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Modelli di Famiglia

Creato il 27 settembre 2013 da Larivistaculturale @MePignatelli


Modelli di Famiglia, psicologia, società.

Per l’Economist, nel futuro, le uniche fiere famiglie tradizionali saranno quelle dei politici che usano mogli e figli per guadagnarsi consensi. Ma oltre il modello dell’ipocrisia, ci sono molte dinamiche che reggono le famiglie nucleari. E sempre di più esistono modelli anche per le famiglie post-nucleari, nate dalle unioni tra persone che si vogliono bene e che “sfidano” le convenzioni sociali, portando avanti (magari sulla propria pelle) il coraggio di scegliere.

“Un segnale evidente dei cambiamenti dei modelli di famiglia è presente anche nel linguaggio”, spiega la psicologa Simonetta Castrica, “il termine famiglia è sempre più frequentemente accompagnato da un aggettivo che ne qualifica le caratteristiche strutturali: la famiglia nucleare, la famiglia monogenitoriale, la famiglia omosessuale, la famiglia di fatto, la famiglia ricostituita”.

“I profondi cambiamenti della famiglia e dell’istituzione matrimoniale”, prosegue la dottoressa Castrica, “sono documentati da una serie di dati demografici: calo e ritardo dei matrimoni; aumento delle convivenze; aumento delle separazioni e dei divorzi; aumento delle famiglie con un solo genitore; aumento delle famiglie ricostituite; aumento delle famiglie unipersonali; calo complessivo delle nascite; aumento delle nascite fuori dal matrimonio”.

In uno studio del panorama famigliare italiano, nel 2001 Nardone, Giannotti e Rocchi hanno identificato 6 modelli di famiglia che spiegano le dinamiche prevalenti nelle famiglie “tradizionali”. Premettendo che, come diceva Jung “il tipo puro non esiste”, il dott. Flavio Cannistrà ha efficacemente riassunto il lavoro presentato in “Modelli di Famiglia”, che ripubblico qui sotto:

Il modello autoritario, più tipico delle vecchie generazioni pre-sessantottine. In queste famiglie un genitore o entrambi, detentori di regole incontestabili, tenta di esercitare il potere sui figli, che hanno poca voce in capitolo e devono accettarne dogmi e autorità: vengono scoraggiati dal seguire mode e divertimenti del momento, e incoraggiati allo studio e al lavoro. L’atmosfera familiare può farsi tesa, tanto che dolori e malesseri fisici sono scappatoie psicosomatiche alla tensione. Non sono famiglie che parlano molto e lo fanno quasi solo nelle occasioni ufficiali (pranzo, cena, visite dei parenti): d’altronde si deve solo ubbidire senza discutere, uniformandosi alla scala di valori proposta e subendo punizioni per gli errori. In questo clima, i figli possono diventare o degli automi, seguendo dettami e imposizioni normative dei genitori (o del genitore dominante), o dei ribelli senza causa, contestatari del potere genitoriale che arrivano a scontri anche violenti, con spaccature familiari a volte insanabili.

Un po’ più comune è il modello delegante, dove i genitori appunto delegano ad altri (i nonni) il loro ruolo di guida. Sono coppie che non si separano mai del tutto da una delle due famiglie di origine, inserendosi in modo invischiato. Il matrimonio non diventa così l’occasione di svincolo dai genitori, che anzi hanno dei figli in più, i nipoti, spesso lasciati alla loro educazione; e se da un lato questo porta a evidenti benefici per la coppia, dall’altro quando essa cerca di imporre le proprie regole si scontra con più problemi: i nonni avranno un sistema di valori diverso e contraddiranno e svaluteranno quello dei figli; i nipoti, d’altro canto, non avranno un punto stabile di riferimento, e capiranno che per ogni bisogno da soddisfare occorre scegliere il più adatto tra i “quattro genitori”. I nipoti rischiano così di non avere genitori, di non avere occasioni di scambio e confronto: mancherà loro una guida precisa, che stabilisca regole univoche senza inficiare quelle degli altri.

