Vasilij Grigor'evič Perov(1833–1882)
Anche in quel tempo era primavera. Primavera acerba ma già in fiore, con siepi, giardini ed orti, a far corona alla Festa di Pasqua ormai vicina. Dell’enigma di quella notte, nell’oscurità dell’orto, nulla colsero gli ulivi. Il lamento e l’angoscia dell’abbandonato, e il borbottar di uomini nel sonno, e il calpestio nervoso di gente concitata, non disturbarono il riposo dei fiori. Ma quando, a mezzo giorno, il sole precipitò all’improvviso e buio orrendo avvolse l’universo e il tepore meridiano cedette al gelo, allora ogni albero e arbusto e foglia e fiore e gemma sentì su di sé la stretta della morte. Ma non seppero mai che cos’era successo. E neppure seppero perché, il terzo giorno, improvviso calore impregnò la terra... né quale vita nuova recava con sé quella sfolgorante aurora. Ma, a chi è dato, sa, di riflesso e a mezza luce, e balbettando confessa, che la morte non è più l’opposto della vita. Da quando nel suo vuoto grembo, un seme altro fu deposto, nella morte ormai germina la vita.