Themis Panou, Rena Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou
durata: 98 min.
★★☆☆☆
Premessa doverosa: abbiamo avuto modo di vedere Miss Violence alla proiezione ufficiale del film alla Mostra del Cinema di Venezia, e questa recensione è 'figlia' di quel periodo e di quel contesto. Mi spiego: per chi lo va a vedere adesso, in sala, senza condizionamenti e avendo già un'idea di cosa aspettarsi, può darsi che il giudizio personale possa anche essere più obiettivo e più ragionato del nostro. Ma per noi che eravamo al Lido questo film è stato il culmine di un'edizione festivaliera che, essendo innegabilmente e qualitativamente sottotono, ha cercato di far parlare di sè soprattutto con pellicole discutibili e sensazionalistiche come questa, molte delle quali davvero insostenibili per efferatezze e trivialità, e fin troppo facilmente spacciate per cinema d'autore.
Intendiamoci, non vogliamo dire che Miss Violence non sia un film d'autore. Ma ci permettiamo di affermare con forza che questo non è e non sarà mai garanzia di qualità. Perchè nonostante le violenze e le atrocità raccontate in Miss Violence siano indiscutibilmente ai limiti del sopportabile, il film non riesce quasi mai a far sobbalzare e indignare lo spettatore, a farlo arrabbiare, a fargli prendere coscienza di ciò che sta vedendo sullo schermo. Il cinema infatti non è solo emozione e sensazionalismo: se così fosse tutti saremmo in grado di girare un film, in fin dei conti ormai basta armarsi di un buon smartphone per riprendere immagini in movimento di buona qualità. No, il cinema è un'altra cosa: è regìa, è stile, è sceneggiatura, è capacità di dare un senso a quello che succede davanti alla cinepresa.
Ecco, tutto questo in Miss Violence non esiste. Vorrebbe essere una pellicola disturbante, ma alla fine ottiene esattamente l'effetto contrario: l'assuefazione, l'indifferenza, lo sbadiglio di chi sa benissimo che la violenza domestica purtroppo esiste eccome, ed in forme anche più estreme di quelle furbescamente mostrate da Avranas. L'orrore che si cela dietro le pareti di casa, dietro quelle mura sinistre che proteggono una famiglia apparentemente perfetta, qui viene sbattuto in faccia allo spettatore in maniera brutale ma anche banalissima. Le inquadrature sono statiche, la regìa non osa mai: si limita a riprendere con crudo realismo (ma anche con una certa ovvietà) i visi, le mani, i corpi anonimi del padre-padrone e dei congiunti che gli stanno intorno.