Missing Persons, persone scomparse. Il titolo a cui abbiamo pensato per la nuova rubrica evoca un turbine di emozioni, quasi tutte connesse con sensazioni di perdita e di mancanza. Perchè se è chiaro che gli attrici e gli attori di cui parleremo sono ancora alive and kicking, è anche vero che per le strane disfunzioni che il cinema produce qualsiasi commediante lontano dagli schermi smette di esistere nel mondo reale per entrare in una dimensione di desiderio ed ossessione alimentata dalla volontà del cinefilo di tenere in vita le immagini più belle del loro passaggio. Una tendenza, o meglio una malia che ci appartiene di diritto, e di cui abbiamo voluto documentare il grado di assuefazione proponendo al lettore una galleria di volti e di corpi dimenticati ed indimenticabili, almeno per noi. In questo senso Maxine Bahns, attrice per Edward Burns in "She's the One" è un inizio da far sgranare gli occhi e lasciare senza fiato.
nickoftime
MAXINE BAHNS
"The world is a wild baby", si dice ma al punto, a volte, che sembra quasi lasciarsi andare. Per dire: il 1995 e' stato un anno niente male. Oltreché per il fatto, ovvio, che eravamo tutti più giovani, più forti e più svegli, anche per un altro, meno banale, grazie al quale e' saltata fuori dal ventre magico del grande schermo Maxine Bahns. Quando infatti e' sortita nei panni casual/sportivi millimetricamente trasandati di Audry ne "I fratelli McMullen" di E. Burns (era pure un periodo, quello, di buoni inizi con pochi soldi e un certo numero di idee: "Clerks" di K. Smith, ad esempio - stesse ristrettezze produttive, stesso occhio poco incline alla complicità sulla giovinezza, sebbene li' aperto alla schermaglia sentimentale, qui quasi totalmente dissacratorio - e' dell'anno prima), alcuni di noi hanno abbassato le braccia, cominciato a gustare il sapore raro della Grecia-che-torna-sulla-terra stavolta per restarci e innalzato qualcos'altro (la fiducia nel genere umano, in specie quello con la lettera "F" sui documenti: che avevate capito ?).
Classico esempio di "american girl" nel senso più cosmopolita del termine, ovvero come incrocio (fortunato) di corredi genetici - genitori portatori sani di caratteri ereditati qua e la' per il mondo - Maxine sembrava essere partita col piede giusto, azzardando già l'anno successivo, il '96, un altro passo, sempre con Burns (occhio lungo l'irlandese: ai tempi con lei ci aveva stretto una relazione), ancora in un ruolo di fidanzata "difficile da gestire" - un misto interessante d'indipendenza di giudizio e capacita' di comprensione - in "She's the one"/Il senso dell'amore". Poi... ... quasi più nulla. O, almeno, poco, di ciò che mise insieme - e giunse dalle nostre parti - in un lungo interludio durante il quale si esercito' più come modella che come attrice: un episodio di CSI NY; alcune apparizioni "al passato" in "The mentalist"; certi horror di medio-basso cabotaggio; qualche film d'azione di simil tenore.
Nata nel febbraio del '71 - e a 'sto punto viene da crederci che quell'anno gli astri di Hollywood girarono a verso: Ryder, Connelly, Richards, la britannica Weisz, univano concordi il loro vagito a quello di miss Maxine Lee Bahns, detta Max (e chissà se qualcuno si accorse che il casino neonatale era più armonico del solito) - fisico asciutto ma tornito (m 1,75 per kg 54, nel triathlon da tempo), occhi scuri, capelli castani in genere fluenti, piglio gentile ma come avvertito, quindi in non comune equilibrio tra vulnerabilità e fermezza (siamo dalle parti del "fascino intercostale", quindi), la ragazza del Vermont latita da tanto, troppo. Lo dice pure Donald Fagen che non e' Littre' ma sbaglia poco: "While the world is sleeping/We meet al Lincoln Mall/Talk about life, the meaning of it all/Try to make sense of the suburban sprawl/Try to hang on, Maxine".
TFK
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