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Il primo ministro Narendra Modi, attorniato da una schiera di potenti industriali e suoi sponsor elettorali, tra cui Mukesh Ambani e Tata (rappresentato da Cyrus Mistry), ha illustrato oggi la sua idea di India nei prossimi anni in cui sara’ al potere. (qui il video integrale)
Piu’ fabbriche per creare lavoro, piu’ strade e “corridoi” industriali per trasportare le merci e meno burocrazia per attirare gli investitori stranieri che negli ultimi anni sono scappati a gambe levate.
Il nuovo mantra e’ "Make in India", che lui stesso ha lanciato il 15 agosto quando con indosso un turbante del Gujarat ha parlato dal Forte Rosso per il giorno dell’Indipendenza. "Make in India" e’ la campagna del governo che si concentra su 25 settori dove le porte saranno spalancate per tutti gli imprenditori.
Mentre in passato, le imprese avevano enormi difficolta’, si pensi ai permessi ambientali che hanno rallentato mega progetti, come quello dell’acciaieria Posco in Orissa, adesso Modi promette di stendere un tappeto rosso.
L’India polo mondiale manufatturiero come la Cina . Il logo della campagna e’ un leone, il simbolo preferito di Modi, che arriva dal Gujarat, guarda caso dove sorge la riserva di Gir, l’unico posto dove ci sono i leoni asiatici.
Il video promozionale mostra ingranagggi, ciminiere, treni che sfrecciano e razzi che vanno nello spazio, come Mangalayaan, che e’ arrivata come una ciliegina sulla torta. Cosa ci voleva di piu’ per ripristinare la fiducia nelle proprie capacita’?
Gia’ mi immagino colate di cemento e paurosi scempi ambientali. Nessuno al Vigyan Bhawan, dove si e’ tenuto il convegno, ha pronunciato nemmeno per un attimo il problema gigantesco del trattamento delle acque, la tutela delle coste e del mare, la preservazione di ecosistemi. Senza citare l’inquinamento atmosferico delle metropoli, i pesticidi e i fiumi fogna tipo la Yamuna.
L’obiettivo della campagna Make in India e’ di far crescere il settore manufatturiero dal 16% al 25% del Pil. Possibile, ma sostenibile? Un accelerazione del genere, in un Paese cosi’ grande, avrebbe un costo enorme in termini ambientali.
In Occidente questo disastro lo abbiamo gia’ sperimentato e ne stiamo pagando ora il prezzo sul clima del pianeta.
Questi sono i pensieri che mi frullavano per la testa quando sono uscita dal Vigyan Bhawan. Poi, mentre tornavo al parcheggio, ho visto una grossa scimmia che indisturbata passeggiava tra la folla. Ho sorriso e tra me e me ho pensato che niente paura... sono ancora in India.
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