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Guillermo Del Toro aveva spezzato le ginocchia di tutto il fandom sbrodolante quando, qualche tempo fa, aveva annunciato di aver messo una pietra sopra sul progetto Le montagne della follia anche a causa del finale che aveva in mente, a suo dire identico a quello dell’inguardabile Prometheus che usciva proprio in quel periodo. Poco male, non ricordo se i rumor su Pacific Rim stessero già dilagando mostruosamente o se si trattasse ancora soltanto dell’“impossibile progetto sui mega robot vs giant aliens che quel ciccio matto di Del Toro ha in cantiere”, comunque c’era pur sempre questo film assurdo e incredibile che un giorno sarebbe uscito, e tanto bastava per zittire tutti quanti, perché un regista, con un tocco e una simile sensibilità così personali verso il fantastico, in grado di convincere una major a finanziargli una cosa del genere merita, come se non glielo si fosse comunque già dato in ginocchio e con il cuore in mano, tutto il respect possibile. Quindi farebbe un po’ ridere sapere in cosa consista il finale di Pacific Rim, o meglio, a quale altro film sia smaccatamente uguale, concettualmente, visivamente e artisticamente, nella scelta delle inquadrature e di certi primi piani, cosa che, boh, mi fa pensare che Del Toro, tra horror di merda di cui curare la sceneggiatura, libri da scrivere, serie tv da imbastire, cose sui nani buffi con i ciuffi sui piedi con cui farsi accreditare e mille altre cose da annunciare per poi dire “nun c’abbiamo i sordi”, de Le montagne della follia, o in generale di lavorare a cose belle, gli interessasse ormai poco o nulla. A ogni modo, tutta questa faccenda potrebbe comunque essere il male minore se almeno, almeno Pacific Rim fosse un bel film, ma, bum!, nonostante i MECHA e gli ALIENI GIGANTI, Pacific Rim è una merda, e devo prenderne amaramente prenderne atto.
È cosa risaputa il motore che ha portato alla realizzazione di questa porcata, quel fattore antologico/adolescenziale con cui Del Toro ha voluto subito etichettare, più che spingere, il suo lavoro, ma ci sarebbero un bel po’ di questioni da affrontare su come e cosa significhi “omaggio”, perché se ogni elemento riconduce ovviamente ai tokusatsu (kaiju da una parte e vecchi anime robotici dall’altra), a quei prodotti che facevano dello schema ripetitivo (il mega mostro che distrugge il Giappone per i primi, il monster of the week che i robottoni dovevano sconfiggere nei secondi) la loro arma con cui conquistare il pubblico, è davvero difficile, difficile trovare qualche elemento che realmente faccia sua quella vecchia cultura dell’intrattenimento giapponese e la reinterpreti (tra l’altro da un messicano che fa film negli Stati Uniti) nei giorni nostri. Okay, ci sono i robot e ci sono i mostri che si picchiano, ma non basta, non è sufficiente per giustificare e dare struttura a un film, o meglio, sarebbe abbastanza se Pacific Rim fosse solo questo, fosse solo Jaeger contro Kaiju per novanta minuti canonici in cui vedere esclusivamente BOTTE, e allora sarei stato il primo a dire evviva, a dire ancora, a dire di più, ma Pacific Rim purtroppo non è solo questo e assurdamente, dietro una maschera di falsa e furbissima modestia geek, è ben altro, ovvero un semplice, stupido, inutile blockbuster come tanti altri.
Del Toro non è mai stato un grande scrittore, tutti i suoi film si poggiano su trame spesso classiche ma che emergono e si fortificano con una gestione complessiva di grande spessore e con un talento visivo che raramente si è visto espresso con tale potenza, tanto nelle opere più drammatiche come El espinazo del diablo e Pan’s Labyrinth quanto nei film più cazzari come i due Hellboy, ed è quindi piuttosto sorprendente che proprio in quell’unico film per il quale una sceneggiatura doveva essere quanto bastasse accessoria, sia proprio la narrazione, e di conseguenza l’impostazione generale, a far crollare miseramente tutto quanto. E non sto parlando dei vari crateri di sceneggiatura (i robot pensionati per far posto a una mega-diga che viene però distrutta al primo assalto, la tecnica per passare nell’altra dimensione che però funziona solo da un lato, la totale mancanza di qualsiasi elemento governativo/politico dopo averlo comunque introdotto), ma proprio di una mancanza, o peggio, di un’aderenza agli standard del cinema di genere degli ultimi anni, senza alcun tipo di lavoro che dia un minimo di valore all’opera.
E non è una questione di spessore, o di profondità narrativa, di una ricerca di drammi interiori e approfondimenti psicofilosofici come spesso ha fatto, con risultati altalenanti, l’animazione nipponica – io volevo un cazzo di film tamarro, ignorante, grezzo, epico, con soldati cazzuti che pilotano robot ancora più cazzuti sparando battute cazzute mentre spaccano il culo ai mostri, non volevo invece un film piatto, inconcludente, senza alcun mordente, con soldati eroici, generali con il GRANDE DRAMMA sulle spalle, hot chick con le paranoie ma che poi tirano fuori le palle e la nemesi stronza con cui poi fare pace. Vanno bene i cliché ripensati e riscritti con cognizione di causa, consci di quello che sono, come vanno sempre bene, in qualsiasi occasione, le storie semplici e banalotte se sceneggiate sapendo di raccontare storie semplici e banalotte, ma non è francamente accettabile di vedere ancora, ancora e ancora sempre gli stessi, identici, inutili personaggi di un qualsiasi film di genere uscito negli ultimi quindici anni, personaggi talmente bidimensionali e incolori da non possedere alcun carisma, da non coinvolgere per un solo istante, così insulsi da rovinare intrinsecamente la pellicola, perché, davvero, io non ce la faccio a gustarmi tutte quelle bellissime mazzate robotiche, quegli estenuanti, favolosi, mastodontici sogni bagnati tra robot crucchi e giganteschi marziani, quelle impressionanti, straordinarie battaglie da mezz’ora tra colossi se i protagonisti fanno così schifo nella loro retorica americana e nella loro gestione sentimentale.
Voglio dire, Del Toro ha diretto Blade II, un film di una tamarraggine e di un’ignoranza infinita che, a conti fatti, è uno dei migliori action horror di sempre, com’è possibile che Pacific Rim sia opera dello stesso autore?
Allora torniamo a parlare di omaggio, ma mi è francamente difficile capire che cosa intenda Del Toro se non c’è nulla dell’ingenuità tipica dei tokusatsu di quegli anni, di quell’eroismo credulone ma schietto e sincero, di quel semplice senso apocalittico, se i personaggi non rispecchiano in alcun modo, neanche lontanamente, gli eroi e gli antieroi di quei prodotti, se è tutto solo ed esclusivamente una necessità narrativa, o forse una pigrizia o, temo, un inevitabile assorbimento a meccaniche d’intrattenimento a cui lui e pochi altri ancora resistevano, per creare un prodotto in tutto e per tutto occidentale che a tratti addirittura scimmiotta o pare ridicolizzare, in questo modo, la materia di partenza, in modo da servire al pubblico yankee quel solo, unico, fotocopiatissimo prodotto che sa apprezzare.
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