Abbastanza utilizzato anche il modello intermittente, in cui i membri oscillano da un modello all’altro, facendo dell’ambivalenza una costante, mettendo il dubbio prima di tutto, lanciando continui messaggi contraddittori. In questa famiglia le posizioni cambiano velocemente e qualunque soluzione risulta inefficace perché non mantenuta: non c’è coerenza né costanza. In una società in rapida evoluzione una famiglia simile è piuttosto comune, anche in virtù di modelli educativi discontinui e disparati forniti dalla società. I figli a volte sono ubbidienti e collaborativi, altre ribelli e oppositivi, a volte capaci e responsabili, altre irresponsabili; incapaci di mantenere una posizione determinata diventano insicuri, come i genitori, che sottopongono ogni azione all’autocritica appena c’è il sospetto che non sia efficace, senza verificarla, scendendo subito a compromessi, senza regole fisse. Niente è valido, niente è rassicurante, tutto va rivisto: l’unica costante è il cambiamento, l’unica certezza è l’incertezza.

“Questi modelli , spiega il dott. Cannistrà, “rappresentano un irrigidimento di dinamiche e comunicazioni in sé funzionali. L’autorità e le regole sono necessarie in una famiglia, soprattutto coi bambini piccoli, che necessitano di punti fermi e decisi. Allo stesso modo, una delega dosata ha il vantaggio di mettere i figli piccoli in contatto con altre generazioni e aiuta la coppia nel compito di crescita e nel prendersi i propri spazi. Infine, una ponderata flessibilità (non l’intermittenza) è preferibile a un’imprescindibile rigidità, perché insegna i valori della negoziazione e del venire incontro alle esigenze degli altri. Tutte queste caratteristiche, però, se esacerbate e portate all’estremo possono allora evolversi in rigidi stili di comunicazione e funzionamento”.

Tra gli altri modelli, troviamo il modello sacrificante. Come dice la parola stessa, in questo tipo di famiglia il sacrificio è un vero valore, i propri bisogni e desideri sono ripetutamente calpestati e messi da parte, considerandolo il comportamento più adatto per farsi accettare e mantenere relazioni stabili. La coppia assume un’apparente posizione di estremo altruismo verso i figli, che ben presto imparano che tutto gli è dovuto; altre volte questo avviene anche (o solo) dentro la coppia stessa, dove un partner si sacrifica incessantemente per l’altro. Ma è un dare senza richiesta, che scontenta il donatore e trasforma il ricevente in un egoista insano. Specialmente i figli assumeranno che nella vita devono avere tutto e che possono prenderselo senza troppi problemi. Solitamente queste sono le basi per crescere un delinquente, mentre in altri casi il figlio diventa a sua volta sacrificante, imparando che la vita è sacrificio della propria felicità per quella altrui, unica via per essere accettati; altre volte, infine, il figlio diviene un incapace, non avendo mai imparato a guadagnarsi qualcosa. L’insano altruista, d’altro canto, non vedrà mai soddisfatta la sua credenza secondo cui “sacrificio = riconoscimento”, tendendo a sacrificarsi di più per ricevere ancora più delusioni.

Un posto importante lo occupa il modello democratico-permissivo, basato sull’assenza di gerarchie. Spesso si parte da premesse ideologiche secondo cui in famiglia tutti hanno pari diritti e che le decisioni vanno prese tutti insieme democraticamente: nulla va imposto, il consenso si ottiene col dialogo e le regole vanno sempre concordate, evitando i conflitti e cercando l’armonia. In realtà in queste discussioni finisce per soccombere chi ha meno capacità argomentative; inoltre, questo apparente esempio di democrazia dà ai figli un potere decisionale e una responsabilità che devono ancora costruire, comprendere e far propri. I genitori cercano di diventarne i confidenti, i compagni, gli amici, dimenticando che il loro ruolo è unico e prezioso, perché aiuta i figli a raggiungere una maturità sana e costruttiva a costo di alcuni necessari “No”. L’idea di “Una mamma per amica” è tanto affascinante quanto irrealistica, e solo in un film possiamo aspettarci che di fronte a questo eccesso dilagante di democrazia e permissionismo il figlio non diventi un irresponsabile.

