Le dichiarazioni “rubate” a Mit Romney hanno fatto scandalo in Usa: il 43% degli americani sono disgraziati troppo poveri per pagare le tasse e che per di più pretendono l’assistenza sanitaria e persino di poter mangiare. Tutta gente che vive alle spalle dello stato e al quale il candidato Romney non presta attenzione e di cui non si occuperà semmai dovesse arrivare alla Casa Bianca. Web, tv, giornali si sono scatenati, ma se si può parlare di scandalo è solo perché non c’è nulla di più scandaloso della verità: ciò che Romney ha sostenuto durante una cena a casa di un miliardario, non è altro che l’espressione cinica e rozza di ciò che il pensiero unico propone e raccomanda.
Infatti quale altro significato può avere la dottrina economica neoliberista che vede nello stato e nel welfare il male supremo? Quale altro senso si può dare a teorie che predicano la competitività sulla base dell’impoverimento e dello scasso dei diritti? Tutte cose che fanno scandalo se le dice Romney durante una delle sue notti brave elettorali, ma che invece vengono accolte come inappuntabili perle di saggezza se le dicono la Bce o l’Fmi ed entusiasticamente accolte come vangelo europeista se arrivano da Bruxelles. Ma sono la stessa identica cosa. E corrispondono pienamente a quelle frasi che la Fornero non ha alcun imbarazzo a dire, tipo “il lavoro non è un diritto ma una conquista” o ”se istituissimo un salario di disoccupazione gli italiani se ne starebbero a mangiare pasta col pomodoro”. E s’incastrano come la tessera di un puzzle dentro i provvedimenti governativi sempre a favore delle banche, del capitale e dei ricchi o nelle operazioni di Marchionne o ancora dentro la vacuità progettuale della politica che chiacchiera fino allo spasimo senza dire nulla.
Se ci si scandalizza di Romney, non vedo perché non ci si debba scandalizzare di una cosiddetta austerity che colpisce immancabilmente quel 43% di italiani o forse anche di più, viste le differenze con la società americana, che si vede man mano strappare i diritti, i servizi, le pensioni e la dignità. Tanto più che da noi si fa un abbondante uso dell’inglese per nascondere la semantica della verità. Ma certo è comodo scandalizzarsi per il candidato repubblicano non accorgendosi o facendo finta di non accorgersi che la radice delle sue parole e di quelle che ascoltiamo tutti i giorni è la stessa. Da noi non c’è bisogno di rubare alcuna dichiarazione: parlano i fatti, ammesso che li si sappia ancora vedere.