Mission, il giorno dopo il confronto è ancora acceso tra i sostenitori e i detrattori (La Repubblica)

Creato il 05 dicembre 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
L'effetto tellurgico nel mondo della Cooperazione di "Mission" - il programma in prima serata ambientato nei campi profughi in Giordania, Mali, Congo ed Ecuador, protagonisti personaggi dello spettacolo e giornalisti - ha avuto la sua prova concreta stamattina, durante il dibattito su Repubblica Tv fra Nino Sergi (presidente di INTERSOS) ed Eugenio Melandri, direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" del Cipsi, condotto da Laura Pertici.
Il confronto, che nei suoi toni accesi è rimasto comunque in un ambito d'estrema correttezza, ha messo di fronte due modi diversi di concepire la comunicazione degli aiuti umanitari. Sergi, a capo dell'organizzazione che - assieme all'UNHCR - ha contribuito a realizzare il programma, ha ribadito il suo punto di vista sottolineando come "Mission" sia stata una sfida per parlare di temi difficili e pressoché sconosciuti ad un pubblico diverso e più ampio, attraverso nuovi linguaggi comunicativi, ma che nulla hanno tolto alla serietà dell'approccio. Sergi ha poi ricordato anche come tutto sia migliorabile e come questa prima "sfida" apra nuove prospettive per affrontare anche altri temi che coinvolgono la Cooperazione internazionale. C'è da aggiungere che un sondaggio della Doxa ha già sancito come il 76% degli intervistati ha accettato che un programma del genere fosse in prima serata.
Eugenio Melandri ha invece eccepito in generale sull'efficacia di un messaggio costruito in Tv in questo modo, entrando anche nel merito della trasmissione, così come è stata presentata ieri sera. "Se la parte in studio non ci fosse stata sarebbe stato già meglio", ha detto. Ma soprattutto il direttore di "Solidarietà Internazionale" ha insistito su due concetti: prima di tutto che "quei poveracci" che vivono nei campi profughi hanno finito per restare sullo sfondo del programma, mentre ci si è concentrati prima di tutto sulle emozioni e le reazioni dei cosiddetti "Vip". In secondo luogo, Melandri ha rilevato un altro punto che è un po' il vero tallone d'Achille dell'operazione e cioè che "Mission" non spiega cosa è davvero successo in Mali, o in Siria, tanto da imporre a milioni di persone di scappare, per poi finire in quei campi per rifugiati. E non funziona, sempre secondo Melandri, la scusa secondo la quale certi argomenti non si possono affrontare in prima serata, perché la gente si annoia: "Questo è l'alibi di chi vuole evitare che si capisca proprio tutto quello che c'è da capire in contesti come quelli".
L'altro protagonista di questa esperienza è sicuramente Giancarlo Leone. Il direttore di Raiuno, dopo aver ricordato l'ottimo risultato ottenuto nella raccolta dei fondi, ha risposto alle obiezioni sullo scarso approfondimento dedicato, in studio e sul campo, rispetto alle ragioni storiche e geopolitiche all'origine del dramma dei rifugiati. "E' questo un primo importante esperimento - ha detto - la necessità di fare meglio nel corso di prossime operazioni simili l'abbiamo sicuramente avvertita".
"Io penso - ha detto il ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge - che bisogna sempre rispettare lo stato giuridico di una persona. Stiamo parlando di profughi e voi sapete chi è un profugo. Prima di tutto il rispetto della persona. Le campagne di conoscenza possono e devono essere fatte - ha aggiunto il ministro - ma devono tener conto delle persone. Non do giudizi sulla trasmissione, qualunque strumento di comunicazione va bene per far conoscere la realtà, ma sempre nei limiti del rispetto della persona".

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