Arriviamo, infine, al modello più diffuso nelle famiglie italiane del XXI secolo: il modello iperprotettivo. Che la famiglia sia un valore per gli italiani è noto: puntiamo molto su essa, e puntiamo molto sui figli, investiamo sul loro futuro, tanto che vorremmo fosse roseo, felice, senza ostacoli. Così, ecco che un normale e sano processo di protezione finisce per eccedere in una pericolosa iperbole: qualunque ostacolo dev’essere tolto di mezzo, per far crescere i figli sereni, senza pensieri, problemi od ombre scure come povertà, malattia, dolore, difficoltà. Si cerca così di fare tutto purché il figlio sia felice, gli si mettono delle stampelle preventive per evitare qualunque caduta, si forniscono tutte le risorse richieste (soldi, macchina, ma anche presenza e aiuto a tutte le ore e per qualunque occasione). Il figlio, dal canto suo, potrà accettare la situazione o provare a ribellarsi con scarso successo, venendo rimproverato dai musi lunghi dei genitori che, dopotutto, vogliono solo il suo bene. “Di troppo amore non è morto mai nessuno” è la scritta che troveremmo sui tappetini d’ingresso di queste famiglie. La realtà, però, è che il figlio impara che nella vita non ci sono problemi, non ci sono difficoltà, non si va mai incontro a conseguenze temibili; e se anche fosse c’è sempre qualcuno che può risolvere la situazione. Quando poi il problema arriva lo coglie impreparato, indifeso, inerme e il figlio iperprotetto si trova d’improvviso privo di risorse: qualcuno ha sempre fatto per lui o gli ha sempre detto come fare, come dovrebbe sbrigarsela ora? Il figlio diventa un disabile, ma al contrario di un vero disabile lui non si è mai confrontato con le proprie difficoltà perché venivano man mano spazzate via. Non gli è stato mai permesso di provare a spiccare il volo da solo, di cavarsela con le sue forze, di affrontare la vita; e nel momento in cui, alla fine, si scontrerà con grandi o piccole difficoltà, si spezzerà e il desiderio dei genitori di vedere un figlio maturo e realizzato non si avvererà mai.

“Anche in questo caso”, spiega ancora il dott. Cannistrà, “ci troviamo di fronte a dei modelli di famiglia disfunzionali. Quelle descritte sono caratteristiche che estremizzate portano a pericolosi eccessi, ma che se moderate si rivelano utili. A volte situazioni di reale disagio rendono necessario sacrificarsi e anteporre i propri bisogni a quelli dell’altro, ascoltandone le necessità e aiutandolo altruisticamente. Allo stesso modo, comunicare che una negoziazione è possibile evita la frustrazione e insegna le basi di una vera democrazia e i modi per assumersi piccole responsabilità rapportate alle proprie risorse. Infine, la protezione è fondamenta dei rapporti più intimi, perché manda all’altro il messaggio “Ti voglio bene”; assieme ad essa deve accompagnarsi però la spinta all’autonomia, ricordandosi che commettere un errore in prima persona oggi, ci insegna un modo in meno per sbagliare domani”.

Il panorama della famiglia, nella pur tradizionale Italia, è dunque vario e complesso. Gli assoluti, le situazioni “pure” come ricordava Jung, funzionano in astratto, idealmente, o nella pubblicità.

Melissa Pignatelli

 Fonti: 

Nardone, G., Giannotti, E., Rocchi, R. (2001). Modelli di famiglia, Milano, Ponte alle Grazie.

Dott. Flavio Cannistrà

“Che Famiglia Sei?” in lostudiodellopsicologo.it di Flavio Cannistrà: Articolo del 24 Febbraio 2011 e articolo del 2 Marzo 2011

dott. Simonetta Castrica

Pagina “Le Famiglie Ricostituite” in psiconauti.it di Simonetta Castrica

Fotografia nell’articolo dell’Economist “The Post-Nuclear Age” del 16 Marzo 2013


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