Mission: Impossible - Rogue Nation
di Christopher McQuarrie
con Tom Cruise, Jeremy Renner, Simon Pegg, Rebecca Ferguson
Usa, 2015
genere, azione
durata, 130'
È cosa
nota che un prodotto vincente non necessiti di ulteriori cambiamenti. A
provarlo non è solamente la ricorrenza del vecchio adagio quanto
piuttosto l'esperienza sul campo che il cinema e in particolare le
grandi Majors
hollywoodiane hanno messo a frutto attraverso produzioni ad alto tasso
di serializzazione. In questo ambito è però necessario, almeno a livello
di analisi, fare dei distinguo che solo apparentemente rientrano
nell'esercizio di retorica a cui talvolta è costretto il recensore nel
tentativo di supplire all'inconsistenza della materia prima che è
chiamato a giudicare. Il quinto capitolo delle avventure dell'agente
Ethan Hunt e dei suoi temerari compagni calza a pennello con la
tipologia di prodotto a cui abbiamo appena accennato, essendo non solo
un blockbuster di primo livello per marketing e investimenti finanziari ma anche per il fatto di presentare caratteristiche di omologazione rispetto al calco originale ("Mission: Impossible" di Brian De Palma)
che rendono gli episodi della saga pressoché identici. Per questo
motivo crediamo che nel parlare di "Mission: Impossible - Rogue Nation"
risulti poco interessante soffermarsi sugli elementi costitutivi di una
vicenda come al solito costruita tutta in salita, con i nostri eroi
costretti a dimostrare la propria lealtà, operando in un territorio ai
limiti della legalità, e rischiando la vita per salvarla a chi per primo
ne mette in dubbio la loro credibilità.
Meglio piuttosto registrare la
varianti che, pur sottili, esistono anche nel film diretto da
Christopher McQuarrie, new entry piazzata in cabina di comando per continuare a gestire il restyling operato nel capitolo precedente,
il più significativo nell'economia generale della saga, soprattutto per
quanto riguarda la centralità del personaggio principale, costretta a
fare posto al protagonismo degli altri membri della squadra e, diciamo
noi, alla bravura degli attori - Jeremy Renner e Simon Pegg - chiamati a
interpretarli; e, sempre in termini di novità, per la qualità
drammaturgica della storia, che la regia di Brad Bird ( "Gli
incredibili" ma anche "Il gigante di ferro") aveva vivacizzato con
inserti improntati a un tipo di humour che faceva il verso a quello sperimentato dallo stesso regista nei lungometraggi realizzati per conto della Pixar. In questo senso, "Rogue Nation" segna
a nostro avviso il ritorno in grande stile dell'agente segreto
interpretato da Tom Cruise e quindi, dell'attore stesso, presente in
grande spolvero soprattutto sotto il profilo della forma fisica (aspetto
da non sottovalutare se ricordiamo che molte delle critiche rispetto a
una possibile stanchezza del personaggio erano collegate anche
all'appannamento fisico dell'attore registrato in "Mission Impossible III").
Con la complicità del fido McQuarrie, già regista di quel "Jack Reacher"
che aveva contribuito a rimetterlo in pista dal punto di vista
commerciale, Cruise si esibisce dal primo all'ultimo minuto in una serie
di acrobazie fisiche che tolgono ogni dubbio sull'eventuale
incompatibilità anagrafica dell'attore rispetto al ruolo da lui
interpretato.
Una restaurazione che da una parte restringe il raggio
d'azione degli altri attori, relegati al ruolo di comprimari, e che
dall'altra mette al bando quelle propaggini di ilarità introdotte dal
personaggio di Simon Pegg, qui, e non a caso, autore di
un'interpretazione ai limiti della seriosità. Ma non solo, perché
"Mission impossibile - Rogue Nation", a differenza dei film che lo hanno
preceduto, sembra guardare alle origini della saga e, nello specifico,
alla forma cinematografica del prototipo realizzato da Brian De Palma,
ripreso sia nella scelta dall'ambientazione mitteleuropea (con Vienna al
posto di Praga) e più in generale di quella matrice europea che aveva
influenzato - anche nell'uso ragionato degli effetti speciali - la
produzione del film del 1996, come pure nella similitudine della scena
dell'infrazione alla banca dati del nemico, simile per tempistica
(ambedue piazzate a metà del racconto) e modalità a quella in cui Tom
Cruise, calato all'interno del caveau
si ritrovava ad operare in uno stato di sospensione gravitazionale.
Arrivando a citare il regista di "Carrie" (qui il riferimento è fornito
dalla lunga sequenza dell'omicidio di "Snake Eyes") nell'inserto
organizzato all'interno del teatro dell'opera della capitale austriaca e
nel dietro le quinte di una rappresentazione operistica che, grazie
all'enfasi del commento canoro, diventa co-protagonista di una "caccia
al ladro", in cui, a farla da padrone, è il voyeurismo della mdp che attraverso il punto di vista dei personaggi ci presenta diverse facce della medesima realtà. Per il resto "Rogue Nation" è routine di
lusso, determinata a confermare il proprio marchio di fabbrica anche a
costo di risultare scontato e ripetitivo. Che tutto ciò basti a
realizzare il necessario "plusvalore" è tutto da dimostrare; sta di
fatto che paradossalmente è proprio l'incertezza del responso
finanziario a fornire un minimo di imprevedibilità rispetto alla
calcolata scientificità del divertimento che il film di McQuarrie ci
regala.
(pubblicata su ondacinema.it)